Un supertestimone, il sequestro Orlandi e un gruppo di potere occulto negli anni della Guerra Fredda in Vaticano.
“Resti fuori, non suoni al citofono. Componga il mio numero di cellulare e lo lasci squillare quattro volte. Qualcuno verrà ad aprirle.”
Inizia come una spy-story il racconto di Fabrizio Peronaci su uno dei più famosi cold case italiani: la scomparsa di Emanuela Orlandi, nel giugno del 1983, preceduta di un mese da quella di Mirella Gregori. Grazie alla pubblicazione del memoriale di Marco Fassoni Accetti, secretato dalla Procura di Roma (corredato da un memoriale-bis consegnato esclusivamente a Peronaci da Accetti nel maggio 2014), il libro apporta numerosi elementi di conoscenza sui fatti avvenuti all’ombra del Vaticano nei primi anni Ottanta, nel pieno della Guerra Fredda.
Le novità riguardano la natura delle due fazioni contrapposte in Vaticano, una delle quali è per l’appunto “il ganglio”, un gruppo occulto formato da “tonache dissidenti” (di matrice franco-lituana) con il supporto di laici ed elementi del servizi segreti, nato alla fine degli anni ’70 per contrastare l’anticomunismo di Wojtyla. Questo nucleo clandestino, secondo le rivelazioni sottoposte dall’autore a un rigoroso riscontro incrociato, non si limitò a organizzare il doppio sequestro Orlandi-Gregori, ma esercitò un ruolo attivo in fatti di importanza cruciale nella storia della Chiesa, come l’attentato al Papa polacco e le manipolazioni, a fini di pressioni interne, del terzo segreto di Fatima.
LO SCONTRO IN VATICANO – Il memoriale fornisce un elenco di ecclesiastici chiamati in causa (circa 50 nomi) nello scontro tra gruppi contrapposti a partire dall’elezione di Giovanni Paolo II (ottobre 1978). Il “ganglio” faceva riferimento alle posizioni del Segretario di Stato Casaroli, fautore della Ostpolitik, mentre l’altra fazione era legata alla linea fermamente anticomunista di Wojtyla e al ruolo di Marcinkus, il capo dello Ior impegnato nel sostegno al sindacato Solidarnosc. Quattro le materie di conflitto emerse. Si va dalla “guerra di spie” scatenata dalla ricerca di un mandante dell’attentato compiuto da Agca (pista bulgara, poi caduta nel processo) al controllo dell’Istituto Opere di Religione, dai contrasti legati alla revisione del codice di diritto canonico (dichiarazione sulla massoneria) ad alcune controverse nomine nella Santa Sede.
L’ATTENTATO AL PAPA – L’esistenza di un nesso diretto tra il ferimento di Giovanni Paolo II (1981) e il rapimento delle due ragazze (1983) porta alla luce un rapporto tra il “ganglio” e Agca. Marco Fassoni Accetti, oltre ad autoaccusarsi di aver partecipato all’azione Orlandi-Gregori con il ruolo di telefonista, ha svelato che il suo gruppo, venuto a conoscenza dell’attentato tramite contatti con la nunziatura in Turchia, decise di prestare una “limitata collaborazione”, tramite un supporto logistico a Roma. L’intendimento era favorire un “atto dimostrativo”, alcuni colpi di pistola in piazza San Pietro. Il supertestimone ha dichiarato di essersi occupato delle prenotazioni degli hotel per Agca, nei suoi soggiorni precedenti l’azione. Oltre all’Archimede e allo YMCA, Marco Fassoni Accetti sostiene di aver telefonato alla pensione Isa, dalla quale Agca si mosse il 13 maggio 1981 per compiere l’attentato. “Venne deciso che fossi io a fare la prenotazione per dare una certa impronta al cosiddetto attentato, far capire che l’azione nasceva in ambienti italiani, e per esteso vaticani”. È una novità assoluta: il titolare dell’albergo aveva testimoniato al processo che la prenotazione da lui raccolta fu fatta certamente da un italiano.
IL TERZO SEGRETO DI FATIMA – Un allegato al memoriale è dedicato al miracolo portoghese. Il ricorso a numerosi codici legati all’apparizione mariana (13-5-17) dimostra che nel sequestro Orlandi-Gregori sono state compiute manipolazioni del terzo segreto di Fatima, di cui erano venuti a conoscenza alcuni ecclesiastici e lo stesso Alì Agca, ben prima che fosse rivelato (maggio 2000). Il codice 158, per comunicare direttamente in Vaticano, stava per 5-81 (mese e anno dell’attentato al papa), le età dichiarate agli Orlandi dai primi due telefonisti, 17 e 35 anni, servivano a comporre la data di Fatima (13-5-17), la finta offerta di lavoro di cui la Orlandi parlò nell’ultima telefonata a casa (375 mila lire) aveva lo stesso significato nascosto. Sono oltre 50 i codici svelati nel libro, che furono utilizzati nel dialogo tra il “ganglio” e la fazione opposta, il Vaticano, lo Stato italiano, le istituzioni, la stampa nazionale e internazionale, i servizi segreti, la malavita romana, la mafia.
IL DOPPIO SEQUESTRO – Per la prima volta, minuto dopo minuto, vengono descritte le scene del “prelevamento” di Mirella Gregori e di Emanuela Orlandi (7 maggio e 22 giugno 1983), a Porta Pia e davanti al Senato, con la partecipazione del boss della banda della Magliana Enrico De Pedis, di un turco, di una giovane tedesca fiancheggiatrice della Stasi e dello stesso Marco Fassoni Accetti. Mirella fu portata con un giovane in un appartamento in via di Santa Teresa (Corso d’Italia), Emanuela in un convento alle pendici del Gianicolo. Il movente del doppio sequestro, suffragato da numerosi riscontri, era ottenere da Agca la ritrattazione delle accuse ai bulgari di essere stati i mandanti dell’azione in piazza San Pietro (per scongiurare il coinvolgimento di Mosca nell’attentato), in cambio della promessa di farlo uscire dal carcere. Al detenuto si fece credere che le ragazze sarebbero state usate come strumento di pressione sull’Italia e sul Vaticano per la concessione del provvedimento di grazia, e il turco effettivamente, sei giorni dopo la scomparsa della Orlandi, ritirò le precedenti accuse.
LE 15.000 FOTO SEGRETE – Una rivelazione a parte, emersa in uno degli interrogatori dell’indagato per duplice sequestro di persona, potrebbe riguardare il tema pedofilia. Marco Fassoni Accetti ha riferito di essere a conoscenza che nella sede dell’allora Segretariato per i non cristiani (poi diventato Pontificio consiglio per il Dialogo inter-religioso), in via dell’Erba 1, a poche centinaia di metri dal Vaticano, dalla fine degli anni Settanta era custodito un grande archivio. “In tali locali o comunque altri di spettanza del cardinale Pignedoli vi erano conservate numerose fotografie, circa 15 mila diapositive, che riprendevano ragazze e ragazzi, adolescenti e giovani. L’età andava dai 16 ai 30 anni. Qui inserimmo alcune diapositive della Orlandi e della Gregori…”. Le immagini delle ragazze scomparse sarebbero state usate per gettare discredito e ricattare prelati avversati dal “ganglio”.
Fabrizio Peronaci, laureato in Scienze politiche, lavora al Corriere della Sera, nella sede di Roma, dove si occupa di cronaca nera da oltre vent’anni.