Finiti i Giochi Olimpici si fanno i bilanci. L’Italia si conferma al nono posto del medagliere con 8 medaglie d’oro, 12 di argento e 8 di bronzo. Tra queste 28 medaglie ce n’è una che pesa un po’ di più delle altre: è l’argento conquistato dalla squadra di pallanuoto femminile del 7 Rosa allenate da Fabio Conti che fa vivere, a Bracciano, il sogno olimpico.
Fabio Conti dopo aver vinto diversi titoli nazionali giovanili nei 100 e 200, dall’età di 20 anni si è dedicato prevalentemente alla pallanuoto approdando a Bracciano.
Nel 1994 ha intrapreso la carriera di allenatore, guidando, nell’ordine, i Castelli Romani in serie A femminile, le giovanili maschili e la squadra femminile dello Sporting Bracciano.
Con quest’ultima, creando di fatto la pallanuoto a Bracciano, è arrivato dalla serie C alla serie A1 e, dal 2006, ha cambiato denominazione sociale in Roma Pallanuoto, con cui ha conquistato due Coppe Len raggiungendo to due volte le semifinali scudetto.
Responsabile tecnico delle Nazionali giovanili di pallanuoto femminile dal 23 dicembre 2008, ha ottenuto l’argento agli Europei di Napoli 2009, il quinto posto ai Mondiali di Khanty-Mansiysk nel 2009, il quarto posto agli Europei di Dneprodzerzhinsk 2010 e il settimo posto con la Selezione che ha partecipato alle Universiadi di Belgrado nel 2009.
Dal novembre 2010 è responsabile tecnico del “Setterosa” che ha guidato alla conquista della medaglia d’argento nella Super Final World League 2011, a Tianjin, e al quarto posto ai Mondiali di Shanghai 2011.
Grande impresa è stata la conquista del primo posto ai campionati europei di Eindhoven 2012 che ha riportato la Nazionale sul tetto d’Europa dopo nove anni. Poi” Setterosa” è settimo alle Olimpiadi di Londra 2012. Nel 2015 guida il “Setterosa” alla conquista di uno storico bronzo durante la XVI edizione dei Campionati mondiali di Nuoto tenutisi in Russia nella città di Kazan, riportando dopo dodici anni l’Italia sul podio.
Dal 2015 Conti decide di aderire al progetto dell’università LUISS guidando la sua squadra di nuoto.
Il 22 gennaio 2016 il “Setterosa” conquista il terzo posto ai campionati europei di Belgrado.
Il 17 agosto 2016 porta il “Setterosa” in finale alle Olimpiadi di Rio de Janeiro battendo la Russia per 12-9. Due giorni dopo il “Setterosa” perde la finale olimpica con gli Stati Uniti 12-5 e vince la medaglia d’argento.
A Bracciano giunge una medaglia olimpica, l’Argento pesantissimo e storico del CT del “Setterosa” di Mister Fabio Conti!
Fabio Conti ha cosi festeggiato al meglio la sua 200esima panchina, conquistando un podio che nella pallanuoto mancava da 12 anni e portando con sé sul podio anche la cittadina di Bracciano.
Una favola a lieto fine che è iniziata proprio sulla sponda del lago.
Abbiamo incontrato il tecnico d’argento e gli abbiamo chiesto di raccontarci le sue emozioni olimpiche.
Una carriera iniziata nella nostra Bracciano, come gestore e allenatore della piscina Athena Sporting Club: avrebbe mai pensato di arrivare dov’è ora?
Io ho iniziato come atleta di nuoto e pallanuoto, ho fatto per tanti anni gare a livello assoluto nazionale di nuoto. Terminata la carriera di nuoto sono tornato alla mia prima attività, cioè la pallanuoto, e dopo diversi anni nella pallanuoto da giocatore mi è stato proposto, nel 96, di allenare una squadra femminile che si chiamava “Castelli Romani”. In quella stagione facemmo un campionato già di serie “A”. Da li sono 20 anni che consecutivamente ho allenato la pallanuoto femminile a questi livelli. Dopo quella stagione in serie “A” ho avuto l’opportunità di ristrutturare e aprire quello che oggi si chiama Athena Club. Insieme al mio socio storico di allora Federico Ferrari, abbiamo ristrutturato e riavviato l’impianto e le attività agonistiche dove Federico si è occupato per tanti anni del nuoto e io della pallanuoto. Con grande soddisfazione devo dire che oggi tanti dei ragazzi che ora lavorano in quella piscina sono i ragazzini di allora che allenavamo con passione e impegno, compreso il mio preparatore atletico della nazionale a Rio Simone Cotini che è di Bracciano e viene dalla mia vecchia scuola. Poi una volta aperto il Centro sportivo, mi sono occupato di rifondare le squadre di pallanuoto femminile. E’ stata una bella scalata perché abbiamo fatto tutta la trafila serie “C”, serie “B”, serie “A2”, serie “A1”, Coppa Europea, fino al 2008 quando mi è stato chiesto di entrare in Federazione.
