Ringraziamo Riccardo Agresti, ormai noto ai nostri lettori, ma non solo, per questo suo bellissimo contributo.
Per quanto riguarda il funzionamento delle varie misure messe in atto dal governo,
personalmente sono rimasto stupito per la velocità con cui i fondi sono stati promessi, e poi messi a disposizione della scuola, fin dai giorni di marzo per aiutare gli studenti a frequentare la didattica a distanza. La scuola ha avuto, in confronto alle normali disponibilità, un “ritorno” significativo di materiali necessari per la didattica a distanza e per il rientro in sicurezza: ad esempio abbiamo potuto acquistare una ventina di portatili per i ragazzi, termo scanner eccetera.
Ma soprattutto c’è stato un “ritorno” culturale,
abbiamo avuto una diffusione mai vista di competenze informatiche fra i docenti ed il lavoro a distanza ha mostrato ai docenti alcune potenzialità, fermo restando la insostituibilità della lezione frontale, tanto più necessaria quanto più piccoli sono i discenti.
Incredibile, e forse inatteso, è stato il mettersi in gioco di docenti fra i quali coloro che il prossimo anno andranno in pensione.
Per quanto riguarda il distanziamento fisico,
per la scuola al momento non abbiamo alcun riflesso, se escludiamo la necessità di rimanere a casa. Insomma al momento non abbiamo alcun riflesso perché io, come certamente tutti i colleghi, ho vietato l’ingresso fisico a scuola non solo di docenti e studenti, ma anche del personale di segreteria e scolastico.
Il problema si avrà a settembre quando forzatamente resteremo vicini in aule che non permettono il rispetto delle distanze di sicurezza.
Senza ipotizzare soluzioni, posso credere che sia comunque necessario usare altri spazi o altre modalità, che però attendiamo come direttive, dal comitato scientifico e dalla politica.
Non dimentichiamo che la “guerra” non è affatto finita, anzi la fase 2 è la più pericolosa a causa dell’imbecillità e l’ignoranza diffusa che fa credere che il virus sia debellato (per alcuni mai esistito). La scuola deve operare per offrire la conoscenza scientifica, conoscenza culturale che manca in generale, ma soprattutto deve insegnare quello spirito critico ed il rispetto delle competenze che assolutamente manca.
È deludente osservare su Facebook, il social di noi vecchi, il pressapochismo e la prosopopea di emeriti ignoranti, mentecatti che oggi si spacciano per epidemiologhi, domani presidenti del Consiglio, ieri tecnici della nazionale di calcio.
Ma c’è di peggio e lo vediamo nelle persone ignoranti che ascoltano queste fake news, queste bufale e le diffondono. Sappiamo infatti bene che, senza la preparazione culturale adeguata di chi ascolta, una sciocchezza ripetuta troppe volte diventa “verità”. Questo è il motivo per cui è inutile meravigliarsi se in parlamento siedono certi soggetti a rappresentarci, persone che non vorrei nemmeno incontrare.
La sfida della diffusione culturale è la vera sfida vera che attende la scuola: una sfida che abbiamo il dovere di affrontare e di vincere proprio per il bene dei nostri ragazzi.
A settembre tutti i rischi per la salute che osserviamo oggi non saranno eliminati
e noi vorremo garantire, come sempre, il massimo livello di sicurezza possibile, quindi qualsiasi nuova organizzazione dovrà tener conto delle indicazioni che saranno fornite da medici e scienziati, per la salvaguardia della salute di studenti e lavoratori, di conseguenza seguiremo alla lettera tutte le indicazioni scientificamente verificate dalla équipe nazionale e dalla politica e ovviamente applicheremo codici di comportamento e dispositivi di protezione necessari e concretamente applicabili, a seconda delle fasce di età degli alunni e del luogo a disposizione, come, solo per fare un esempio, la misurazione della temperatura con termo scanner eccetera.
Nell’ambito scolastico sicuramente sarà coinvolto il comitato per il controllo dell’applicazione e del rispetto delle misure anticontagio e il primo punto che dovremo rispettare sarà proprio, immagino, il distanziamento fisico e la conseguente necessità di spazi ulteriori, che il Comune dovrà reperire.
Un problema serio, fra i tantissimi che coinvolgono la scuola, è certamente la mensa.
Noi a Ladispoli chiederemo di poter utilizzare l’aula polifunzionale (già sala mensa) o potremmo usare la palestra, o richiedere l’installazione, nel locale mensa, di separatori in plexiglass o altro materiale.
Non escludo che, se il problema del distanziamento non sia in qualche modo risolto, gli studenti possano rimanere in aula per consumare il pranzo (così da evitare assembramenti nei locali adibiti a mensa).
Occorre comunque ripensare la mensa scolastica: dall’adozione di ulteriori misure di sicurezza in fase di preparazione dei pasti alla loro consumazione nei locali scolastici.
Andranno rivisti anche i menu che probabilmente subiranno modifiche: ipotizzo, ad esempio, ma ovviamente non sono competente, piatti unici o cestini freddi termo sigillati e laddove e allorquando temperatura e condizioni meteo siano favorevoli, si potrebbe pranzare sul prato a mo’ di pic nic.
Una cosa certamente mi preoccupa, la paventata contrazione del tempo pieno
e il pericolo che i genitori fuggano dal tempo pieno che, attualmente, sostenuto dalla presenza della mensa scolastica, è diffuso mediamente solo nel 25% delle scuole italiane, con un differenza notevole dl nord al sud che va rispettivamente dal 35% al nord al 15% al sud.