23 Dicembre, 2024
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Referendum Costituzionale, Minnucci (PD): “Verso una democrazia moderna”

Dopo una tornata elettorale particolare e senza precedenti, il Partito Democratico si prepara a riunire gli elettori verso il voto sul referendum di ottobre.

Intervistiamo a riguardo l’onorevole Emiliano Minnucci, per comprendere maggiormente l’iter e le conseguenze della riforma costituzionale.

Ci avviciniamo al voto di ottobre per un Referendum costituzionale che potrebbe sancire una svolta radicale nella storia della politica italiana. Come si è giunti a questa riforma?

«Partiamo da un assunto: il bicameralismo paritario era ed è indifendibile. Dalla bicamerale presieduta da Bozzi alla commissione D’Alema, passando dalla commissione De Mita-Iotti, sono più di trent’anni che le forze politiche concordano sull’esigenza di riformare il Parlamento cercando di costruire una democrazia maggioritaria con l’obiettivo di evitare l’instabilità dei governi e le degenerazione del parlamentarismo che gli stessi Padri Costituenti avevano previsto a partire dal ‘48 quando iniziarono a prendere le distanze dal bicameralismo delineato dalla nostra Costituzione. Siamo in forte ritardo e qualora questo sforzo venisse affossato, il nostro Paese – come sostiene il Presidente Napolitano – apparirà come una democrazia incapace di riformare il proprio ordinamento e mettersi al passo con i tempi. Questo non possiamo permettercelo».

E’ possibile riassumere in alcuni punti cardine questa riforma costituzionale? Quali le modifiche principali?

«La riforma ha radici lontane che risalgono alla stessa Costituente. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la proposta avanzata dalla Commissione incaricata nel 1947 prevedeva un Senato composto da rappresentati dei consigli regionali. Un tentativo vano che lasciò spazio alla soluzione del doppione con l’elezione diretta e stesse competenze per la Camera e per il Senato. Con questa riforma, invece, l’Italia cessa finalmente di essere un’eccezione mondiale con un Parlamento composto da due camere uguali, che danno e tolgono la fiducia al Governo. Sarà una riforma capace di accrescere la funzionalità delle Istituzioni oltre a ridurre i costi degli apparati politici. Avremo un Parlamento rafforzato con l’entrata in Senato di una rappresentanza delle regioni e dei comuni con il compito di applicare quelle leggi che, finalmente, non dovranno più rimbalzare tra le due camere. Per la prima volta, non assisteremo ad un aumento dei poteri del sistema regionale e locale, bensì ad una loro razionalizzazione e riconduzione a dinamiche di governo complessive del paese. Con la riforma assisteremo, inoltre, ad un sostanziale riequilibrio dei poteri normativi del Governo e ad una seria riduzione dei tempi per l’applicazione delle principali iniziative governative. In quest’ottica, inoltre, il sistema delle garanzie verrà significativamente potenziato con il rilancio degli istituti di democrazia diretta, mentre verrà operata una decisa semplificazione istituzionale attraverso l’abolizione del Cnel e la soppressione di qualsiasi riferimento alle province quali enti costitutivi della Repubblica. Con 220 parlamentari in meno, un tetto all’indennità dei consiglieri regionali e un divieto per gli stessi a distribuire risorse ai gruppi consiliari, la riforma, infine, prevede una palese e indubbia riduzione dei costi della politica».

Se l’art. 138 della Costituzione Italiana prevede il Referendum Costituzionale, perchè si accusa la riforma di “anticostituzionalità”?

«C’è chi dice che questa riforma è stata scritta sotto dettatura del Governo. C’è chi dice che questa riforma sia illegittima perché è stata prodotta da un Parlamento eletto con il Porcellum, dichiarato incostituzionale. C’è chi dice, ancora, che questa riforma non garantisce l’equilibrio tra i poteri costituzionali dato che mette in mano alla falsa maggioranza prodotta dal premio gli organi di garanzia, tra cui il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale. Tutto questo è un falso problema. E lo è perché è vero che il Governo ha presentato il disegno di legge iniziale, ma è altrettanto vero che in Parlamento sono state fatte più di 120 modifiche. Lo è perché quando la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il Porcellum ha ribadito altresì che la sentenza non aveva alcuna incidenza sui poteri di un Parlamento che già in quel momento stava discutendo una riforma costituzionale. Lo è, infine, perché la riforma potenzia le garanzie attuali, basti pensare che se oggi il Presidente della Repubblica può essere eletto anche esclusivamente dalla maggioranza, da domani con l’Italicum sono necessari anche i voti dell’opposizione. In questo quadro, poi, con la nomina dei membri della Corte Costituzionale per mano del Presidente della Repubblica e della Magistratura, avremo un Organo indipendente per due/terzi dalle scelte parlamentari. Alla faccia dell’anticostituzionalità e della delegittimazione».

Perchè è importante andare a votare e perché votare SI?

«È importante votare SI perché abbiamo l’occasione di cambiare veramente il nostro Paese che, indubbiamente e dopo tutti questi anni, merita di essere annoverato nella lista delle democrazie moderne. Una cosa, poi, deve essere chiara: se vincerà il SI non sarà una vittoria né del Premier né dell’attuale Governo, sarà una vittoria dell’interesse generale del paese. Dovesse vincere il NO, invece, non sarà la fine di Matteo Renzi: questa riforma non deve essere concepita come un banco di prova del Governo”.

Benedetta Onori

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