12 Novembre, 2024
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L’Agone Nuovo. Riflessioni per uno sviluppo sostenibile, in Italia e nel comprensorio sabatino

Abbiamo cercato di delineare come Associazione Culturale “L”Agone Nuovo”, per sommi capi, alcuni aspetti qualificanti dello sviluppo sostenibile, come noi lo intendiamo. Ci auguriamo di poter avviare una riflessione più larga, e anche approfondita, nella certezza che occorre “conoscere per deliberare”.

Stiamo vivendo una fase storica estremamente complessa e piena di contraddizioni che mette a rischio la qualità della vita, la salute e la stessa sopravvivenza di un numero enorme di donne e uomini. Si presentano contemporaneamente tre tipi di emergenze globali:

  1. gli sconvolgimenti climatici dovuti alle emissioni di gas, principalmente anidride carbonica, generati dalle attività antropiche;
  2. la crisi economica, figlia dell’esplosione delle grandi speculazioni finanziarie a scapito degli investimenti produttivi;
  3. le disuguaglianze sempre più acute fra le nazioni più ricche e quelle più povere. Tutto questo sta generando guerre, terrorismo, e un flusso migratorio di dimensioni bibliche.

Anche il nostro Paese è attraversato da una crisi senza precedenti, insieme economica ma anche di valori e di credibilità della “politica”, ed è sempre più attuale l’esigenza di creare nuove condizioni per lo sviluppo dell’economia e dell’occupazione. E’ una questione che riguarda le politiche del governo nazionale, ma anche le scelte delle amministrazioni locali.

Ma quale sviluppo? Su questo intendiamo suscitare la riflessione dei lettori, avvicinandoci ad una fase di consultazioni referendarie (il primo sulle trivellazioni) e di elezioni amministrative, partendo dalla consapevolezza che occorre superare una idea dello sviluppo che ripropone gli stessi schemi ormai fallimentari e una concezione personalistica e arretrata dell’esercizio del mandato politico-amministrativo, che “se si fanno sempre le stesse cose, le cose non cambieranno mai”.

Vogliamo parlare di “sviluppo sostenibile” – termine ormai usato da tutti seppure con significati anche molto diversi – che per noi guarda ad un’altra società e un’altra economia fondate sul rispetto dell’ambiente, l’equità sociale, i diritti fondamentali dei cittadini presenti e futuri, sottraendoci alla logica pervasiva del mercato che ha ridotto tutto a merce, natura e persone comprese.

I Comuni possono molto, anche in una fase di gravi difficoltà economiche, come dimostra l’associazione nazionale dei Comuni Virtuosi: una rete di Enti locali “che opera a favore di una armoniosa e sostenibile gestione dei propri Territori, diffondendo verso i cittadini nuove consapevolezze e stili di vita all’insegna della sostenibilità, sperimentando buone pratiche attraverso l’attuazione di progetti concreti, ed economicamente vantaggiosi, legati alla gestione del territorio, all’efficienza e al risparmio energetico, a nuovi stili di vita e alla partecipazione attiva dei cittadini”.

Proponiamo alcuni spunti su aspetti che qualificano i concetti di sviluppo sostenibile.

Acqua. E’ la “risorsa primaria” per eccellenza, che deve rimanere pubblico e al di fuori delle logiche di mercato, come sancito dalla maggioranza assoluta degli elettori italiani nel referendum del 2011. In Parlamento si sta discutendo la legge di iniziativa popolare, sottoscritta da moltissimi parlamentari, e in commissione ambiente della camera sono stati approvati emendamenti che stravolgono l’esito referendario, per di più in presenza di nuove disposizioni in merito alla gestione dei servizi pubblici (decreto Madìa) che di fatto tendono ad una privatizzazione generalizzata. E’ possibile che voto popolare democratico e difesa del bene comune si pieghino alle esigenze della “economia”? secondo noi no, ma apriamo la discussione. Anche nel Lazio c’è una partita aperta, dovendo il Consiglio Regionale a dare attuazione, da moltissimo tempo, alla legge regionale 5/2014, nata su iniziativa popolare per accogliere i principi referendari, contro la privatizzazione e lo strapotere di ACEA: ci auguriamo che ciò accada subito, anche se i segnali vanno in direzione contraria, coerente con la politica nazionale. Sarebbe stata auspicabile una azione molto più incisiva anche delle amministrazioni comunali, seguendo la strada dei “comuni virtuosi” laziali.

