22 Novembre, 2024
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Il ruolo del Pd ad otto anni dalla nascita – di Giovanni Furgiuele

IL RUOLO DEL PD AD OTTO ANNI DALLA NASCITA

Valutazioni sull’attuale crisi dei Partiti e del Sistema Paese

Ad otto anni dalla nascita del Partito Democratico sono oggi più che mai vive le ragioni per rilanciare il progetto politico del Paese, del PD e del nostro Territorio.

Due erano gli obiettivi fondamentali otto anni fa.
Primo: dare al nascente Partito Democratico un profilo ecologista, con la convinzione che la sinistra del 21° secolo non può essere all’altezza delle sfide del nostro tempo se non mette nel cuore della propria cultura politica i temi dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile.
Secondo: favorire una evoluzione dell’ambientalismo, superando logiche minoritarie e fondamentaliste che caratterizzano il cosiddetto ”ambientalismo del no”, per affermare un ambientalismo portatore di fiducia nel futuro, capace di farsi politica generale e di avere un consenso maggioritario nell’opinione pubblica.
Quelle due esigenze sono ancora vive? Quegli obiettivi sono ancora necessari? A mio parere si, per più ragioni, sulle quali vale la pena di soffermarsi.
Sì perché oggi il PD ha responsabilità ancora più grandi sulle sue spalle, perché ha funzioni di governo e perché milioni di italiani si aspettano un cambiamento. Cambiamento che si inizia ad intravedere, ma che deve per forza portare a spostare il pendolo verso politiche per gli investimenti, la crescita economica, l’occupazione se vuole essere duraturo ed efficace.

Ed allora la domanda è: quale crescita? Qual è lo sviluppo dell’economia e delle società europee oggi possibile e auspicabile? In quale direzione vanno orientati gli investimenti?
Se il treno deragliato viene rimesso sugli stessi binari di prima finiremo per farci di nuovo male. Per uscire da questo intreccio micidiale di più crisi – economica, sociale, ambientale – la via maestra per noi è quella di un green new deal.

Al Governo chiediamo allora di orientare la propria politica economica attorno a quella che più volte abbiamo definito come una via italiana alla green economy. Un’ “Italia che fa l’Italia”, come amano gli Italiani. Un’Italia capace di innestare la rivoluzione dell’economia verde sulle proprie vocazioni, sul patrimonio di bellezza e di civiltà, sulla qualità delle produzioni e dei territori da cui nasce la forza del made in Italy.

Questa deve essere la stella polare che orienta l’azione del governo da qui al 2018. Tanto più perché il PD ha ampie praterie davanti in materia di ambientalismo. Nel rapporto annuale di Legambiente – c’è un interessante contributo di Nando Pagnoncelli su “ambientalismo e partiti politici in Europa”. Si chiede Pagnoncelli: quali sono le ragioni di una debolezza dei verdi in Italia che non paragoni in gran parte delle democrazie europee? Una prima risposta la individua sul lato della domanda degli elettori: anche in Italia è cresciuta molto l’attenzione verso l’ambiente, i cambiamenti climatici, la green economy; ma sono temi ritenuti dagli elettori secondari rispetto a quelli dell’economia e del lavoro; non rappresentano la ragione fondante della scelta di voto.
Altre due ragioni Pagnoncelli le individua invece sul lato dell’offerta politica.
Anzitutto c’è il fatto che nella opinione pubblica i verdi sono vissuti come il partito del no, che non riesce a coniugare in modo credibile l’ambiente con una proposta politica sull’economia e sul lavoro. In secondo luogo, scrive Pagnoncelli, “il tema dell’ambiente è ormai ricompreso nei programmi dei principali partiti, basti pensare al ruolo degli Ecodem nel PD”.
Grazie Pagnoncelli: troppo buono. E’ un riconoscimento che ci fa piacere, ma in tutta onestà troppo generoso, soprattutto verso il PD. In realtà il PD, nonostante molti passi in avanti, non ha saputo ancora fare dell’ambiente uno dei tratti fondamentali del suo progetto, né ad assumere in modo pieno e coerente la cultura ecologista – declinata come moderno ambientalismo riformista – come parte integrante della sua identità.
Ha però tutte le potenzialità per farlo. E se il PD decidesse di fare sul serio potrebbe riuscire a dare rappresentanza politica sia alla crescente sensibilità dell’opinione pubblica verso l’ambiente che ai mondi della green economy e alle politiche sociali. Tanto più che gli elettori italiani, come abbiamo visto, chiedono alla politica di coniugare le ragioni dell’ambiente con quelle dell’economia e del lavoro.