Arriviamo a Rio 2016. È stata una qualificazione sofferta, avete lottato e volevate quella qualificazione.
Le qualifiche olimpiche di pallanuoto al femminile, sono molto diverse da quelle degli altri sport di squadra poiché è l’unica disciplina che ammette alle Olimpiadi solo otto squadre invece delle 12 delle altre discipline. Questo comporta che accedere alle Olimpiadi è sempre più complicato rispetto ad altre discipline. Quindi la qualificazione è già di per se un risultato per la squadra. Nel torneo di qualificazione olimpica, ai quarti di finale, o vinci o torni a casa. Quella partita è definitiva. Noi siamo arrivati a quella partita dopo aver vinto il nostro girone e battendoci contro la 4^ squadra del girone. I livelli mondiali della pallanuoto femminile sono molto equilibrati. Noi abbiamo incontrato il Canada, che è una squadra molto forte. Abbiamo vinto di un goal, anche se eravamo avanti di 3. È stata una partita molto tesa ma siamo riusciti a gestirla nel miglior modo: le ragazze sono state molto brave a concludere un incontro difficile.
Questa squadra è molto eterogenea, le ragazze hanno dai 20 ai 34 anni. Come si riesce a consolidare una squadra così affiatata e così unita?
Dopo le Olimpiadi di Londra abbiamo fatto un ricambio delle atlete, come avviene ogni 4 anni. A questa Olimpiade ci sono state ben 6 esordienti, con 7 che avevano partecipato a Londra. Io sono convinto che questi ricambi abbiano bisogno di tutti i quattro anni di preparazione, tanto che la mia grande soddisfazione nasce dal fatto che è stato un lavoro sempre in crescita costante, lungimirante. Anche la Federazione ha appoggiato questo tipo di progetto, nonostante nel 2013, ai mondiali di Barcellona, siamo andati fuori dai primi 8 posti, nel 2014 negli Europei di Budapest ci siamo classificati 4. Solo nell’ultimo biennio abbiamo iniziato a raccogliere i frutti del nostro lavoro: nel 2015 terzi ai mondiali, nel 2016 terzi agli europei, abbiamo centrato la qualifica olimpica al secondo posto, in finale con gli Stati Uniti ed abbiamo confermato la finale olimpica con gli Stati Uniti. Da allenatore, aldilà della soddisfazione delle medaglie, che pesano, c’è quella di sentire sotto le mani una costruzione, un percorso che va costantemente verso l’obiettivo che ti sei programmato.
Ora ci sarà un altro ricambio generazionale?
Assolutamente sì. Già le più grandi avevano deciso di raggiungere l’obiettivo olimpico per chiudere la loro carriera. Non ci dimentichiamo che le ragazze fanno dei grandi sacrifici e rinunce nell’ambito personale. Quando arrivano all’età matura devono spostare a volte anche dei progetti familiari, ad esempio la nostra Capitana Tania Di Mario, ora trentasettenne, voleva fare un figlio già dopo Londra ma si è rituffata nel progetto olimpico spostando nuovamente di quattro anni il suo desiderio. Per gli atleti maschi è diverso, i ragazzi del “7 bello” sono quasi tutti papà. Il ricambio sarà di almeno di 5 o 6 atlete per far sì di arrivare a Tokio con una media di età di 25, 26 anni.
Ci sono già le prospettive della nuova squadra?
Io partirò nei prossimi giorni per andare in Olanda a vedere le finali del Campionato Europeo Junior classe ‘97, proprio perché da quella squadra usciranno fuori quelle che saranno le nuove atlete che serviranno per i rinnovi della nuova selezione della nazionale.
Arriviamo alla medaglia. Un’ emozione enorme, ma da allenatore l’emozione è diversa. Chi è al bordo vasca come la vive una vittoria?
