Nel cinquantenario della morte di Palmiro Togliatti (1893 – 1964), esce nelle librerie Togliatti e la democrazia. Scritti scelti, il volume edito Bordeaux Edizioni, firmato da Sergio Gentili e Aldo Pirone.
Il libro narra della “svolta” di Salerno e quest’anno ricorre il settantesimo (aprile ’44). Essa rappresentò l’atto fondativo dell’unità nazionale e della funzione di classe dirigente delle forze antifasciste, del lavoro e popolari.
Il suo ideatore e realizzatore fu Palmiro Togliatti, il segretario del Partito Comunista d’Italia, poi PCI.
Sono pubblicati scritti e discorsi di Togliatti, quelli con cui espose ai militanti del PCI e agli italiani la politica di unità nazionale e i caratteri innovativi e moderni che la democrazia italiana avrebbe dovuto assumere. E che poi assunse.
Si racconta l’atto iniziale della rinascita democratica dell’Italia attraverso la rivoluzione democratica antifascista che caratterizzò la Resistenza come Guerra di Liberazione.
Quel momento storico è indissolubilmente legato alla figura di Palmiro Togliatti, di cui quest’anno ricorre il cinquantenario della morte.
Con la sua politica Togliatti impresse un movimento di legittimazione dell’antifascismo e dei partiti di sinistra, affermandoli come forze di governo e alla direzione della lotta partigiana di Liberazione.
Legittimazione non scontata considerando che, da una parte, era forte la diffidenza degli angloamericani verso gli antifascisti e la sinistra mentre, dall’altra parte, i partiti antifascisti del CLN si erano arroccati sulla cosiddetta “pregiudiziale antimonarchica”. Ciò aveva determinato una situazione politica bloccata e pericolosa. La situazione politica era caratterizzata da un “potere senza autorità”, il governo monarchico di Badoglio, contrapposto a un’ “autorità senza potere”, il Cln.
E ciò mentre il paese era allo sbando e occupato, al centro e al nord, dalle armate hitleriane sostenute dai fascisti repubblichini e, al sud, dalle truppe liberatrici angloamericane. Il futuro autonomo e democratico dell’Italia era quindi in pericolo.
Fin dai primi giorni successivi alla caduta di Mussolini, 25 luglio ’43, Togliatti impegna la sua azione politica a Mosca e da Mosca (trasmissioni di “Radio Milano libertà”) per promuovere la politica di unità nazionale e di mobilitazione partigiana per la rinascita democratica.
Il libro narra della pesante e complicata battaglia politica che il Ercole Ercoli (pseudonimo di Togliatti) condusse sia contro gli orientamenti della politica estera sovietica, profondamente diversi dai suoi, sia verso le profonde incomprensioni presenti tra diversi dirigenti comunisti in Italia. Difficoltà che vennero superate dopo il suo sbarco a Napoli, marzo del ’44, con la formazione del secondo e provvisorio governo Badoglio.
Si racconta di un momento decisivo del percorso di riconquista dell’unità e dell’indipendenza nazionale, della politica strumento con cui si affermarono le forze popolari come nuove classi dirigenti e come l’iniziativa politica messa in atto dal segretario del PCI non era dettata da puro tatticismo ma era guidata da una visione nazionale e da una innovativa concezione del processo rivoluzionario in cui si delineava e sperimentava un inscindibile intreccio fra democrazia e trasformazione socialista. È proprio sulla qualità della democrazia da istaurare in Italia che Togliatti avanza la concezione della “democrazia progressiva”, da costruire non da soli, ma in collaborazione con le altre forze politiche antifasciste, comprese quelle moderate laiche e cattoliche. Una democrazia radicata nel popolo e sollecitatrice di tutte le più avanzate trasformazioni sociali: un regime democratico progressivo, quindi, in cui l’insieme delle classi popolari e i lavoratori avrebbero assunto un ruolo dirigente in grado di sradicare il dominio esclusivo delle vecchie classi dirigenti monarchiche e possidenti, conservatrici e reazionarie, quelle che avevano avuto la colpa di portare l’Italia prima dentro la ventennale dittatura fascista e poi, con l’aberrante alleanza con Hitler, nella catastrofe della guerra mondiale.
Il nuovo sistema democratico italiano, la nuova collocazione di classe dirigente e di governo dei lavoratori e delle forze popolari richiedevano una innovazione del modo d’essere dei partiti e del PCI. A tal fine Togliatti mette in campo un “partito nuovo”, di massa, aperto a tutto il popolo, strumento di lotta e di iniziativa politica, in grado di risolvere i problemi concreti della gente. Il “partito nuovo” indicava un modello che superava i vecchi partiti elitari prefascisti, anche di quello comunista inteso come organizzazione di agitatori e propagandisti del “sol dell’avvenire” e stato maggiore della rivoluzione proletaria.
Nella narrazione rimane sullo sfondo, anche se ben presente, la considerazione che Togliatti è appartenuto al movimento comunista internazionale in un’ epoca “di ferro e di fuoco”, ne è stato uno dei massimi dirigenti mondiali. Interprete del legame di ferro e indiscutibile con l’Unione Sovietica totalitaria, staliniana e post staliniana.
E non si sottace la contraddizione fra questa fedeltà a un “socialismo” senza democrazia e l’innegabile fedeltà ai valori della democrazia, che lo portò ad essere un dei padri fondatori dello stato democratico italiano. Contraddizione che ha segnato gran parte della sua vicenda politica e umana.
Si vuole contribuire a rompere quell’oblio storico-politico in cui è caduta la storia del nostro paese e quella di tante figure nazionali tra cui Togliatti: l’oblio sulle proprie radici non porta nessuna resurrezione.
Tanto più, che in Italia è in atto da anni un mutamento sostanziale delle forme della democrazia costituzionale, quella fondata sia sulla partecipazione popolare, sui grandi partiti di massa, sui sindacati e sui corpi intermedi della società civile, sia sui valori di libertà, eguaglianza, solidarietà e pace senza i quali la persona, i lavoratori e la società democratica non avrebbero futuro. Un mutamento che ha assunto i caratteri del populismo plebiscitario e che ha partorito partiti leaderistici e padronali a forte tasso di demagogia, in cui accampano concezioni individualistiche, di idolatria del dio denaro (direbbe papa Francesco) da perseguire con tutti i mezzi, di caduta morale e di uso privato del potere pubblico a discapito degli interessi collettivi. Fenomeni figli di un capitalismo liberista, globalizzato e finanziarizzato che oggi è in crisi. Certamente il libro non tratta di ciò. Ma per chi volesse battersi contro questo non invincibile regresso democratico, economico, ecologico, sociale e civile, riteniamo utile poter rivisitare con occhi nuovi l’opera e il pensiero di Palmiro Togliatti e con lui i momenti salienti della rinascita e della costruzione della democrazia italiana.
Sergio Gentili, Aldo Pirone