L’indagine condotta dalla comunità di Trastevere su circa 800 bambini di 44 scuole distribuite in 27 quartieri della città
Non solo hanno rinunciato alla socialità, agli amici e al contatto con gli insegnanti. Per il 61% degli studenti delle scuole primarie di Roma la didattica a distanza non è mai partita. Così riportano i dati che la comunità di Sant’Egidio ha raccolto su un campione di 800 famiglie con bambini dai 6 ai 10 anni, residenti in 27 quartieri della città, dal centro alla periferia, e iscritti a 44 diversi istituti. L’11% dichiara di aver fatto lezione on-line solo una volta a settimana per una, massimo 2 ore. Il 49% ha invece svolto lezione due volte a settimana, il 28% tre volte a settimana, il 9% quattro volte. Infine solo per il 2% i corsi sono stati attivi dal lunedì al venerdì.
Ma, anche per quel 61% di bambini tagliati fuori, non sono mancati i compiti. Assegnati senza ricevere alcuna spiegazione, con comunicazioni che hanno viaggiato sui registri elettronici o su WhatsApp. “È un problema grave in particolare laddove troviamo famiglie non in grado di supportare i propri figli nell’apprendimento”, spiega Marco Impagliazzo, presidente della comunità di Sant’Egidio che ha presentato i dati questa mattina in collegamento dalla sede di Trastevere. “Penso ad esempio alle famiglie straniere o ai bambini Rom, e a tutte quelle case in cui l’italiano non è la prima lingua – continua Impagliazzo- oppure alle famiglie che in casa non hanno computer o connessioni adeguate”.
Un problema che, nonostante i fondi erogati dal Governo per l’acquisto di device, continua a generare disuguaglianze. Dall’analisi di Sant’Egidio risulta che solo il 60% del campione è stato informato dalle scuole rispetto alla possibilità di poter richiedere, se necessari, tablet o computer. E solo il 5% li hanno ricevuti ad oggi. “Sono troppi i bambini che non hanno potuto godere del diritto allo studio -continua Impagliazzo- ormai ci troviamo davanti a studenti di serie A e studenti di serie B. E se non vengono prese delle importanti misure questo divario si allargherà inevitabilmente”.
Ed è proprio per venire incontro a bambini che risulteranno inevitabilmente penalizzati anche per l’anno scolastico 2020/2021, che la comunità lancia un appello. “Chiediamo a tutte le figure che lavorano nell’universo della scuola, dalle istituzioni ai docenti e ai dirigenti scolastici, passando per le cooperative e le associazioni che forniscono servizi, di attivare delle classi di recupero in estate per permettere ai bambini bisognosi di riavvicinanrsi alla scuola che gli è mancata”, dice Impagliazzo. Una forma di sostegno attivato “su base volontaria, che sia in grado di dare una risposta comune ai bambini vulnerabili, quelli con bisogni educativi speciali, o con disabilità”.
Dunque docenti e educatori, in grado di aiutare piccoli gruppi di bambini utilizzando “tutti gli spazi possibili, palestre e cortili nelle scuole ma anche altri spazi aperti, dalle parrocchie alle biblioteche o le ville comunali”. Un appello, quest’ultimo, che Impagliazzo indirizza alla sindaca Virginia Raggi.
E per la ripresa a settembre? Per la comunità di Sant’Egidio non ci sono dubbi: “Bisogna colmare questo gap, la scuola deve ritornare ad essere il luogo di cura ed attenzione dei bambini, che si sono dimostrati davvero resistenti in questo periodo, hanno aiutato le loro famiglie e hanno fatto importanti riflessioni sulla loro vita. Per questo crediamo che non solo la scuola a settembre dovrà riprendere in presenza, almeno quella primaria, ma saremmo favorevoli a una riapertura anticipata”.
(La Repubblica)