Il quadro delle responsabilità e dell’assunzione di scelte adeguate per risolvere la crisi del lago di Bracciano è molto chiaro: da un lato il Comune di Roma, che con tutta evidenza è il principale sostenitore delle politiche di ACEA ed in particolare della volontà – dissennata e contraria ad ogni logica di sviluppo sostenibile – di continuare a prelevare ingenti quantità di acqua dal lago di Bracciano; dall’altro la Regione Lazio che, pure avendo approvato – unica in Italia – una legge in linea con l’esito referendario del 2011 per la gestione pubblica dell’acqua, ancora non è in grado di applicarla per evidenti dissidi interni alla maggioranza del presidente Zingaretti riguardo alla definizione degli Ambiti di Bacino Ottimale, che consentiranno di modificare radicalmente i criteri di gestione dell’acqua mettendo fine al potere monopolistico di tipo privatistico di ACEA.
Oggi, però, la palla sta nelle mani della Regione Lazio, che con le decisioni che si appresta a prendere nel mese di settembre può anche condizionare ed indirizzare le scelte del Comune di Roma.
Nella vicenda del lago di Bracciano la Regione ha tentato ogni strada per individuare azioni condivise – con il Comune di Roma, ACEA e associazioni – volte a bloccare la crisi ecologica del lago prossima a diventare vera e propria catastrofe senza ritorno: di fronte alle posizioni rigide di ACEA, ed evidentemente al prevalere di altri interessi, decretò in un primo momento lo stop delle captazioni, nonostante la campagna di terrorismo mediatico centrata sulla ineluttabile conseguenza di lasciare senza acqua un milione e mezzo di romani; successivamente, evidentemente tenendo conto di pressioni governative e di probabili criticità per l’approvvigionamento di acqua ad ospedali e vigili del fuoco, mutò quella decisione prevedendo la possibilità di continuare a captare ma con intensità gradualmente decrescente, fino a 200 litri al secondo per arrivare allo stop a settembre. Anche su questa ultima decisione la Sindaca Raggi ha presentato ricorso che è stato nella sostanza accolto, consentendo ad ACEA di continuare a prelevare 400 litri al secondo senza limiti di tempo. La Regione piò insistere su questa strada, anche se in realtà i tempi per un eventuale stop completo si allungano. Rimane alla Regione un’unica via, quella giudicata sin dall’inizio la via maestra dal Forum dei movimenti per l’acqua e dal comitato locale per l’acqua pubblica: attuazione della legge regionale n.5/2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque” con l’approvazione degli Ambiti di Bacino Idrografico (ABI).
La via è decisamente in discesa, avendo il Consiglio regionale recentemente (prima della chiusura estiva) approvato la proposta di legge regionale n. 381 del 24 aprile 2017, “Disposizioni concernenti misure integrative, correttive e di coordinamento in materia di finanza pubblica regionale”, il cosiddetto “collegato al bilancio”, che accoglie un emendamento dei consiglieri del gruppo “Insieme per il Lazio” Gino De Paolis, Marta Bonafoni, Rosa Giancola, Daniela Bianchi e Riccardo Agostini con cui viene demandato ad un atto amministrativo la definizione degli Ambiti di Bacino Idrografico; è stato anche approvato un Odg che impegna il Presidente e la Giunta, entro e non oltre 60 giorni dall’approvazione di quella Legge, a predisporre tutti gli atti necessari all’approvazione della Convenzione di cooperazione tipo, regolante i rapporti tra i Comuni ricadenti in ogni Ambito di Bacino Idrografico, che l’Aula discuterà alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva.
E’ un atto importante e decisivo, che ci auguriamo consenta di chiudere in tempi brevissimi l’iter attuativo della legge sull’acqua pubblica, punto nodale per la riforma di tutto il sistema con la fine del monopolio di ACEA, condizione indispensabile per la difesa del lago di Bracciano.
E’ una vicenda esemplare, che getta via alcune maschere svelando ambiguità e bugie, ma che ci consegna la consapevolezza di quanto sia stato, e continuerà ad essere, importante realizzare una grande unità di intenti fra le Istituzioni locali (Comuni e Parco) indipendentemente da appartenenze politiche, fra varie associazioni e cittadini, in una battaglia comune per la difesa di un bene del territorio, nella consapevolezza ormai piena che la gestione dell’acqua non possa essere lasciata nelle mani di una Società per azioni, specialmente se con forti azionisti privati, e ancor più se di dimensioni nazionali e oltre.
Giuseppe Girardi
CdA dell’Associazione
L’agone nuovo