24 Novembre, 2024
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Coronavirus, approvato il decreto di Bonafede per far tornare dentro i mafiosi

Una norma per il “tutti dentro“, scritta per sanare una situazione d’emergenza. Il governo ha approvato il decreto legge di Alfonso Bonafede che punta a far tornare in carcere i 376 mafiosi scarcerati nelle ultime settimane.

Sono tutti detenuti al 41 bis e nei regimi di Alta sicurezza che hanno ottenuto i domiciliari grazie all’emergenza sanitaria. La bozza del dl preparata nei giorni scorsi in via Arenula è finita sul tavolo del consiglio dei ministri poco dopo le 22 di sabato sera. Ed è arrivata l’approvazione. Una norma di quattro pagine e sette articoli che in pratica impone ai giudici di Sorveglianza di rivalutare in 15 giorni se sussistono ancora i motivi legati all’emergenza sanitaria. È sulla base del rischio contagio se i giudici hanno consentito gli arresti casalinghi a mafiosi, presunti boss, killer e spacciatori di droga. Ma non solo. Il decreto prevede anche nuove regole sui colloqui in carcere per prevenire il contagio del Covid-19. “Promuoviamo – ha detto il ministro – una sinergia, un gioco di squadra, perché saranno chiamati in causa l’autorità sanitaria e il dipartimento amministrazione penitenziaria, affinché diano ai giudici un quadro sulla disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato, o chi si trova in custodia cautelare, può riprendere la detenzione”.

Fonti di via Arenula confermano che il contenuto del dl è stato comunicato in via preliminare al Quirinale. Da più parti erano stati avanzati dubbi di costituzionalità, dopo l’annuncio del guardasigilli di tre giorni fa. Per questo motivo il presidente della Repubblica, non solo garante della Costituzione ma esperto costituzionalista a livello accademico, è stato informato preliminarmente.

Entro 15 giorni rivisti i motivi dell’ok ai domiciliari – Il dl modifica le norme relative alla concessione dei domiciliari e il differimento pena per i condannati per terrorismo, mafia e per tutti i reati che mirano ad agevolare le associazioni mafiose e per quelli che si trovano al 41 bis. Nel dettaglio gli articoli fondamentali sono tre. Il numero 2 prevede che il “magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati già sottoposti al regime di cui al predetto articolo 41-bisvaluta la permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall’adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile. La valutazione è effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria comunica la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena”. Tradotto vuol dire che il magistrato dovrà prima acquisire il parere del procuratore del luogo in cui è stato commesso il reato e del Procuratore nazionale antimafia. E poi valutare se ci sono ancora i presupposti per la detenzione domiciliare, cioè se sono cambiati i motivi legati all’emergenza sanitaria. La valutazione sarà fatta “immediatamente”, anche prima dei 15 giorni , nel caso in cui il Dap comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto. E questa valutazione andrà rivista ogni trenta giorni. Come fa il magistrato a sapere se sono mutate le condizioni dell’emergenza sanitaria? “Sente – si legge nel decreto – l’autorità sanitaria regionale, in persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale”. Il provvedimento con cui l’autorità giudiziaria revoca la detenzione domiciliare o il differimento della pena sarà immediatamente esecutivo”

Custodia cautelare, saranno i pm a chiedere il ripristino – Per gli imputati in custodia cautelare, invece, il decreto impone al pubblico ministero di chiedere “al giudice il ripristino della custodia cautelare in carcere, se reputa che permangono le originarie esigenze cautelari” quando “acquisisce elementi in ordine al sopravvenuto mutamento delle condizioni che hanno giustificato la sostituzione della misura cautelare o alla disponibilità di strutture penitenziare o reparti di medicina protetta adeguate alle condizioni di salute dell’imputato”. Insomma: nei prossimi giorni le procure ricorreranno ai tribunali di Sorveglianza per chiedere di rivedere la concessione dei domiciliari per molti imputati scarcerati nelle scorse settimane. Queste disposizioni non valgono solo per i detenuti scarcerati durante l’emergenza coronavirus, ma anche per gli altri. “Per i provvedimenti di cui al periodo precedente – disciplina il decreto – già emessi alla data di entrata in vigore del presente decreto il termine di quindici giorni decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Nelle carceri colloqui anche in presenza – Un altro articolo riguarda i colloqui dei detenuti coi familiari. “Al fine di consentire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie idonee a prevenire il rischio di diffusione del Covid-19 – si legge sempre nel decreto – negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni, a decorrere dal 19 maggio 2020 e sino alla data del 30 giugno 2020, i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati possono essere svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica”. Ma i colloqui potranno essere svolti anche in presenza. “Il direttore dell’istituto penitenziario e dell’istituto penale per minorenni – continua sempre il decreto – sentiti, rispettivamente, il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e il dirigente del centro per la giustizia minorile, nonché l’autorità sanitaria regionale in persona del Presidente della Giunta della Regione stabilisce, nei limiti di legge, il numero massimo di colloqui da svolgere con modalità in presenza, fermo il diritto dei condannati, internati e imputati ad almeno un colloquio al mese in presenza di almeno un congiunto o altra persona”.

Il ministro: “Provvedimento straordinario che mette ordine” – Alfonso Bonafede ha salutato l’approvazione del decreto ribadendo il suo impegno contro le mafie: “Con questi due decreti ribadiamo con fermezza quanto lo Stato sia impegnato nella lotta alla mafia”. E aggiunge: “Nessuno può pensare di approfittare dell’emergenza sanitaria determinata dal Coronavirus per uscire dal carcere. E’ un insulto alle vittime, ai loro familiari e a tutti i cittadini, che in questo momento stanno anche vivendo le tante difficoltà della pandemia”. E definisce questa norma uno strumento per mettere ordine: “I magistrati applicano le leggi e come sempre io rispetto la loro autonomia e indipendenza. Da stasera c’è una nuova norma che mette ordine alla situazione. In un momento così straordinario si stava andando avanti con vecchi strumenti. Ma in momenti straordinari, servono provvedimenti straordinari. La settimana scorsa abbiamo approvato un decreto che rende obbligatoria la richiesta del parere della direzione nazionale e delle direzioni distrettuali antimafia e antiterrorismo, prima di assegnare la detenzione domiciliare, e, stando ai dati di questa prima settimana, sta già dando i suoi frutti: abbiamo fermato l’emorragia. Oggi chiudiamo il cerchio”.

(Il Fatto Quotidiano)

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