Il prossimo 2 ottobre i cittadini italiani sono chiamati a esprimere il loro giudizio sul referendum costituzionale, che porta, tra le altre, la firma del ministro per i rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi (suo è il nome del ddl che contiene le riforme costituzionali). Referendum che da mesi fa discutere – e continuerà inesorabilmente fino al giorno della consultazione – se non altro perché lo stesso premier Matteo Renzi ha legato ad esso la propria permanenza a Palazzo Chigi. Non è previsto il quorum, per cui la riforma sarà definitivamente approvata o bocciata indipendentemente da quante persone andranno a votare. La legge andrà a modificare 47 articoli della Costituzione.
Ma andiamo nel dettaglio a vedere i punti principali della riforma.
Riforma del Senato.
Addio al bicameralismo perfetto. La riforma sancisce la fine della parità delle due Camere, che accompagna la Repubblica fin dalla sua nascita, e prevede una forte riduzione dei poteri del Senato, nonché del numero dei senatori, che passano da 315 a 100. Il Parlamento, per cui, continuerà ad articolarsi in Camera e Senato, ma i due organi avranno funzioni e composizione differenti. Solo alla Camera, infatti, spetterà il compito di dare la fiducia al governo e solo ad essa spetta esercitare “la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo” (nuovo art. 55 della Costituzione).
Iter legislativo.
Il Senato manterrà la possibilità di approvare, modificare o abrogare leggi, ma solo per un numero limitato di ambiti: leggi di revisione della Costituzione, disposizioni della tutela sulle minoranze linguistiche, referendum popolari, leggi elettorali, per i trattati con l’Unione europea e norme che riguardano i territori. Per approvare una legge, quindi, non ci sarà più bisogno del voto del Senato, ma basterà quello della Camera, tranne nei casi di leggi che riguardano le competenze regionali, dove il voto del Senato diventa obbligatorio. Inoltre, il Senato può decidere, su richiesta di un terzo dei senatori, di proporre modifiche a una legge approvata dalla Camera, e ciò può avvenire entro un termine di 10-15 giorni (a seconda delle materie) dalla data di approvazione della legge, dopodiché entra in vigore. Da parte sua la Camera può ignorare le modifiche apportate dal Senato, riapprovando la legge così com’è, oppure accettarne le modifiche.
Elezione del nuovo Senato.
È stato uno dei punti più discussi della riforma. I senatori, contrariamente a quanto avviene oggi, non saranno più eletti, ma scelti dalle assemblee regionali tra i consiglieri che le compongono e tra i sindaci della Regione. Come già detto, i senatori saranno 100, di cui 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori di nomina presidenziale, che resteranno in carica per sette anni e non potranno essere rinominati. Restano, invece, senatori a vita gli ex presidenti della Repubblica.
Elezione presidente della Repubblica.
Cambia il quorum per l’elezione del capo dello Stato: serviranno i due terzi dei componenti dell’assemblea per i primi tre scrutini, tre quinti dei componenti dalla quarta e dalla settima basteranno i tre quinti dei votanti. Durante l’elezione non sarà più il presidente del Senato, bensì quello della Camera a sostituire il presidente della Repubblica “ad interim”.
Titolo V.
Col ddl Boschi molte delle competenze che erano state modificate in favore delle regioni con la riforma del Titolo V (2001), torneranno in maniera esclusiva allo Stato, mentre scompariranno le competenze concorrenti, quelle cioè condivise tra Stato e regioni. La competenza principale che conserveranno le regioni sarà la sanità.
Abolizione CNEL e Province.
La riforma prevede anche l’abolizione del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro, “organo consultivo” con facoltà di promuovere disegni di legge, previsto dall’art. 99 della Costituzione. Il CNEL è composto da 64 consiglieri, in parte nominati da presidente della Repubblica e presidente del Consiglio, in parte rappresentanti delle categorie produttive, in parte rappresentanti di associazioni di volontariato. Inoltre, il ddl Boschi elimina definitivamente le Province, che negli ultimi anni erano già state progressivamente svuotate delle loro funzioni.
Referendum e leggi di iniziativa popolare.
C’è la possibilità di introdurre referendum propositivi per dar vita a nuove leggi (oggi i referendum possono solo abrogare o confermare una legge già approvata), ma l’introduzione di questo strumento è demandato alle leggi ordinarie. Cambia, però, l’art. 71 della Costituzione e sale a 150mila, invece di 50mila, il numero delle firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare. Viene dunque precisato che la deliberazione della Camera sulla proposta deve avvenire entro termini certi e passaggi definiti dai regolamenti parlamentari.
Questo, in sintesi, cioè che viene prospettato dalla nuova riforma costituzionale.
Francesco Persiani