«Butteve giù dal balcone… fasè meio!», scrive Massimo Asquini, assessore leghista alla Sicurezza di Monfalcone, ex poliziotto, guarito dal coronavirus. Un invito al suicidio rivolto agli italiani intenzionati a partecipare al flashmob casalingo organizzato per il 25 Aprile dall’Anpi. «Partigiani: ieri assassini infami, oggi infami assassini», ringhia Frank Robusto, striscione di CasaPound nella foto profilo Twitter. Poi c’è Vincenzo Laus, cuore nero salernitano. Un’aquila, la mano tesa nel saluto fascista: «Il 25 Aprile è il giorno in cui i vili si proclamarono eroi». Il giorno dei «partigiani scimmie», per dirla con l’ultrà veronese “Hellas Army”, un odiatore che sui social marchia i post non graditi con la stella di David e nello stato ha la scritta hitleriana Gott mit uns. Le parole d’ordine sgorgano dalle rocce melmose della Rete: provocare, boicottare, contestare. O comunque celebrare in modalità contraria. Provare a avvelenare il pozzo della storia.
Lo stanno facendo da giorni capi e capetti della destra. Amministratori, militanti, web-bastonatori, orde di haters alimentati dalle chat e dalla stampa sovranista, che copre le spalle. Un nuovo fronte di estremisti e oscurantisti irrompe spaziando dalla pura propaganda nazionalista agli attacchi più virulenti. Così, dentro e fuori i social, schiuma la rabbia contro il 25 Aprile. Che nel lessico degli agitatori del manganello non è la festa della libertà. Ma «dei morti», dei «traditori». In mezzo, in piena tempesta coronavirus, si apre la crepa della sconsacrazione, il buco nero dell’odio. Obiettivo: infangare la festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Cavalcando il momento più delicato attraversato dall’Italia dal dopoguerra. Come? Anzitutto cercando di impallinare il brano-simbolo del 25 Aprile, il canto dei partigiani. Quello che per i fascisti, in fondo, «finisce bene…», anzi «benissimo», perché alla fine «il partigiano muore».
L’operazione Bella Ciao dell’ultradestra è iniziata con buon anticipo. Il fatto che tra quattro giorni, causa Covid-19, non ci saranno manifestazioni fisiche ma solo virtuali, ha acceso la pancia sovranista. Gli istinti delle formazioni identitarie e nostalgiche si sono allineati in assetto da carica. «Vogliono farci cantare Bella Ciao dai balconi. E noi invece scenderemo per strada con la bandiera italiana a suonare». L’invito, dopo giorni di riscaldamento nei quali gli incravattati FdI insieme con animatori di residuali fanzine fascio-patriottiche hanno lanciato l’idea di dedicare il 25 Aprile alle vittime del Covid e di sostituire Bella Ciao con la Canzone del Piave, è arrivato via Telegram dal sedicente movimento “Noi siamo il popolo!”. Un minestrone di fascisti, populisti no vax, integralisti cattolici, trumpiani nostrani e accelerazionisti (i razzisti che vorrebbero la diffusione massiccia del virus tra gli immigrati). Pronti a prendere in mano megafoni, pentole e fischietti per ribellarsi — proprio nel giorno della festa della Liberazione — alle «norme vessatorie» del «regime dittatoriale mascherato da lockdown» imposto dal «presidente del consiglio Conte, non eletto e scelto abusivamente».
La catena ha già superato le 20 mila adesioni, oltre 3 mila in Lombardia. Se il lancio è virtuale, l’atterraggio potrebbe essere reale. A Torino e a Napoli sabato polizia e carabinieri hanno spento sul nascere i primi tentativi di protesta. Le “piazze tricolori” verranno comunicate il 24 aprile, alla vigilia. Ma c’è un partito che ci ha già messo il cappello: Forza Nuova. Dopo aver provato a forzare il blocco pasquale in nome del diritto cristiano (una battaglia anche di Matteo Salvini), Roberto Fiore e i suoi colonnelli — capi ultrà pregiudicati, delinquenti condannati per truffa ai danni del sistema sanitario nazionale come il ras romano Giuliano Castellino — , vanno all’assalto del giorno simbolo della Resistenza. Lo scherma che ripropongono è il modello Verona: camicie brune, associazioni sovraniste, integralisti cattolici e pasdaràn antivaccino. L’obiettivo è coagulare le «forze del popolo». E proporre un “25 Aprile nero”.
Il Viminale guarda con attenzione a ciò che si sta muovendo. Il timore, lo ha detto la ministra Luciana Lamorgese, è il rischio di una deriva legata anche all’azione di gruppi estremisti. Ragiona con Repubblica il viceministro dell’Interno, Matteo Mauri: «I nostalgici delle marce su Roma e dei salti nel cerchio di fuoco provano a approfittare della situazione di difficoltà del Paese per riproporre le loro idee deliranti. A partire dall’abolizione del 25 Aprile come Festa della Liberazione o chiamando tutti in strada con pentole e fischietti contro lo Stato. Purtroppo per loro lo Stato c’è, e non starà a guardare».
Sfide. Proclami. Chiamata in piazza quando in piazza nessuno ci può andare. La tecnica usata dall’estrema destra per logorare la tradizione dell’anniversario della Liberazione dalla dittatura è la stessa adottata in questo periodo in altri Paesi. Stressare il disagio della gente. Strumentalizzare la quarantena per scopi politici. Gli esempi nel mondo non mancano: dalle manifestazioni armate negli Usa, alla partecipazione del presidente brasiliano Jair Bolsonaro che ha aizzato un corteo dove si chiedeva il golpe militare e la chiusura del parlamento. In Italia provano a recidere la radice della democrazia. Perché, come twitta tal Jimmy Becchetti, «voi partigiani siete i nemici degli italiani e amici dei marocchini nigeriani che spacciano e dei romeni che ti vengono in casa di notte. Ora e sempre boia chi molla».