“Università è dialogo nelle differenze” . «Prendere la vita come viene. Per imparare a vivere» “Integrazione: il modello è la Svezia”. Papa Francesco
Venerdì 17 febbraio alle ore dieci della mattina al rettorato di Roma tre sito in via ostiense 159 si è verificato un evento di immensa portata e importanza. Papa Francesco è venuto ha fare visita agli studenti e hai responsabili dell’Università di Roma tre. Per la prima volta il papà in tutta la storia delle università italiane è giunto a visitare un istituto universitario statale. I biglietti sono stati distribuiti solo a 300 degli studenti di Roma tre scelti fra rappresentanti e senatori accademici, tra le file riservate spiccano in primo piano il magnifico rettore Mario Panizza, che ha voluto estendere l’invito a tutti i rettori del Lazio. Poi la figura di monsignor Leuzzi il responsabile della cappellania universitaria e tutti gli alti dirigenti dell’Università Gianni Letta e la ministra dell’istruzione Fedeli. Ed il sindaco di san Giuseppe Iato.
1200 le sedie poste nel cortile del rettorato, luogo in cui si è svolto l’incontro, ma altre tante destinate hai senza biglietto nelle aule e nei corridoi. Così ha esordito in mattinata Pabizza “Ci sentiamo onorati della sua visita, che arriva in occasione del nostro primo Giubileo: 25 anni di attività”. L’arrivo del papa è stato accolto con giubilo da tutti i ragazzi. Il rettore ha poi espresso il suo impegno e quello degli altri rettori nella lotta che stanno affrontando per ottenere un armonia tra le culture. Subito dopo una breve introduzione da parte del rettore la parola è stata data a quattro ragazzi universitari che hanno posto ciascuno una domanda a papa Francesco, “Ho ascoltato le vostre domande, le ho lette prima” ha esordito il papa suscitando l’ilarità dei presenti. “Le ho lette e ho scritto un discorso che consegnerò al Rettore, poi lo leggerete” ha aggiunto. “Ma prima vorrei rispondere spontaneamente perché mi piace così.”
Ecco le quattro domande:
1)Giulia: “Quali possono essere le medicine per contrastare le manifestazioni di un agire violento?”
“Giulia, tu hai parlato di violenza. I toni del linguaggio oggi sono saliti. Si insulta, si grida, a casa, per strada. C’è anche una violenza del parlare. La fretta, la celerità della vita ci fa violenti a casa. Dimentichiamo di dare il buongiorno. La violenza è un processo che ci fa ogni volta più anonimi. Ti toglie il nome. Anonimi uno verso gli altri. Ci sono tante medicine contro la violenza, ma la prima è il cuore. Il cuore che sa ricevere. Prima di discutere: dialogare. Con il dialogo si fa l’amicizia sociale. La violenza dei toni non è solo in famiglia, è anche in politica. “Apro il giornale e vedo che questo insulta quello… Si perde il senso della costruzione sociale, della convivenza sociale che si fa col dialogo. Per dialogare, primo: ascoltare. Continua poi papa Francesco “Dove non c’è dialogo c’è violenza. “Le guerre non cominciano là fuori, ma nel nostro cuore. Quando in casa invece di parlare si grida o si sgrida. Quando siamo a tavola e ognuno sta sul suo telefonino. “È quello il germe, l’inizio della guerra”. Continua poi affermando che: “L’università è il luogo dove si può dialogare, dove c’è posto per tutti. Un’università dove si va a scuola, si ascolta il professore e poi si va a casa non è un’università. Un’università deve avere questo lavoro artigianale del dialogo. La discussione, questo è importante”. Applauso. Francesco rincara: “Le università di élite, che sono generalmente cosiddette università ideologiche, dove ti insegnano questa linea soltanto di pensiero e ti preparano per fare un agente di questa ideologia, quella non è università. Dove non c’è dialogo, confronto, ascolto, rispetto, amicizia, la gioia del gioco non c’è università. Vado all’università per vivere la verità, la bontà, la bellezza. Ma questo si fa tutti insieme, è un cammino universitario che non finisce mai”. E per la gioia delle associazioni di ex alunni aggiunge: “È importante la presenza degli antichi alunni dell’università, perché i nuovi possano avere il dialogo con loro”. È la gioia di fare strada insieme.
2) Niccolò: “Qual è il valore e il significato di Roma per il suo vescovo, un Papa che viene dall’altra parte del mondo? E si può ancora parlare di communis patria.”
