di Marco Feole
Chiudiamo oggi la nostra prima parte, quella dedicata all’edizione 74 del Festival del Cinema di Venezia. E lo facciamo con quello che secondo me è in assoluto per distacco il miglior film di quella edizione. Il miglior film di quell’anno. E senza ombra di dubbio la sceneggiatura da Oscar, poi clamorosamente scippata, di quell’anno.
Martin McDonagh scrive e dirige il suo quarto film, e insieme a “In Bruges” (stupendo! Ti verrebbe voglia di andare in Belgio ora solo a ripensarlo), questo è sicuramente uno dei suoi migliori. Anzi, il migliore!
C’è una madre in cerca di giustizia, e vista cosi, non sembrerebbe esserci nulla di nuovo, nemmeno il titolo aiuta forse ad invogliare troppo lo spettatore, poi però ti siedi, il film inizia, e ci vuole poco a capire che siamo davanti ad uno dei migliori film dell’anno!
Mildred ha perso una figlia, vittima di stupro e assassinio da parte di ignoti, Bill è lo sceriffo della città, padre esemplare, malato terminale e amato da tutti. Mildred vuole giustizia per la figlia, e accusa la polizia di non aver svolto pienamente il proprio dovere. Decide quindi di appendere tre enormi manifesti d’accusa, in modo da scatenare una reazione nella polizia e in tutta la città.
Su questo si svilupperà la narrativa del film, un dramma moderno e decisamente attuale, con il personaggio principale interpretato da un incredibile Frances McDormand (durissima nell’aspetto tra taglio dei capelli e tuta blu da lavoro), che sarà la colonna portante dell’intera pellicola, in cerca appunto di giustizia anche oltre i limiti della legge. Un dramma si, ma un capolavoro di sceneggiatura che riesce ad unire il tono teso e violento con umorismo sarcastico e brillante (accompagnato da una stupenda scelta musicale), il tutto raccontato da una recitazione generale che raggiunge picchi assoluti! Sì perché se come detto c’è un incredibile Frances McDormand alla quale le basta alzare un sopracciglio per vincere l’Oscar, ce un cast allucinante, come Woody Harrelson che ancora una volta, se c’era bisogno ulteriormente, dimostra a tutti che diavolo di Attore è, e non sono da meno Sam Rockwell e “l’enorme” Peter Dinklage. Sensazionali!
Per quasi tutta la durata del film i vari personaggi sono talmente surreali nel loro modo di essere, che fatichi a comprendere il filo logico, ammesso che debba esserci. Nei tratti, anche per questo, c’è molto dei fratelli Coen, di Tarantino, del loro Cinema, ma McDonagh ha il merito di scrivere il suo film, con le sue caratteristiche ben precise e con un carattere enormemente chiaro. Fregandosene altamente del politicamente corretto, con la capacità di sorprenderti e riempirti di dubbi, lasciandoti quella sensazione di riflessione alla fine che solo il grande Cinema può fare.
Ha impressionato Venezia e probabilmente sfiorato la vittoria, ha trionfato ai Golden Globe e vinco agli Oscar, tranne quella maledetta enorme sceneggiatura e miglior film che gli hanno ingiustamente tolto. Le aspettative erano enormi e il risultato a parer mio è straordinario.
Non sarà una statuetta però a dire il contrario. Tre manifesti a Ebbing, Missouri è il miglior film di quell’anno, su tutti gli aspetti. Uno su tutti però. La sceneggiatura è tutta la potenza di questo film, ed è monumentale!