Le sindromi fobiche (Attacco di panico, Ipocondria, Disturbo ossessivo – compulsivo, Agorafobia) sono caratterizzate dalla paura o peggio, dal terrore di perdere il controllo; questo provoca il tentativo di applicare delle soluzioni volte al controllo del sintomo, che non faranno altro che aggravare il sintomo, perché più funzioneranno, più si presenterà il bisogno di applicarle di nuovo, fino a quando il sistema percettivo – reattivo del paziente diverrà talmente rigido che tali soluzioni diverranno talmente fallimentari da non funzionare più.
A questo punto il paziente si trova sprovvisto di armi mentre nel frattempo ha reso la propria vita sempre più disfunzionale, al punto da sentire di non riuscire più a vivere nel senso reale del termine.
Questo tipo di sindromi funzionano, secondo la psicoterapia strategica, seguendo il principio di causalità circolare di Watzlawick: per causalità circolare si intende il superamento del concetto di uni direzionalità e causalità lineare sulla quale si basano molte psicoterapie; la causalità lineare prevede che ci sia un rapporto lineare tra causa ed effetto, nel caso della psicoterapia si tratta dell’analisi tra la causa e il disturbo che questa ha generato. Il processo quindi assume una forma circolare di riverberazione mediante le reciproche retroazioni tra le variabili.
Una volta che viene innescato un processo di questo tipo diventa difficile distinguere l’inizio dalla fine: le variabili hanno acquisito un’interdipendenza reciproca tale che le alimenta a vicenda.
Per questo motivo diventa necessario studiare il fenomeno nella sua globalità, senza dimenticare che ogni variabile si esprime in base al rapporto instaurato con le altre variabili e il contesto in cui si esprimono le stesse.
In questo caso quindi l’insieme non è uguale alla somma delle parti, dato che l’analisi di ogni singola variabile porterebbe inevitabilmente ad un riduttivismo della situazione globale e quindi ad una distorsione conoscitiva.
Lo studio dunque si deve concentrare sui fenomeni interattivi.
Quando un paziente viene in terapia, è principalmente interessato al perché e alla causa della sua fobia; nel nostro caso invece è importante capire come essa funzioni e che ruolo abbia all’interno delle interazioni quotidiane che il paziente ha con le altre variabili in gioco, siano esse appartenenti al proprio ambito familiare, sociale e lavorativo.
Serve invece studiare come tale sistema di percezione e reazione nei confronti della realtà funziona nel <<qui ed ora>> della persona; quello che diventa quindi oggetto di studio è ciò che in psicoterapia strategica è definito come “sistema percettivo – reattivo” del soggetto.
Il sistema percettivo-reattivo è costituito dall’insieme delle modalità con cui ognuno di noi, in modo soggettivo, percepisce la realtà, le attribuisce un certo significato e reagisce ad essa; ad esempio il sistema percettivo-reattivo del paziente fobico è caratterizzato dalla paura di morire, mentre il sistema percettivo-reattivo del paziente fobico-ossessivo è caratterizzato invece dalla paura di perdere il controllo.
In questa visione quindi è possibile formulare una teoria relativa non al <<perché>> della paura, ma al <<come>> funzionano i processi e le dinamiche percettive – reattive tipiche di persone affette da disordini fobici: una teoria cibernetica della paura.
Sembra che ciò che determina la costituzione della forte sintomatologia fobica, non sia l’evento iniziale, ma tutto ciò che il soggetto mette in atto per evitare la paura.
Questo significa che le “tentate soluzioni”operate dalla persona per sfuggire alla paura dello scatenamento delle proprie reazioni emotive e somatiche di paura, conducono all’aggravarsi della sintomatologia stessa, finendo per costituirla ad un livello superiore di gravità, dove esiste una completa generalizzazione delle percezioni e delle reazioni fobiche nei confronti della realtà. A questo punto la persona è giunta a costituire quello stato definito come helplessness, l’impotenza appresa: l’idea alla base di questa teoria è che le persone possono apprendere di non aver controllo su ciò che accade loro in alcuna situazione. Il sentimento di impotenza appresa produce conseguenze a livello cognitivo, motivazionale e emozionale. Può indurre ad accettare ciecamente una situazione negativa e pregiudicare l’apprendimento di risposte più efficaci.
La condizione di impotenza appresa può determinare tre condizioni psicologiche: la depressione, una reazione di paura acuta e cronica di tipo persecutorio, il ricorso a rituali e credenze capaci di controllare la minaccia degli eventi temuti.
Per fare un esempio che chiarisca meglio la relazione che avviene tra la persistenza del sintomo e le “tentate soluzioni” adottate possiamo fare riferimento al caso degli attacchi di panico: la tentata soluzione di evitare il luogo del panico rafforza la convinzione che alcuni luoghi sono pericolosi. Così l’evitamento si estende ad altri luoghi o situazioni diversi, divenendo una soluzione ‘tentata’, sempre più pervasiva e costruendo così un problema sempre più invalidante; dunque questo tipo di tentata soluzione retroagisce sul problema complicandolo.
Dott.ssa Angela Cervoni