Partecipazione dei cittadini. E’ un elemento qualificante delle politiche di sviluppo sostenibile; vuol dire consapevolezza, coinvolgimento, e in ultima analisi aiuta chi amministra un Comune a decidere meglio e più rapidamente: i cittadini acquistino maggiore protagonismo nelle fasi di definizione delle decisioni – specialmente quelle locali – e in quelle successive di loro attuazione. Perché non coinvolgerli realmente quando si discutono il bilancio preventivo di un Comune, oppure la realizzazione di infrastrutture e opere importanti, oppure le scelte urbanistiche della città? Perche’ questi temi devono essere destinati a “pochi” ?

Rifiuti. la logica di “rifiuti zero” è parte integrante dello Sviluppo sostenibile: consiste nell’attuare politiche volte a limitare la produzione di rifiuti, e dare priorità al riciclo e riuso, attuando la raccolta differenziata porta a porta spinta; i rifiuti non riciclabili vanno poi trattati in impianti che non producano materiale da bruciare – in inceneritori o impianti industriali – ma privilegino il recupero di materia ed il compostaggio dell’umido. Bruciare rifiuti è un delitto verso l’ambiente (si producono inquinanti perdendo contemporaneamente sostanza organica) e uno spreco di energia (l’energia prodotta è minore di quella impiegata per produrre i materiali che si vanno a bruciare. Nel nostro territorio abbiamo lo scempio della discarica di Cupinoro, che va monitorata e messa in sicurezza, mentre c’è chi vorrebbe realizzare in quell’area un polo industriale dei rifiuti. E la gestione a livello regionale? Si confrontano due linee: la prima prevede di concentrarla nelle mani di una unico grande soggetto industriale, la seconda prevede che si individuino bacini di utenza di dimensioni ragionevoli – tipicamente 200.000 abitanti – all’interno dei quali “chiudere il ciclo dei rifiuti”, garantendo in questo modo una maggiore trasparenza e il coinvolgimento dei cittadini attraverso organismi di partecipazione, in perfetta armonia con i principi dello sviluppo sostenibile. Perché il governo regionale ha sposato la logica governativa di realizzare nuovi inceneritori nel Lazio?

Cambiamenti climatici ed emissione di anidride carbonica. E’ un tema tornato d’attualità con la recente conferenza COP21 sul clima a Parigi che ha riaffermato quanto si sa già da almeno un decennio: se non si riducono nel giro di pochi anni in maniera veramente drastica queste emissioni (generate dall’uso di combustibili fossili: carbone, petrolio e gas naturale) andremo incontro a enormi devastazioni, dovendo sostenere costi per affrontare i danni prodotti molto maggiori di quelli necessari per attuare misure preventive.

Occorre – come si diceva all’inizio – cambiare radicalmente strada, in vari settori: nella produzione di energia elettrica e di calore per il riscaldamento incentivando veramente il risparmio energetico e le fonti rinnovabili, così come nei processi produttivi e nel terziario; nei trasporti, puntando sulle autovetture elettriche e ibride ma ancor più incentivando il trasporto collettivo privilegiando quello ferroviario: ma non sono questioni attualissime per questo nostro territorio?

