(Repubblica) – Tornano a salire un po’ le vittime (333), decrescono le persone attualmente malate (-290), un po’ più alto il rapporto di casi positivi rispetto al numero di tamponi eseguiti (pochi). Ma per la prima volta dal 16 marzo le persone in terapia intensiva scendono sotto le 2.000, e si sono dimezzate rispetto al 3 aprile, il picco più alto di posti letto occupati (4.068). Ci sono altri tre numeri confortanti. La crescita in percentuale più bassa dei positivi: +0,9%. Quindi la più alta discesa di sempre del numero dei ricoverati con sintomi (-1.019) e il più alto rapporto tra tamponi fatti e positivi trovati: è di 10, quando ancora il 15 aprile era del 6,8.
Per sottolineare come è cambiata la situazione dell’epidemia, al di là dei numeri assoluti che spiegano solo fino a un certo punto, è indicativo confrontare la situezione del 16 marzo con quella di questo 27 aprile.
Le 1.851 persone ricoverate in terapia intensiva il 16 marzo rappresentavano l’8% dei malati in quel momento: quasi 1 su 10 finiva in terapia intensiva. Oggi in terapia intensiva ci sono meno del 2% dei malati. Sintomo che la situazione del sistema sanitario è più sotto controllo, che le terapie che si sono messe a punto sono più efficaci e che la malattia viene scoperta e trattata prima, evitando di degenerare. Se oggi avessimo l’8% dei malati in terapia intensiva, sarebbero oltre ottomila persone, un livello non sostenibile per la sanità italiana.
La stessa proporzione può essere fatta con i ricoverati non in terapia intensiva. Oggi sono il 20% (più di 20mila) del totale dei positivi, il 16 marzo erano il 50% (circa 13mila).