È vero, ma questo non accade alle olimpiadi. Almeno la pallanuoto è uno di quegli sport dove tu, allenatore, puoi incidere, dove puoi metterci il tuo. Non è quell’allenatore che ti prepara e poi manda l’atleta a gareggiare, come nel caso del nuoto. L’allenatore degli sport di squadra entra nel vivo ed incide in prima persona, quindi l’emozione è proprio lo stare dentro con tutte le scarpe in questo tipo di sensazioni. Le Olimpiadi sono il sogno di tutti gli atleti, tecnici, dirigenti, staff sanitari. Ho visto staff sanitari partecipare emotivamente come se fossero essi stessi atleti, tanto che, nel villaggio olimpico, tutti fanno sport, tutti corrono, anche i dirigenti, o chi magari non lo fa abitualmente a casa. In quei giorni questo spirito sportivo olimpico è un contagio per tutti. Tornando alla medaglia, il mio più grande sogno era di vivere una finale olimpica con più di 10 mila spettatori. Sapendo di avere comunque una medaglia al collo e battersi per l’oro è stata una sensazione fantastica.
C’è amarezza per l’oro?
Assolutamente no perché da quando arrivi a quel livello devi sapere quali sono i target. Noi abbiamo fatto un miracolo sportivo e, come dissi a caldo in un’intervista , nello sport i miracoli si costruiscono. Noi abbiamo messo dietro squadre molto più organizzate di noi sotto il profilo di condizione di allenamento, fisicità, centimetri, chilogrammi che nel nostro sport fanno davvero la differenza. Abbiamo superato Australia, Ungheria, Spagna, Olanda, che sono squadre veramente molto molto forti. Non c’è amarezza perché gli Stati Uniti ora sono l’obiettivo da raggiungere. Loro hanno un’organizzazione di allenamento e un metodo di reclutamento di atlete talmente più alto del nostro che devono essere il nostro prossimo step.
Che possiamo dire sulle ragazze?
Le ragazze sono eccezionali. Io dico sempre che chi fa questo tipo di attività sportive è di un altro livello. Sono ragazze che vanno oltre la norma, che riescono a far coincidere studio e sport. In Italia, chi riesce a ottenere risultati sportivi importanti , dovrebbe essere premiato oltre alle medaglie conquistate sul campo. Un premio ai meriti sportivi perché noi abbiamo mille difficoltà e non siamo sostenuti da aiuti come accade in molti paesi esteri. Non abbiamo i college, ma lo sport in Italia si regge solo grazie all’associazionismo sportivo e alle attività private.
La pallanuoto non ha l’aiuto delle Forze Armate che spesso danno un lavoro a questi ragazzi che vivono allenandosi per portare i risultati con le nazionali. Le ragazze del “Setterosa” come altri atleti, quindi vivono una vita di difficoltà e sacrifici dedicandosi allo sport e cercando di trovare una strada anche di vita per il futuro.
Infatti sono anni che cerchiamo di fare un progetto in proposito. Purtroppo per la pallanuoto è più difficile perché i numeri di squadra sono alti. La nazionale comprende 13 persone e l’investimento ovviamente è maggiore. Sarebbe un aiuto concreto per mantenere atlete di alto livello. Mi auguro che da questo risultato possano pensare ad un progetto in merito anche come premio per i sacrifici che le ragazze, come tanti altri atleti, hanno fatto per portare l’argento in Italia.
Gli allenamenti sono molto pesanti?
Loro come ho detto prima sono ragazze eccezionali: ogni giorno si allenano due ore e mezza la mattina, poi fanno l’allenamento in palestra e tornano in vasca per altre due ore la sera. Quindi, noi se siamo riusciti a fare questi risultati, come nel nuoto, è grazie all’impegno della federazione che dal 2009 ha fondato a Roma i nuovi centri federali come Ostia e Pietralata dove quanto mento abbiamo una casa. Devo dire che non è facile perché, se nel nuoto si possono spostare degli atleti come Paltrinieri e Detti in pianta stabile, nella pallanuoto è più complicato poiché le ragazze giocano ognuna nel loro club. Se ci fosse un club militare che accentrasse le migliori dando loro uno stipendio, come fanno gli Stati Uniti, raggiungeremmo quel gradino che forse oggi ci manca. In Italia purtroppo per fare sport ad alto livello bisogna fare sacrifici e salti mortali.
Non c’è la cultura sportiva in Italia, come la troviamo nelle altre nazioni.
In Italia non c’è una cultura sportiva sotto tanti punti di vista. Soprattutto a scuola non viene infusa nei bambini né, soprattutto, nei genitori. Io sono molto critico verso il nostro ordinamento scolastico poiché ci sono dei crediti sportivi che vengono richiesti e poi spesso capita che i ragazzi debbano nascondere ai professori la loro attività agonistica che toglie tempo allo studio. Di questo me ne sono fatto carico durante una riunione al Coni per far cambiare questo status, ma c’è ancora molto da lavorare.
