22 Novembre, 2024
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Giornata mondiale dell’acqua

Il 22 Marzo si celebra la 25a edizione della giornata mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 nell’ambito delle direttive dell’Agenda 21 della conferenza di Rio sullo stato dell’ambiente: i Paesi aderenti affermarono che le problematiche ambientali devono essere affrontate in maniera globale, e istituirono la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile per favorire l’attuazione del Piano d’Azione di Rio (Agenda 21) e degli altri accordi internazionali.

L’acqua potabile, la sua carenza sempre più evidente a fronte di una domanda crescente – con le stragi di esseri umani, specialmente bambini, per sete e per fame – è stata una priorità. Da allora la sensibilità al tema è cresciuta costantemente, e oggi l’impegno anche in Italia è sulla difesa dell’acqua in quanto “bene comune”. I beni comuni sono beni a “titolarità diffusa”, non semplicemente “beni pubblici”, che soffrono di una situazione altamente critica, per problemi di scarsità e di depauperamento e per assoluta insufficienza delle garanzie giuridiche. La famosa “Commissione Rodotà” nel 2007 li ha definiti come <cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona>.

E nel 2011 la maggioranza assoluta degli elettori italiani, attraverso il voto referendario ha deciso per “l’acqua pubblica”, non assoggettata alle regole di mercato, gestita da organismi pubblici senza che sia riconosciuta nella tariffa una quota per la redditività dei capitali impiegati: questo perchè l’acqua è, appunto, un bene comune a cui tutti i cittadini devono poter accedere in quantità e qualità adeguate.

Eppure in Italia, secondo una recente indagine dell’Istat, circa il 30% delle famiglie italiane non “si fida” a bere l’acqua del rubinetto, con un conseguente uso abnorme di acqua minerale, e i governi che si sono succeduti dal 2011 si sono distinti nel violare la volontà popolare puntando con vari strumenti alla definitiva privatizzazione dell’acqua piuttosto che alla pubblicizzazione delle gestioni privatistiche esistenti. Gli ultimi tentativi, dalle misure legislative per la privatizzazione dei servizi alla riforma istituzionale, fortunatamente sono stati almeno temporaneamente bloccati.

Oggi, dunque, l’acqua è un bene sempre più a rischio, a livello globale e locale: per l’aumento della temperatura dell’atmosfera terrestre con i conseguenti cambiamenti climatici, per l’interesse sempre più aggressivo delle grosse realtà finanziarie multinazionali al “business dell’acqua, per il suo sfruttamento sempre più irrazionale, per le guerre che si scatenano per il controllo dell’acqua, per la spinta alle privatizzazioni che si registra in Europa e in Italia.

Tutto questo contribuisce a riempire di significato la ricorrenza del 22 Marzo: nel nostro Paese, dove l’insieme di diversi provvedimenti approvati negli ultimi anni ha messo in moto un meccanismo per cui, attraverso processi di aggregazione e fusione, i quattro colossi multiutility attuali – A2A, Iren, Hera e Acea – già collocati in Borsa, potranno inglobare tutte le società di gestione dei servizi idrici, ambientali ed energetici, con l’aggiunta dell’Acquedotto Pugliese, il più grande d’Europa, che si sta tentando di privatizzare.
E se si analizzano i bilanci di queste 4 grandi multiutility, a cui si vorrebbe affidare la gestione dell’acqua su tutto il territorio nazionale, risulta chiaramente come la loro vocazione non è produrre servizi pubblici, ma distribuire dividendi ai soci.

Occorre rispettare la volontà popolare pubblicizzando la gestione dell’acqua, anche seguendo l’esempio di chi nel passato aveva puntato alla gestione privatistica come Francia e Inghilterra.
Ma la ricorrenza del 22 marzo assume una valenza particolare anche nella nostra regione e nel nostro territorio.

Il Lazio ha approvato, recependo una proposta del Forum dei movimenti per l’acqua, una legge che sancisce la gestione pubblica dell’acqua e supera il regime attuale incentrato sui cosiddetti ATO (Ambito Territoriale Ottimale) e sulla gestione unitaria all’interno di ciascun ATO: ad esempio, i Comuni della provincia di Roma, capitale compresa, fanno parte di ATO2 e la gestione dell’acqua “deve” essere affidata unitariamente alla società ACEA ATO2 detenuta per più del 95% da ACEA (società per il 49% privata); pochissimi comuni (da noi Anguillara e Canale Monterano) hanno voluto mantenere in proprio il servizio: su di essi incombono intimazioni di ACEA con minacce di deferimento alla Corte dei conti.

Ebbene, la nuova legge regionale prevede che la gestione, pubblica, debba essere garantita tenendo conto dei confini dei bacini idrografici, e introduce quindi i cosiddetti Ambiti di Bacino Idrografico (ABI). Il cambiamento è radicale: perché la gestione deve essere pubblica, deve essere unitaria all’interno dei vari ABI – e non degli ATO, che di fatto coincidono con le Provincie – con ciò superando il monopolio attuale di ACEA; perché è rafforzato il ruolo decisionale dei singoli Comuni; perché è prevista la partecipazione dei cittadini alle scelte.
Purtroppo, però, non si è proceduto alla definizione degli ambiti di bacino idrografici e la legge è bloccata.

Vogliamo che questa giornata del 22 Marzo sia, per la Giunta ed il Consiglio regionale del Lazio, l’occasione per dare finalmente attuazione alla legge sull’acqua. Sarebbe un gran bel risultato per parecchi milioni di persone, un esempio virtuoso per l’intero Paese, l’inizio forse di una svolta netta rispetto alle politiche degli ultimi vent’anni che hanno fatto dell’acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione provocando una peggiore qualità del servizio, minore economicità e minori investimenti.

Sarebbe un gran bel risultato anche per il territorio sabatino, che vive il dramma ambientale – e di una popolazione che si sente attaccata nella sua identità – di un lago le cui acque sono depredate da ACEA con conseguenze forse già irreversibili, e rischia di soccombere definitivamente ritrovandosi con ACEA a gestire l’acqua di tutti i Comuni.

Giuseppe Girardi

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