“Voglio sfatare che il politico dall’esterno sia in grado di incidere sul procuratore di turno”.
Così l’ex consigliere del Csm Luca Palamara, indagato per il cosiddetto “mercato delle toghe”, nel corso di una lunga intervista alla trasmissione di La7 “Non è l’Arena”. “Sono qui perche ho il dovere di chiarire. Mi sento e sono uomo delle istituzioni, amo la magistratura, porto la toga nel cuore”, ha sottolineato. Quanto all’accusa che gli veniva mossa in origine, nell’inchiesta di Perugia, di aver preso 40 mila euro per facilitare una nomina, Palamara ha risposto: “L’accusa originaria è caduta. Gli stessi pm l’hanno fatta cadere nella fase delle indagini preliminari. Il gip ha testimoniato che non c’è nessun atto contrario ai doveri d’ufficio”.
Nel botta e risposta con Massimo Giletti, l’ex consigliere del Csm ha affrontato gli argomenti principali al centro del caso sul “mercato delle toghe”.
“Non ho inventato io il sistema delle correnti, quindi identificare me come male assoluto è un’operazione che potrebbe far comodo a qualcuno”, ha detto Palamara. A chi fa comodo, “questo non lo dico”, ha aggiunto e poi ha spiegato: “Si parla di una rete di Palamara che arriva dappertutto, più semplicemente il mio ruolo era mediare all’interno delle singole correnti, e il Csm è il luogo dove necessariamente occorre mediare per nominare un determinato dirigente di un ufficio”. Un sistema “che oggi si sta demonizzando ma che ha prodotto Melillo a Napoli, Gratteri a Catanzaro, Greco a Milano, il fior fiore degli inquirenti in Italia”. E ancora: “Il nostro sistema penalizza chi non appartiene alle correnti della magistratura. Il sistema premia chi appartiene alle correnti. Mi chiamavano tantissimi colleghi, non per il compimento di atti illeciti. Ma perché ero in grado di mediare”.
(La Repubblica)