Ogni epoca è diversa dalle altre, osserva. Non viviamo i Tempi moderni di Charlie Chaplin, la nostra è un’epoca diversa. Dobbiamo prenderla come viene, senza paura. La vita è così”. Continua poi affermando che, “Dobbiamo cercare sempre l’unità. Mi piace parlare di una figura geometrica: il poliedro che è unità nella diversità. Quando si va per quella strada il livello culturale cresce perché è un dialogo continuo fra i diversi lati del poliedro. Credo che il pericolo di oggi sia concepire un’ unità, una globalizzazione, nella uniformità. Il punto è “abituarsi al dialogo. Tante volte una comunicazione così rapida, leggera, può diventare liquida, senza consistenza. Dobbiamo trasformare questa liquidità in concretezza e farne la parola chiave. Pensiamo all’economia. Un amico imprenditore, venuto dall’Argentina, mi raccontava che è andato a far visita a un altro imprenditore nel nord dell’America. E quello gli ha fatto vedere come faceva un’operazione di compravendita in dieci minuti con il computer, ha guadagnato 10mila dollari. Come si può pensare, chiede il Papa, che Paesi sviluppati abbiano una disoccupazione giovanile così forte? Non dirò i Paesi ma le cifre: 40% dei giovani sotto i 25 anni senza lavoro, 47% in un Paese vicino, un altro 50%, un altro quasi il 60%. Sto parlando dell’Europa. Questa liquidità dell’economia toglie la concretezza e la cultura del lavoro”. Applauso. “I giovani non sanno cosa fare. Girano. Li sfruttano qua e là. Fino ad arrivare alle dipendenze o al suicidio. Per risolvere i problemi economici, sociali anche culturali serve la concretezza.
3)Riccardo: “Stiamo vivendo un cambiamento d’epoca, per il quale è necessaria una coraggiosa rivoluzione culturale. In un mondo globalizzato, dove le informazioni sono veicolate per mezzo di social network, come possiamo prepararci a contribuire a un rinnovamento costruttivo della società?”
“ Come si devono ricevere i migranti? Come fratelli e sorelle umani. Sono uomini e donne come noi. Ogni Paese deve vedere quale numero è capace di accogliere e d’integrare, cioè fare in modo che imparino la lingua, abbiano un lavoro, un’abitazione. Questo è integrare. loro portano una cultura che è ricchezza per noi, loro ricevono la nostra: è questo uno scambio e questo toglie la paura. In Europa ci sono esempi di integrazione. La Svezia ad esempio ha ricevuto tanti migranti sudamericani. Gli svedesi sono 9 milioni, ricorda il Papa: di questi 890mila sono migranti o figli di migranti, integrati”. Francesco conclude: “Consegno al Rettore il discorso che avevo preparato, può servire per riflettere. E’ tutta un’altra cosa rispetto a questo, ma a me piace così. Vi ringrazio. Università vuol dire dialogo nelle differenze. E grazie tante”.
4) Nur, profuga siriana e giovane madre che dall’isola di Lesbo, insieme ad altri, fu portata a Roma sull’aereo del Papa. Nur chiede: “Chi proviene dalla Siria o dall’Iraq non minaccia la cultura cristiana dell’Europa?”
Le migrazioni? Una sfida per crescere.
“Nur ha parlato dell’identità cristiana dell’Europa. Ma io mi domando: quante invasioni ha avuto l’Europa? Voi sapete meglio di me. L’Europa è stata fatta artigianalmente così. Le migrazioni non sono un pericolo, sono una sfida per crescere”. Il Papa va con la memoria al viaggio a Lesbo: “Ricordo, quel giorno, ho sofferto tanto. Loro sono saliti sull’aereo prima di me. Un assistente di volo ha detto che dovevano scendere per salutare. Non volevano scendere! Avevano paura di rimanere lì. Continua poi “È importante, il problema dei migranti, perché c’è un fenomeno migratorio così forte, dall’Africa al Medio oriente verso l’Europa. Questo per la fame e la guerra. La soluzione ideale sarebbe la pace o fare investimenti in quei posti perché abbiano risorse per lavorare, invece è gente sfruttata. Non hanno lavoro perché sono stati sfruttati. Fuggono ma anche per arrivare in Europa sono sfruttati dai trafficanti di uomini e donne.
“Il Mare Nostrum oggi è un cimitero”. “Pensiamolo quando siamo da soli, come se fosse una preghiera”.
In dono alla chiusura al papà è stato dato l olio prodotto da Roma tre, lo stemma della facoltà e i prodotti delle terre di san Giuseppe Iatolo, territori che il rettore a tenuto a sottolineare sono stati anche con l aiuto dell’Università sottratti alla mafia. Quello che il papa ha voluto comunicare agli studenti e hai rappresentanti universitari in questo giorno è stato un messaggio di unità nella diversità, di dialogo che l’Università garantisce e che deve garantire, un dialogo che ha il compito di prevenire la violenza un messaggio di di solidarietà verso i giovani che hanno diritto al lavoro, dunque un messaggio di concretezza, nelle scelte economiche, sociali e culturali; l’integrazione, che scaccia le paure e che è la prima soluzione alla questione dei migranti.
Gloria Donati