Per noi, che abbiamo sempre pensato che la politica debba trovare rappresentanza non in piccole nicchie autoreferenziali ma in un grande partito, è un’altra buona ragione per rilanciare il nostro progetto politico. Un progetto serio, praticabile e condiviso, che non punti alla favola della decrescita, ma immagini uno sviluppo socialmente equo e ambientalmente sostenibile, con una crescita intelligente e selettiva delle cose che rendono la vita migliore ed il mondo più vivibile, con un’idea di benessere imperniata su diversi stili di vita e misurata con indicatori diversi dal PIL; e in tal modo prova a indicare un futuro desiderabile anziché ritorni al passato o modelli pauperistici.
E questa, a mio parere, è un’altra buona ragione per rilanciare il progetto politico.

C’è infine un’ultima ragione per rilanciare e credere in questo nostro partito: il campo di gioco della politica italiana è oggi più aperto che in passato. Tutto è oggi tumultuosamente in movimento. I partiti come li abbiamo conosciuti nel secolo scorso non torneranno. Forme nuove e diverse della rappresentanza politica stanno tentando, in maniera incerta e per molti versi ancora imprevedibile, di prender corpo in sostituzione delle vecchie.
Il PD dovrà letteralmente reinventare nuove forme organizzative e di rapporto con la società. Non saprei indicare ricette o soluzioni compiute, ma almeno alcune linee da seguire, questo sì. Penso ad un partito leggero e agile, ma non per questo mero comitato elettorale, articolato in forme di partecipazione flessibili e aperte, reti e associazioni. Un partito che abbia al suo interno una pluralità di culture politiche, ma senza per questo ingessarle in rigide correnti. Un partito capace di valorizzare i più bravi e i più intelligenti, non i più furbi e i più fedeli.
Il resto dipende solo da noi. Il nostro modo di lavorare va profondamente cambiato, rafforzando entrambe le gambe sulle quali cammina il Partito Democratico e la Sinistra Italiana.
Una gamba è quella degli eletti nelle istituzioni. Alla buona squadra di parlamentari si affianca una rete importante di amministratori locali e regionali, una rete che può divenire ancora più forte ed estesa.

C’è infine la parte direi forse più incisiva – anche più congeniale al pensiero di questo Papa? – di questa “ENCICLICA LAUDATO SI’ DEL SANTO PADRE FRANCESCO SULLA CURA DELLA CASA COMUNE”; quella che riguarda l’azione dal basso, dai territori, dalla comunità locali, dalla famiglia, dai comportamenti, dai modelli di consumo e dagli stili di vita. Per avere cura della casa comune non bastano buone leggi, è indispensabile l’impegno di ciascuno. Suggestiva é la proposta di “conversione ecologica”: una vera e propria conversione, nel senso più profondo e più ampio del termine perché ”non si tratta tanto di parlare di idee, quanto soprattutto di motivazioni che derivano dalla spiritualità al fine di alimentare una passione per la cura dell’ambiente”.

L’altra gamba è quella della rappresentanza e del confronto con la gente, non meno importante della prima, anche in questo caso è mancato il confronto per capire realmente le esigenze della gente.

Giovanni Furgiuele

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