23 Dicembre, 2024
spot_imgspot_img

Dal romanzo alla realtà: la trama dell’affidamento condiviso

Mi trovo con la testa affogata in un romanzo di Camilla Lackberg, Il bambino segreto, la cui storia, ambientata in una cittadina sulla costa occidentale della Svezia, vede, in principio, una giovane coppia, Erica e Patrick,  che festeggiano il primo compleanno della loro unica figlia, circondata dai parenti più stretti. La sorella di lei, Anna, separata con un figlio avuto da un uomo violento, attualmente fidanzata con l’ ex-compagno di Erica, il quale a sua volta è separato e ha una figlia adolescente. Patrick, separato senza figli, e sua madre, la suocera di Erica; tra le due non scorre buon sangue, ma fortunatamente suo marito la supporta sempre.

Non ci sono gelosie e rancori all’interno di questo quadro familiare, tali da generare conflitti, nonostante le difficoltà e gli intrecci emotivi. Tutti sono focalizzati sulla bambina, la protagonista della giornata speciale.

Questa famiglia potrebbe incarnare alla perfezione l’ideale di famiglia, cui si ispira la legge sull’affidamento condiviso, meglio conosciuta come Legge 54/2006, Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, che esordisce con queste fondamentali parole:

“Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti  e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

E’ esattamente quello che accade nella descrizione del romanzo, anche se la coppia in questione non è separata. Tuttavia ciascun membro della famiglia ha vissuto e superato una frattura affettiva, e la nuova riorganizzazione familiare permette alla bambina di mantenere “rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascuno ramo genitoriale”, in un giorno speciale.

Nel corso dell’articolo, Erica e Patrik, ci aiuteranno a svelare, attraverso la loro trama, anche quella che sostiene le legge sull’affidamento condiviso, che ha introdotto la cultura del legame parentale condiviso, affermando il diritto alla bigenitorialità.

Benché tale diritto fosse già contenuto in altre norme del Codice Civile, tra cui l’art. 147, introdotto nel 1975, averlo reso una norma potrebbe servire da deterrente agli atteggiamenti monopolistici di molte madri, ma anche come invito alla responsabilità per molti padri inesistenti.

Si tratta di un obiettivo nobile, direi inderogabile. Sulla carta, quindi, tutti bambini felici e genitori ideali, ma è veramente così?

Giustamente qualcuno potrebbe pensare che una realtà così idilliaca è presente solo nei romanzi. Ma è anche vero che i romanzi prendono sempre spunto dalla realtà e la famiglia partorita dalla penna della scrittrice non è surreale, ma verosimile e credibile per il contesto in cui è calata.

Per esempio, è credibile che Patrick, un poliziotto, abbia chiesto di usufruire del congedo paternità per tre mesi, in modo da permettere alla moglie, scrittrice di racconti per bambini, di riprendere il lavoro, mentre lui si occupa esclusivamente della figlia e della casa. Questo darà modo ad Erica di ritrovarsi finalmente sola nella vecchia soffitta di casa e scoprire alcuni diari conservati in un vecchio baule impolverato, appartenuti alla madre quand’era ancora molto giovane, che si riveleranno essenziali per venire a capo di un’indagine.

Quindi questa famiglia, apparentemente “da romanzo”, è semplicemente poco verosimile a quella italiana ma assolutamente credibile se si tiene conto del contesto storico, geografico e sociale cui appartiene e, come vedremo in seguito, non è scevra da alcuni conflitti atavici che “colorano” tutte le famiglie, indipendentemente dalla loro provenienza.

Perché la famiglia, a mio avviso, è come una stanza degli specchi e riflette diverse realtà: geografica, urbanistica, economica, sociale, culturale e storica… e anche inconscia. La famiglia non può prescindere dalla realtà con cui interagisce, da dove proviene, altrimenti avremo solo famiglie “ideali” o semplicemente felici, un po’ da  Mulino Bianco, ma poco reali e credibili… e anche i romanzi ne risentirebbero.  E come per i romanzi di qualsiasi genere, la costruzione di una qualsiasi legge sulla famiglia non dovrebbe trascurare questi aspetti profondamente realistici e forieri di verità.

Come spiegano gli avvocati Simeone e Bernardini de Pace, perché una legge possa considerarsi opportuna ed essere applicata in modo convincente dai cittadini e dai giudici, deve poggiare su premesse indispensabili: la conoscenza della concreta realtà sociale da regolamentare, l’obiettivo, anche ideale, che si intende raggiungere, la coerenza della norma ai principi ispiratori.

