27 Dicembre, 2024
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Afroamericano soffocato, in centinaia protestano a Minneapolis. La sorella: “Licenziare gli agenti non è abbastanza”

Non respiro”, ha detto George Floyd, l’afroamericano soffocato da un agente che durante l’arresto gli ha messo un ginocchio sul collo come mostra un video diventato virale. Oggi centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la violenza della polizia. Contro il razzismo, nel nome di Floyd. Ci sono stati scontri con gli agenti che hanno usato i gas lacrimogeni.

Minneapolis, poliziotto immobilizza col ginocchio un afroamericano fino a togliergli il respiro

I manifestanti sono scesi per le strade con le mascherine, come richiesto dalla legge che neanche Trump rispetta più. I cartelli tra le mani con scritto “no giustizia, no pace”, “black lives matter” e “basta linciarci”. Hanno sfilato scandendo lo slogan “Non posso respirare”, dal luogo dove Floyd è stato ucciso fino al distretto locale di polizia. Qui sono intervenuti agenti in tenuta antisommossa che hanno usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere la folla che aveva accerchiato il commissariato di polizia dei quattro agenti coinvolti, tutti licenziati in tronco dopo la pubblicazione del video. “Il licenziamento non è abbastanza”, ha detto la sorella del 46enne a Good Morning America della Abc.”Lo hanno ucciso”.

La protesta di Minneapolis

Sul caso oltre all’agenzia investigativa del Minnesota sta indagando l’Fbi, come ha richiesto anche il candidato presidenziale democratico Joe Biden. In migliaia si sono riversati nelle strade e dopo il commissariato, la folla si è data appuntamento davanti alla casa del responsabile dell’uccisione di Floyd: Derek Chauvin, 44 anni, da 19 anni in polizia. Lui è quello che ha premuto il ginocchio sul collo della vittima mentre i colleghi stavano a guardare, senza fare e dire nulla. Sarebbe stato altre volte coinvolto in sparatorie, uso eccessivo della forza e violazione delle regolari procedure.

La reazione del sindaco: “Perché non è in prigione”

Dopo essere intervenuto ieri sera annunciando il licenziamento dei quattro agenti, il sindaco di Minneapolis Jacob Frey, democratico, oggi ha fatto un passo avanti, chiedendo al procuratore generale di consegnare i responsabili alla giustizia. “Perché non è in galera – ha detto – Se io avessi fatto quello che ha fatto lui, sarei già dietro alle sbarre”. I poliziotti non solo non ascoltavano le grida dell’uomo ma neanche quelle dei passanti che chiedevano di togliere il ginocchio dal collo dell’uomo. All’inizio la polizia ha detto che l’uomo aveva “opposto resistenza all’arresto”. Neanche Frey ha accettato la spiegazione dicendo che “è apparso chiaro, la prima dichiarazione non era accurata”. “Per cinque minuti abbiamo visto un agente bianco che premeva il suo ginocchio sul collo di un uomo nero indifeso”, ha detto il sindaco spiegando che il coinvolgimento dell’Fbi è dovuto di fronte ad un fatto di questo genere.

L’Nba sotto shock: Kerr protesta su Instagram

Ma le proteste non sono solo a Minneapolis. Per l’ex giocatore Nba Stephen Jackson, Floyd era un “fratello”. Erano cresciuti insieme in Texas. “Tutti sanno che ci chiamavamo l’un l’altro ‘gemello’. Era andato in Minnesota per cambiare la sua vita guidando camion, gli avevo mandato due o tre scatole di vestiti, stava facendo la cosa giusta. E voi avete ucciso mio fratello. Ora andrò a Minneapolis, farò tutto ciò che mi è possibile per non far passare la vicenda sotto silenzio”. ha scritto Jackson su Instagram.

Anche LeBron James ha postato sulle sue storie di Instagram il video dell’episodio

e poi ha pubblicato una foto in cui ci sono una di fianco all’altra l’immagine del poliziotto inginocchiato sul collo di Floyd e quella di Colin Kaepernick inginocchiato durante l’inno nazionale per protesta contro la brutalità della polizia nei confronti delle minoranze. Il tutto scrivendo: “Adesso capite? O siete ancora confusi? #StateAllerta”. Anche Steve Kerr, capo-allenatore dei Golden State Warriors, su Twitter ha ripostato il video scrivendo “Questo è un omicidio. È disgustoso”.

La figlia di Martin Luther King e la foto di Kaepernick

Quando il giocatore di football americano Colin Kaepernick iniziò a inginocchiarsi durante l’inno nazionale suonato prima di ogni partita di football americano e che i giocatori ascoltano stando in piedi, molti si scagliarono contro di lui. Lo chiamavano anti americano, irrispettoso. Ma la sua era una protesta pacifica contro l’ingiustizia razziale e la brutalità della polizia. Alle domande dei giornalisti, Kaepernick rispondeva che non voleva onorare un Paese in cui la minoranza nera era ancora oppressa. Il suo gesto fu imitato da molti giocatori professionisti, inizialmente nella Nfl e poi in altri sport, attirando una considerevole attenzione. Dopo aver rescisso il suo contratto con i San Francisco 49ers a marzo 2017, Kaepernick rimase senza contratto. Dopo che ieri un ufficiale di polizia di Minneapolis si è inginocchiato sulla schiena e sul collo di George Floyd, uccidendolo, il gesto di Kaepernick, ha assunto un altro significato.

(La Repubblica)

 

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