di Marco Feole
Nella sezione “Giornate degli autori” della 74ima edizione del Festival del Cinema di Venezia, c’era anche un film che avrebbe meritato molto più risalto e riscontro di pubblico rispetto a quello che ha avuto. Questo è L’equilibrio di Vincenzo Marra. Un film nel pieno stile del suo regista, diretto e chiaro, su uno degli argomenti più difficili nell’Italia cattolica. Il ruolo della Chiesa con la malavita organizzata.
Siamo a Roma, e Don Giuseppe chiede di esser trasferito nel suo paese di origine, in Campania. La sua richiesta viene accettata, e andrà a sostituire Don Antonio, il parroco di un paesino molto apprezzato dai suoi fedeli e circondato da suor Antonietta suo braccio destro e Assunta, una donna giovane ma che nasconde un gran segreto. Il “nuovo” Don Giuseppe, appena arrivato si scontrerà con queste personalità, e una certa ostilità nei suoi confronti. Sin da subito infatti dovrà decidere se lasciarsi coinvolgere da quell’ambiente e dai vari problemi, oppure tapparsi occhi e orecchie e fare finta di nulla. Esattamente come gli consigliano di fare coloro che si aggirano tra i vari piani della malavita locale.
Don Giuseppe ha il volto di Mimmo Borrelli, un personaggio che non arretra seppur cosciente dei rischi che corre. Non un passo un dietro, ma non senza mostrare le proprie debolezze. Marra mostra le sue paure, ma con altrettanta schiettezza e umanità la sua volontà di esserci, a differenza del grande assente in questi contesti. Lo Stato.
Pienamente nel suo stile come detto, Marra con lucidità racconta un mondo in cui, chi non vuole mai far finta di niente è solo un pazzo con le ore contate. Colui che non ha intenzione di mantenere quell’equilibrio a cui il titolo fa riferimento, ovvero quello che permette soprattutto in Italia di voltare testa e spalle, davanti alle proprie responsabilità. E lo fa raccontandolo non senza far percepire allo spettatore il proprio dolore in tutto questo.
Un film, che ha decisamente anche incassato al botteghino molto meno di quello che realmente meritasse. Un tema non semplice e magari non uno dei più attraenti al grande pubblico è vero, ma una realtà raccontata con fermezza, e in maniera necessaria. Un film che fa tutt’altro, che girare la testa dall’altra parte.