Secondo gli Autori il principio ispiratore della 54/2006 è buono, ma sarà applicabile tra due generazioni di genitori. Quando cioè questa legge sarà assimilata nella coscienza sociale. Allora, può darsi, i genitori cominceranno sin dalla nascita a condividere tutto: allattamento, notti in bianco, cambi di pannolini, assistenza nei compiti, preparazione del cibo, accudimento nella malattia, accompagnamento a scuola, ai corsi e alle visite mediche. I padri sfrutteranno finalmente i congedi di paternità, finora pochissimo conosciuti e utilizzati, e correranno consapevolmente i rischi di interruzione di carriera, così come fanno le mamme (Figli condivisi, 2006, Sperling & Kupfer Editori, Milano).

Immaginiamo cosa sarebbe accaduto se Patrick non avesse usufruito del congedo: Erica difficilmente avrebbe trovato il tempo di scoprire alcune parti del suo passato dimenticate in soffitta… e noi lettori saremmo stati privati di una trama mozzafiato, che vede nell’intreccio di alcune vicende familiari la chiave di un’importante indagine.

Qual è, invece, la realtà storica e sociale della famiglia italiana?

Nel 1987 in Italia è stato fatto un balzo in avanti in materia di separazioni e divorzi. Infatti, il giudice aveva la facoltà di scegliere tra affidamento esclusivo, congiunto e alternato. I primi anni dell’applicazione della norma hanno segnato, tuttavia, un sostanziale fallimento dell’affidamento congiunto. Nel 1994, infatti, solo l’1,1% dei minori era affidato a entrambi i genitori. Questo non perché i giudici non applicassero mai questa formula. La verità, come spiega Bernardini de Pace, è che mogli e mariti non prendevano neppure in considerazione l’ipotesi dell’affido congiunto o dell’affido alternato. Così come moltissimi padri non si sognavano neppure di valutare e tantomeno di pretendere l’affidamento esclusivo dei minori, giustificando così l’altissima percentuale di affidamenti alle donne. Quindi, il lamento di molti chiassosi padri era paradossalmente ingiustificato, visto che i figli erano lasciati alle madri semplicemente perché gli uomini non chiedevano di essere il genitore di riferimento, dal momento che di fatto non vi avevano provato neppure durante la convivenza precedente.

Esattamente il contrario di ciò che accade a Patrick, che si ritrova ad essere momentaneamente l’unico genitore di riferimento durante il matrimonio, e non stiamo parlando di un padre ideale, come pure Erica non è una moglie e una madre perfetta. Patrick, infatti, vive una sorta di tormento interiore dal momento che cerca maldestramente di conciliare il suo congedo di paternità, con il desiderio di partecipare alle indagini di un caso di omicidio, che vedono coinvolta, indirettamente, pure Erica, la quale s’immerge nelle pagine del diario della madre e nel drammatico passato di cui raccontano. Anche Erica deve affrontare la sua gelosia nei confronti dell’ex-moglie di Patrick, che è rimasta ad abitare nella loro stessa cittadina. Non può cancellare il passato del marito, come anche una certa rivalità nei confronti della suocera, che risulta piuttosto invadente (anche in Svezia!). Inoltre Patrick deve accettare la complessa situazione familiare della cognata, la zia di sua figlia, la quale deve conciliare la nuova famiglia composta da lei e dal compagno, con i figli avuti da precedenti matrimoni.

L’accettare e l’accogliere le umane e imperfette sfumature di ciascuno, senza ambiguità e inutili ipocrisie, permette loro di essere una vera famiglia. Sul  piano giuridico, questo si traduce in una quota ridotta di contenziosi ed esposti da parte dei rispettivi coniugi, se per caso un giorno tra Erica e Patrick dovesse finire.

In Italia, i fautori della nuova legge, come spiega l’avvocato Simeone, avevano spesso sostenuto che gli avvocati sarebbero stati contrari all’affido condiviso perché, una volta approvato, avrebbe condotto ad una drastica riduzione delle parcelle. E’ accaduto esattamente il contrario. Infatti, le nuove norme approvate dal Parlamento introducono almeno una mezza dozzina di cause di nuovo genere, moltiplicando le occasioni per ricorrere al Tribunale.

A 10 anni dall’approvazione della legge, sempre più spesso gli “addetti alle separazioni” (avvocati, giudici, assistenti sociali, psicologi e mediatori), si riuniscono per fare un bilancio dei risultati.

Per esempio, il 13 ottobre scorso, l’Associazione Movimento Genitori Separati ha organizzato un convegno presso la Camera dei Deputati, intitolato: “A dieci anni dalla legge 54/2006 sull’affido condiviso. L’importanza della coppia genitoriale dopo la separazione”.

Il primo dei grandi problemi è l’assenza di un confine ben definito tra coppia coniugale, intesa in senso emotivo, e coppia genitoriale.

In effetti, l’uomo e la donna vogliono interrompere la loro vita insieme per tanti motivi: il venir meno dell’amore, l’incompatibilità caratteriale, la scarsa voglia di assumersi le responsabilità familiari, i tradimenti, violenza, persino capricci e noia. Ma spesso, quando lasciano o, a maggior ragione sono lasciati, rimane in loro il sospetto che l’altro sia inadeguato come genitore, cosicché non è chiaro dove  finisce la coppia coniugale e inizi quella genitoriale. Di sicuro la mancata accettazione di una frattura coniugale non favorisce una sana collaborazione genitoriale, dopo la separazione.

