(Ansa) L‘Acropoli riaprirà al pubblico il 18 maggio. Uno scorcio di speranza per la Grecia che arriva il giorno dopo la notizia più catastrofica possibile per l’economia greca: ai primi accenni di ripresa dopo gli anni della Troika, dei tagli orizzontali alla spesa pubblica e di una disoccupazione che era arrivata a superare il 27%, sul Pil del Paese in cui nacque la democrazia, il Covid-19 si è abbattuto come un uragano apocalittico.
Stando alle stime della Commissione Ue, lo “choc da pandemia” farà crollare il Pil greco del 9,7%, assegnandole – questa volta senza alcuna colpa – la maglia nera all’interno dell’Unione europea. Seguita, in questa classifica all’incontrario, dall’Italia, che lascerà sul terreno il 9,5%.
Il paradosso è che di per sè il virus ha lasciato la Grecia quasi indenne: attualmente si calcolano in tutto 2663 casi di contagi e 147 vittime. Doveva essere un buon anno, il 2020. “Spezziamo il circuito diabolico e trasformiamo questo Paese in una storia di successo”, aveva detto nel suo discorso di capodanno il premier greco Kyriakos Mitsotakis, promettendo “crescita per tutti”, grazie ad una previsione di crescita del Pil pari al 2,8%.
Ma poi è arrivata la pandemia: la decisione di chiudere negozi, ristoranti e scuole è arrivata ancor prima che in altri Paesi d’Europa. E soprattutto è stato il turismo a bloccarsi completamente: praticamente da un giorno all’altro.
Motore principale di crescita negli ultimi anni, il turismo rappresenta quasi il 20% del Pil greco, nonché un posto di lavoro su cinque. Molte regioni vivono quasi esclusivamente dell’arrivo degli stranieri, sulle spiagge delle Cicladi come su quelle del Peloponneso.
Ora gli aeroporti sono desolati, gli alberghi sono chiusi da metà marzo, la recessione inevitabile: la speranza era che la decrescita si fermasse al meno 2% in considerazione del progressivo alleggerimento dei lockdown negli altri Paesi europei.
E invece il presidente della federazione greca delle agenzie di viaggio, Apostolos Tsilidis, calcola in almeno 22 miliardi le perdite del settore; l’anno scorso ben 33 milioni di turisti internazionali avevano scelto la Grecia.
Non sfugge a nessuno che l’apocalisse (scritta dall’Evangelista Giovanni sull’isola di Patmos), questa volta targata corona, arriva quando i greci erano appena usciti da una recessione devastante, che a partire dal 2009 ha fatto perdere al Paese più di un quarto della sua forza economica, con i declassamenti di rating, gli sportelli bancari chiusi a partire dal 2015, la carenze di approvvigionamenti di farmaci, le condizionalità della Troika (Fmi, Ue e Bce), le violente proteste di piazza Syntagma, un taglio drammatico delle pensioni, la messa in mobilità decine di migliaia di dipendenti statali, le tassazioni straordinarie sugli immobili, gli stipendi medi ridotti di un terzo e i patrimoni del 40%. Non che la fine dei programmi di salvataggio (e di riforme) abbia risolto d’incanto tutti i problemi: il debito pubblico, calato a 169,3% del Pil, dovrebbe tornare a crescere.
La disoccupazione al 16,3% è ancora la più alta d’Europa, e rischia quest’anno di tornare a crescere. Si stima che solo a marzo sono andati già perduti circa 40 mila posti di lavoro. Inoltre, non ha un’occupazione un giovane su tre, con la conseguenza la popolazione greca cala ininterrottamente dal 2011, dato che aumenta in modo drastico il numero dei greci istruiti che scelgono di abbandonare il Paese.
Oggi la Grecia ha un tasso di natalità tra i più bassi del Vecchio Continente. La differenza rispetto all’eurocrisi, oggi, è la maggiore fiducia dei mercati nei confronti, anche se alcuni settori economici appaiono ancora fragili, mentre il governo ha già provveduto a mettere sul piatto circa 10 miliardi di euro in dilazioni fiscali, aiuti statali, sovvenzioni per il mercato del lavoro, per contenere l’impatto del coronavirus sull’economia. Due terzi di questo pacchetto arrivano dal bilancio greco, un terzo dall’Ue. Una somma che equivale al 5,3% del Pil del 2019. Non c’è il rischio, fanno sapere gli analisti, che il Paese rischi di nuovo il default, come all’apice della tempesta dell’eurocrisi: ci sono riserve per 32 miliardi di euro che fanno si’ che il Paese non difetti di possibilità di finanziamenti fino al 2023. Casomai gli analisti segnalano criticità nel settore bancario, con il rischio di un’ondata di crediti non riscuotibili, a cominciare da quelli emessi nel settore del turismo, appunto, nonostante un certo miglioramento della liquidità.
C’è da dire che un sostegno non indifferente arriva dalla Bce, che ha accettato di comprendere la Grecia nel suo nuovo bazooka, nonostante il suo rating di credito basso, tanto che potrebbe acquisire fino a 12 miliardi in titoli greci. In questo quadro, non sorprende che le principali misure intraprese dal governo Mitsotakis riguardino il turismo: “Riapriremo il primo luglio le porte all’estero”, ha detto il ministro di Stato Giorgios Gherapetritis di fronte al parlamento. Entro il 15 luglio saranno noti i dettagli, anche se prima di poter contare sull’arrivo dei turisti dovranno essere chiarite le misure igieniche sugli aerei. Dal 18, apriranno anche altri siti archeologici. Il 15 giugno toccherà ai musei riaprire le porte, sia pur nel rispetto di rigide limitazioni d’accesso e di distanza. I parrucchieri sono già frequentabili, cosi’ come i piccoli negozi. Il primo giugno sarà la volta di bar, taverne e cinema all’aperto. Il 18 maggio sarà la volta della ripresa delle lezioni scolastiche: lo stesso giorno dell’Acropoli.