26 Dicembre, 2024
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Road to Venezia 76 – uscita 27 – FIRST MAN Damien Chazelle

di Marco Feole

In concorso a Venezia 75 il terzo film di Damien Chazelle, il biopic su Neil Armstrong. Nell’anno in cui si ricordano i 50 anni dallo sbarco sulla Luna, parliamo di First man – Il primo uomo.

Dopo la bellezza di “Whiplash” e il capolavoro “La La Land” (chi ama il Cinema davvero non può non amare La La Land), il giovanissimo regista statunitense torna sul grande schermo e lo fa mischiando diversi generi cinematografici, senza tradire però le basi principali del suo Cinema.

Neil Armstrong, aviatore americano e ingegnere aereonautico, spinto dalla morte prematura di sua figlia partecipa al programma Gemini, un programma di volo umano da parte degli Stati Uniti con lo scopo di sviluppare tecniche atte ad affrontare viaggi spaziali avanzati. Neil diventa il primo civile a volare nello spazio, ma è sulla Terra la missione più complicata. Tra problemi tecnici, lutti tra decolli e atterraggi, una guerra in Vietnam, il 68’ e due figli da crescere, Armstrong si prenderà quel sogno chiamato Luna.

Il sogno al centro di tutto, com’era per “La La Land” e quella nostalgia che respiravi, oppure quell’ossessione per la ricerca della perfezione di “Whiplash”, c’è ancora tutto questo in First man anche difficile che possa sembrare. Un sogno può avere mille volti, mille forme, ma sempre un prezzo da pagare, un sacrificio da compiere.

 

Il Primo Uomo riesce ad essere un melodramma mischiato al thriller, un racconto di equilibrio. Desideri tanto grandi e apparentemente irraggiungibili contrapposti a perdite difficili da digerire. Il film di Chazelle punta alla Luna tenendo però piedi, testa e occhi alla Terra.

Dentro un grandissimo montaggio sonoro che meritava l’Oscar, un prima parte forse allungata troppo in maniera estenuante ma una seconda ricca e coinvolgente, First man parla di un uomo più che di un’impresa. Mostra il punto di vista di chi guarda avanti, del suo sacrificio e la fatica per affrontare una sfida. Lascia agli altri la domanda se ne vale la pena, perché gli appassionati e nostalgici inconsolabili già sanno la risposta.

L’interesse sull’impresa di uno sbarco sulla Luna lasciato sullo sfondo, in secondo piano. Esalta invece la necessità di mostrare una società e un paese, quell’America bisognosa di voler andare oltre, oggi sempre più lontana. L’influenza di Kubrick inevitabilmente quando “si va lassù” è palese, ma Chazelle non tradisce mai il suo stile, inconfondibile e pieno di talento. Un film che forse ha diviso e non convinto del tutto, ma che metterà d’accordo tutti col passare del tempo, quando tutti ne capiranno l’importanza.

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