«L’abolizione della Tasi anche per gli affittuari, annunciata dal ministro Pier Carlo Padoan, rischia di pregiudicare ulteriormente la qualità dei servizi erogati dagli enti locali nel nostro Paese. In molte realtà, basti pensare a quanto accade a Roma, i cittadini sono quotidianamente costretti a misurarsi con una situazione ai limiti del collasso. Perdere altre risorse provocherebbe un definitivo scadimento della qualità della vita di milioni di italiani per quanto riguarda infrastrutture, decoro, sicurezza».
Lo dichiara l’ing. Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA.
«Chi, ad esempio, si trasferisce in un’altra città per lavoro e prende in affitto una casa – prosegue Simoncini – è giusto che in cambio dei servizi di cui usufruisce partecipi alle spese collettive, così come è chiamato a fare a livello condominiale per acqua, luce, pulizia, manutenzione. Si tratta di un provvedimento di buon senso ed equità, senza alcunché di vessatorio. Inoltre per l’inquilino si parla di una quota compresa tra il 10% e il 30% rispetto a quella del proprietario, cioè una cifra nella stragrande maggioranza dei casi assai contenuta. Dover rinunciare a tali introiti porterebbe due conseguenze: minori risorse per il Comune, costretto dunque a rivedere al ribasso l’erogazione dei servizi; oppure, se si vuole mantenere inalterato il gettito dell’imposta, maggiore carico sulle spalle dei proprietari di immobili, anche di quelli appartenenti a fasce di reddito medio-basse. In entrambi i casi, dunque, le conseguenze negative di tale misura risulterebbero preponderanti rispetto ai benefici. Ciò che si può fare, invece, è di slegare la Tasi dalla rendita catastale dell’immobile per trasformarla in un’imposta sui servizi effettivamente erogati da parte dei Comuni, così come avviene in un condominio».