Questa confusione aumenta notevolmente il ricorso ai tribunali, e come afferma il Dott. Michele Nardi (Sostituto Proc. Della Repubblica Tribunale di Roma), nel corso del convegno, a partire dalla data di approvazione delle 54/2006, sono aumentati i motivi di conflitto, che spesso prendono la forma di esposti penali di un genitore nei confronti dell’altro (si va dalla denuncia per trascuratezza del figlio a quella per abuso sessuale e, a volte, anche per stalking!).

Con la separazione, è vero, si smette di essere compagni, ma si dovrebbe continuare ad essere genitori. Questa è la via, non la regola, per creare uno spazio di decompressione emotiva tra i partner, da un lato, e per preservare il minore dal conflitto che si innesca tra genitori separati, dall’altro. Personalmente non amo parlare di “coppia conflittuale”, andando forse un po’ in controtendenza, quanto di dinamiche psicologiche e tormenti interiori che bloccano la persona all’interno della coppia, sia essa sposata o separata o divorziata. In altre parole, preferisco guardare la personalità del singolo, all’interno della coppia, piuttosto che la personalità della coppia.

Infatti, il conflitto diadico, di per sé, non è negativo, in quanto aiuta la persona a crescere, come nel caso di Patrick ed Erica. Alla fine si ritrovano più maturi e più solidi, perché hanno affrontato i loro conflitti personali e i loro limiti, insieme, evitando il conflitto di coppia, che altro non è, secondo me, che la “proiezione” dei propri problemi, dei propri tormenti, all’interno della coppia.

Per esempio, uno dei due partner può affermare di essere molto geloso perché l’altro è molto infedele, mentre l’infedele potrebbe dire esattamente il contrario, che cioè è la gelosia dell’altro a spingerlo verso l’infedeltà, mettendo in scena una rigida collusione. In realtà il geloso sta agendo le proprie angosce di separazione, delegando all’altro, infedele, i propri desideri di emancipazione, mentre l’infedele agisce questi desideri, ma rimuove le proprie angosce di separazione. Come si può vedere, i veri problemi partono dalla persona, non dalla coppia. Quest’ultima semmai sarebbe un pretesto per far emergere determinate criticità della persona.

Come sostiene Bernardini de Pace, se la legge 54/2006 è finalizzata a mediare i conflitti tra genitori separati, non può raggiungere tale obiettivo in modo coercitivo, “andate d’accordo per forza, altrimenti vi togliamo il figlio” (o la metà del figlio che è garantito dalla legge!). Oppure, aggiungo io: “coppia siete nati, coppia morirete”. In questo modo, i due genitori separati, pur di non perdere il figlio, perpetuano tra di loro la dinamica collusiva e patologica che li aveva indotti a interrompere la convivenza. Se l’uno è dominante e controllante, mentre l’altro dipendente, il meccanismo di potere continuerà a vincere; se l’uno era avaro e l’altro elemosinante, il disagio delle richieste insoddisfatte non potrà cessare; se l’uno era arido e l’altro è passionale, la doppia comunicazione emotiva continuerà a confondere il figlio.

In questo modo, ciascuno dei genitori combatterà sempre per avere “l’ultima parola”, in una escalation simmetrica dove si compete sempre di più per essere uguale all’altro, e il pensiero sociale dell’affidamento congiunto è visto come premio o riconoscimento di una fetta di potere, una sorta di doppio affidamento esclusivo, perpetuando l’ottica di Adamo ed Eva, e rischiando di riportare il diritto di famiglia indietro nel tempo.

A proposito di passato… cosa avrà mai scoperto Erica dai diari segreti della madre, scritti fra il 1942 e il 1944? Beh, questo non lo posso dire, per non svelare il finale, ma una cosa appare ovvia. All’epoca vigeva il codice fascista, in base al quale solo il padre aveva il potere/dovere di decidere della vita dei figli (la cosiddetta patria potestà), e la madre di Erica ne dovette subire le conseguenze, condizionando il suo modo di amare le figlie. Ora Erica può capire i motivi di certi atteggiamenti della madre, e anche i propri turbamenti, che potranno essere accolti da Patrick.

E noi cosa abbiamo capito fino ad oggi? Dobbiamo ancora accontentarci della pubblicità del Mulino Bianco?

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Annamaria Bernardini de Pace & Alessandro Simeone, Figli condivisi, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006.

Camilla Lackberg, Il bambino segreto, Marsilio Editore, 2013.

Paul Watzlawick e altri, Pragmatica della comunicazione umana, Casa Editrice Astrolabio, 1971.

Aurora Capogna

Ultimi articoli