Tre miliardi alla compagnia, uno e mezzo all’educazione, nonostante il capitale umano sia uno dei motori della crescita
Il governo ha deciso di spendere altri 3 miliardi di euro per l’ennesimo salvataggio di Alitalia e solo un miliardo e mezzo per la scuola italiana.
Proviamo a metterci nei panni di un risparmiatore tedesco, che chiameremo signor Müller, al quale venga chiesto di aiutare l’Italia a finanziare la “ripartenza” dopo la pandemia.
Il suo timore è che il rapporto tra debito e pil in Italia sia avviato a crescere verso il 160 per cento e oltre, rendendo più probabile il rischio di default che per lui vorrebbe dire non rivedere i suoi risparmi.
Non ha bisogno di essere un economista per sapere che il capitale umano generato dalla scuola è uno dei motori della crescita proprio di quel prodotto interno lordo che sta al denominatore del rapporto debito/pil.
Sarebbe ben disposto a finanziare investimenti finalizzati a migliorare la scuola italiana oggi, perché farebbero crescere il pil domani riducendo il rischio di perdere i propri risparmi. E invece vede un paese che versa il doppio delle risorse previste per la scuola nel buco nero di Alitalia: un buco nero che di risorse ne ha già bruciate inutilmente una cifra astronomica: circa 15 miliardi di euro da quando l’azienda è entrata in crisi, secondo le stime più accreditate, ossia tra un quarto e un quinto della spesa pubblica annuale in istruzione dei bilanci più recenti.
Il signor Müller ha letto che gli insegnanti italiani sono pagati poco e quindi che è sempre più bassa la frazione di giovani di talento, soprattutto nelle materie scientifiche, che scelgono di dedicarsi all’insegnamento. Sa che la scuola italiana fa miracoli grazie a pochi professori eccezionali che la tengono ancora in piedi senza una ricompensa dignitosa, proprio come santi missionari. Ha visitato l’Italia e ha visto lo stato fatiscente di molti locali scolastici. Aule spesso anguste, nelle quali sarà difficile a settembre garantire una didattica efficace mantenendo le opportune distanze per ridurre i rischi di contagio con il Covid-19.
Si chiede quindi: perché i governi italiani di qualsiasi colore (tranne quello di Prodi e Padoa Schioppa del 2007-2008) abbiano preferito bruciare risorse per Alitalia invece che investirle nella scuola?
Per proteggere piloti, hostess e personale di terra che avrebbero facilmente ritrovato lavoro in altre compagnie aeree ben più efficienti di Alitalia? Per assistere persone che preferiscono l’ennesimo aiuto statale piuttosto che lavorare in aziende più efficienti? Anche altri paesi hanno sussidiato le loro compagnie aeree, ma quelle però funzionano relativamente bene a differenza di Alitalia.
Il signor Müller vede anche che gli italiani sono maggiormente interessati a discutere di quanto distanti debbano essere gli ombrelloni per poter fare le solite vacanze al mare invece che a cercare soluzioni per riaprire le scuole a settembre.
Scuole che in altri paesi europei stanno riaprendo in questi giorni o addirittura non hanno mai chiuso.
E allora non si stupisce di essere solo lui a farsi queste domande mentre la maggioranza degli italiani accetta senza batter ciglio l’ennesimo salvataggio di Alitalia, però i suoi risparmi preferisce metterli altrove. E si fa fatica a dargli torto.
(Andrea Ichino – Il Foglio)