24 Novembre, 2024
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Famiglia, scuola e sostenibilità. Quel che resta da costruire

Con il Decreto Rilancio il governo mette sul tavolo della crisi risorse complessive per 55 miliardi circa d’indebitamento che equivalgono a una vera e propria maxi-Finanziaria.

Un dilemma di partenza di questa Manovra per andare oltre il Covid-19 era come bilanciare l’esigenza di rispondere a un’emergenza (evitare la caduta in povertà di famiglie e la chiusura di imprese) con quella di indicare una strategia per il futuro.

La strategia, lo abbiamo ripetuto più volte su queste colonne, non può che essere quella di una ripresa resiliente e sostenibile che sappia combinare creazione di valore economico e lavoro con quel principio di generatività che è il primo cardine di soddisfazione e ricchezza di senso del vivere e con la riduzione dei rischi ambientali e pandemici. Questi ultimi, come abbiamo purtroppo scoperto a nostre spese, non sono divagazioni o fantasie di esperti un po’ fissati, ma eventi che possono produrre paralisi della nostra vita sociale e produttiva e che mettono sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie e di imprese.

La prima esigenza (rispondere all’emergenza) cerca di essere soddisfatta con gli interventi a tutela della persona e della famiglia (tra cui il reddito di emergenza, i congedi parentali e lo smart work per lavoratori con figli minori di 14 anni), per il lavoro (circa 25,6 miliardi complessivi tra Cassa integrazione; bonus autonomi e altre integrazioni salariali) e per le imprese (circa 15-16 miliardi – graduati per classe dimensionale – tra fondo perduto, aiuti alla ricapitalizzazione, cancellazione della rata Irap di giugno e aiuti a settori specifici più colpiti dalla crisi come quello del turismo e delle filiere agricole).

Con alcune misure presenti nel decreto, dopo aver provato a tappare la falla dell’emergenza, si prova anche a rispondere alla seconda esigenza di carattere strategico. L’ecobonus nel settore edilizio è già nel solco della ripresa resiliente e sostenibile perché mette assieme ripresa del settore edilizio, lavoro, sostenibilità ambientale e riduzione dei consumi delle famiglie. Gli incentivi alla mobilità sostenibile muovono nella stessa direzione.

Cosa manca e cosa resta di importante da fare per il futuro, per confermare la direzione di marcia? Senz’altro un’attenzione maggiore (ci aspettiamo da questo punto di vista risposte preziose dalla ‘task force’ del Ministero della Famiglia) al tema delle relazioni e della cura e la considerazione matematica elementare che il numero dei componenti del nucleo familiare va tenuto presente innanzitutto nelle politiche fiscali se veramente vogliamo dare una risposta alla crisi demografica e favorire le nuove generazioni. Anche la valorizzazione e la difesa del pluralismo scolastico è un’urgenza vera. C’è da evitare, scongiurando il collasso delle paritarie il rischio di un ‘fallimento di sistema’ e di un travaso che la scuola statale non sarebbe – e tanto più in questo momento – in grado di sostenere. Servono passi che sviluppino gli impegni già presi per asili e nidi.

Sul fronte della ‘ripresa resiliente’ sarà certo importante rinforzare l’attenzione al binomio innovazione-sostenibilità, aiutando il nostro sistema produttivo a imboccare con forza ed energia la via della creazione di valore sostenibile. Economia circolare e bioeconomia, innovazione e dematerializzazione- digitalizzazione devono essere le parole d’ordine del futuro attorno alle quali costruire una nuova versione delle politiche per Industria 4.0 e di dotazione di strumenti concreti per il Green New Deal. Una grande trasformazione di cui abbiamo bisogno e che non richiede necessariamente interventi pesanti dello Stato, ma incentivi intelligenti che premino investimenti e innovazione in questa direzione. Sono molte le risorse della finanza privata pronte a intervenire per sostenere questo cambiamento, ma l’intervento pubblico è fondamentale per ridurre i rischi imprenditoriali e regolamentari in questo settore e favorire lo sviluppo di quegli ecosistemi digitali che faranno da infrastruttura alla nuova fase dello sviluppo.

Sullo sfondo un traguardo e un sogno. Che l’Italia diventi una Repubblica fondata sulla capacità dei cittadini di essere ‘artefici’ del loro tempo, combinando sapientemente lavoro, formazione, cura interpersonale e tempo libero. Si tratta di costruire società egualmente produttive, ma meno esposte ai rischi di nuovi choc e più ricche di relazioni e di tempo. Non poco di quanto abbiamo vissuto in questi due mesi duri e straordinari ci dice che è possibile.

(Avvenire)

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