Territorio, lavoro ed economia locale. Sono questioni con cui ci scontriamo da decenni, specialmente nei nostri Comuni che basano sull’edilizia una parte consistente della produzione di posti di lavoro e reddito. Occorre cambiare direzione, difendere gli “spazi demaniali” dalla privatizzazione incombente, valorizzare e difendere le risorse agricole e ambientali favorendo e stimolando una moderna imprenditoria che guardi alla qualità di prodotti e servizi, e alla sostenibilità ambientale come la nostra vera grande opportunità. Abbiamo, inoltre, una grandissima potenzialità costituita da sistemi di economia solidale, gruppi di acquisto (gas) strumento formidabile per valorizzare i prodotti locali.

Occorre puntare veramente al turismo, sfatando il mito che per questo occorre accrescere l’offerta alberghiere. Se vogliamo passare da un turismo “mordi e fuggi di tipo prettamente giornaliero”, se vogliamo che questo territorio sia fruito da turisti per otto mesi all’anno occorre qualificare l’offerta, curare la qualità ed il decoro di centri abitati e campagne, valorizzare le enormi opportunità – oggi totalmente negate – offerte dal parco dei due laghi, organizzare e offrire opportunità e percorsi a quei tantissimi turisti che amano la natura e le escursioni a piedi e in bicicletta, considerare assolutamente prioritario realizzare una rete di sentieri e piste ciclabili, valorizzare gli sport d’acqua non a motore per i quali il nostro lago è particolarmente adatto.

Insomma, lo sviluppo sostenibile è materia dei governi nazionali, e transnazionali, ma anche degli amministratori locali. Ma come possono agire i Comuni senza risorse economiche? Limitando gli sprechi, aumentando efficienza ed organizzazione, e puntando sulle idee.

Le idee non costano, così come la capacità di ideare nuovi progetti per i quali accedere ai fondi europei: ad esempio sono a disposizione somme enormi per progetti di riorganizzazione delle città, la cosiddetta “città intelligente” (smart city), o per innovazioni in agricoltura e nel rapporto città-campagna.

Una risorsa fenomenale è poi offerta dalla opportunità per i Comuni di “mettersi in rete”: pensiamo a quanto si può risparmiare, e quanto potrebbe aumentare la qualità dei servizi offerti ai cittadini, se i Comuni del comprensorio del Lago andando anche verso Civitavecchia e Viterbo si coordinassero per i servizi sociali e della sanità, per il trasporto, per la valorizzazione turistica (esistono in Italia molti esempi più che collaudati, specialmente nelle zone alpine e prealpine), per non parlare della gestione dei rifiuti.

Infine, la città metropolitana. E’ nata con un processo tortuoso e contestato da alcuna; oggi esiste, può essere una grande opportunità oppure tramutarsi in boomerang per i territori della provincia, troppo spesso vista come luogo dove esportare le criticità della capitale: di esempi ne abbiamo tanti, vecchi e nuovi.

L’integrazione fra la grande capitale e la sua variegata area metropolitana – caratterizzata da piccole città paesi e borghi, e da una campagna meravigliosa (è una delle aree più agricole d’Europa) – è un aspetto qualificante dello sviluppo sostenibile. Si tratta di valorizzare e armonizzare le diverse e complementari caratteristiche: Roma, città d’arte e di storia, ma ricca di contraddizioni e criticità non può che giovarsi di una cintura verde a vocazione agricola e turistica di qualità, per i propri cittadini e per una offerta turistica più ampia e articolata; i nostri territori, ricchi di risorse naturali da preservare e valorizzare, potranno offrire ai cittadini, che in moltissimi si rivolgono a Roma per le proprie attività lavorative, un sistema di servizi – a cominciare dal trasporto, istruzione, sanità – di più elevata qualità. E’ una sfida grandissima per gli amministratori dei nostri “piccoli” Comuni, da giocare non in “difensiva” rispetto alla grande metropoli ma alla ricerca della condivisione, coordinamento e, soprattutto, coinvolgimento e partecipazione dei cittadini.

 

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