Quali sono i progetti dopo Rio?
Dopo un quarto d’ora di festeggiamenti a Rio, la mia testa inevitabilmente era andata già sulla strada per Tokio 2020. Ogni quattro anni si ricomincia con un nuovo percorso sportivo, ci rimane la consapevolezza e l’esperienza. Inizia già da subito un quadriennio in cui assemblare una squadra e renderla pronta per la nuova sfida olimpica.
Questa è la sua seconda Olimpiade: quali sono le differenze che ha trovato, a parte il risultato?
La differenza sta tutta nel respirare l’aria olimpica. Per questa olimpiade ci siamo preparati ad affrontare delle difficoltà ambientali che avevamo sottovalutato a Londra. Prima di partire per Rio abbiamo fatto l’ultimo collegiale simulando proprio ciò che sarebbe successo a Rio. Le ragazze hanno condiviso degli appartamenti e hanno avuto le difficoltà di spostamento per arrivare in piscina e agli allenamenti. L’Olimpiade è una manifestazione strana, non ci sono agevolazioni di albergo, trasporti perfettamente in orario e servizi. Gli atleti si trovano senza confort con distanze da coprire sia per andare a mangiare, sia per andare ad allenarsi. Ci vuole un grande spirito di adattamento che abbiamo preparato nei minimi dettagli affinché le ragazze crescessero insieme anche in questo. Penso che diventerà un format che userà la Federazione. Io e le ragazze ci abbiamo creduto e i risultati sono arrivati.
Le ragazze sono unite anche fuori dalla nazionale?
Questa è un’altra nostra difficoltà. Noi affrontiamo squadre che stanno per 3 anni insieme, le nostre ragazze fino a due mesi prima dell’Olimpiade si affrontano in acqua per le finali di campionato, giocando con i vari club. Per questo loro sono molto più brave rispetto alle altre atlete. In due soli mesi loro riescono a trovare un attaccamento ed una unione che rende questa squadra così combattiva. Abbiamo anche delle atlete che giocano durante l’anno all’estero ed ogni volta devono tornare in Italia per il raduno, e poi tornare al loro campionato. Volevo davvero ringraziare le ragazze che hanno vissuto questo sogno con me. Sono fantastiche.
Cosa ha portato con sé di Bracciano in questa avventura?
Io sono arrivato in questa Città vent’anni fa con un sogno: fondare squadre di pallanuoto e nuoto e veder crescere i ragazzi. In parte questi sogni si sono realizzati perché raggiungere una medaglia olimpica è un grandissimo risultato, ma l’altro traguardo è vedere i ragazzi che venivano con i genitori ad imparare le prime bracciate in acqua e che oggi lavorano nello sport. Un’altra medaglia che vorrei raggiungere è che in questo territorio si fondessero le forze tra i Comuni del Lago per far si che vengano fuori attività sportive almeno in questo campo che possano dare continuità del lavoro fatto in passato.
Le attuali strutture sportive le sembrano efficienti?
Le strutture ci sono e sono molto belle. Ad Anguillara c’è una piscina di 33 metri per 25 con il pontone per far le gare di nuoto e le gare internazionali di pallanuoto. Quella piscina, mondiali di Roma 2009, ha ospitato la partita tra Italia e Stati Uniti femminile. Io ero presente ed ero felicissimo di pensare che, vicino casa, ci fosse un impianto così importante. Io sono a disposizione assoluta per mettere tutto il mio tempo, tutta la mia esperienza di gestore, allenatore e responsabile di impianti e far sì che, in questa area, venga fuori un’attività di un certo livello nelle attività natatorie. Sicuramente ciò farebbe del bene all’indotto che ruota intorno a tali attività e che è presente nei paesi del Lago.
Il suo cuore si può dire che è qui?
Qui ho il mio cuore perché, aldilà della mia prima esperienza, far nascere un’attività qui dal più basso livello e portarla ai livelli internazionali è stata una delle mie più grandi soddisfazioni. Questo non è però solo una mia vittoria, ma anche delle persone e dei cittadini che hanno riconosciuto questo percorso e mi sono state vicine in questi anni. Ho ricevuto migliaia di messaggi da parte dei cittadini e del Sindaco Tondinelli e di chi mi ha conosciuto facendomi crescere sportivamente i propri figli. Su questo bisogna investire per il futuro, siamo Paesi a ridosso di Roma, e fondere le sinergie può fare la differenza.
Federica D’Accolti