Secondo Gallup, la popolarità del tycoon è crollata di 10 punti in un mese, al 39% dal 49%.
E tra i repubblicani il calo è stato di 7 punti, all’85%, il record negativo tra gli elettori del partito
“Mozzafiato”. Così il Washington Post descrive il calo nei sondaggi di Donald Tump, stretto tra le proteste contro il razzismo, il coronavirus e soprattutto la crisi economica.
Secondo Gallup, la popolarità del tycoon è crollata di 10 punti in un mese, al 39% dal 49%. E tra i repubblicani il calo è stato di 7 punti, all’85%, il record negativo tra gli elettori del Grand Old Party (Gop).
Con il Covid che negli Usa continua a mietere migliaia di vittime al giorno e la paura di una seconda ondata, il tasso di fiducia sulla risposta di Trump alla pandemia si è ridotto al 42% dal 50% di aprile mentre il consenso sul fronte dell’economia è scivolato al 47% dal 63% lo scorso gennaio.
La Casa Bianca contro tutti
Il capo della Casa Bianca ha messo le mani avanti escludendo nuovi lockdown e ha attaccato la Federal Reserve rea di aver prospettato tempi lunghi per la ripresa americana. Sul fronte delle proteste, il comandante in capo ha optato per la linea dura tout court, erigendosi a baluardo di “legge e ordine”.
Con il balzo della questione razziale in cima all’agenda elettorale e il consenso a livelli mai visti per ‘Black Lives Matter’, Trump ha annunciato un decreto sulla polizia perché le strade vengano dominate ma “con compassione”.
Di riflesso guadagna terreno lo sfidante Joe Biden, che tra i suoi punti forza vanta proprio il sostegno degli afroamericani, spina dorsale dell’elettorato democratico. Secondo il Wp, Biden è salito al 50% tra i residenti delle zone suburbane che nel 2016 avevano contribuito all’elezione di Trump. Nello stesso mese di quattro anni fa, Hillary Clinton si fermava al 38% in questo cluster.
Trump pensa ancora di vincere?
Lo stesso presidente per ha prima volta ha preso in considerazione la sconfitta: “Se perdessi farei altro”, ha detto in un’intervista a Fox. Anche il fronte parlamentare repubblicano inizia ad incrinarsi. La senatrice Lisa Murkowski ha detto di non sapere se voterà per Trump.
La scorsa settimana, la commissione Forze Armate del Senato, a maggioranza Gop, ha approvato il cambio di nome per le basi militari intitolate ai soldati confederati, in linea con la furia iconoclasta scatenata dalla morte dell’afroamericano George Floyd e contro il parere del tycoon.
Il partito dell’Elefante teme pure una escalation nel confronto tra la Speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi, e il presidente: l’ultima cosa di cui ha bisogno il Gop, nell’ultimo mese prima dell’Election Day il 3 novembre, è uno shutdown dell’amministrazione se non si approva il bilancio del prossimo anno fiscale che inizia il primo ottobre. In ballo a novembre c’è un terzo dei seggi del Senato di cui 23 repubblicani e 12 democratici, ovvero il controllo della Camera Alta.
Cosa deciderà il nome del prossimo presidente?
Ma è sull’economia che si gioca la partita della Casa Bianca, come recita il proverbiale adagio dell’ex stratega di Bill Clinton James Carville: “It’s the economy, stupid”. Nel 1992, la recessione costò la rielezione a George H.W. Bush che perse contro Clinton.
Nel 1932 Herbert Hoover pagò il costo della Grande Depressione, uscendo sconfitto contro Franklin Delano Roosevelt. È anche vero che nel 1936 Roosevelt venne rieletto nonostante la debolezza dell’economia e 8 milioni di disoccupati.
Dipenderà dal punto di vista degli elettori a novembre: se paragoneranno la situazione economica a quella dei livelli pre-pandemia, o se premieranno i miglioramenti rispetto al picco della crisi.
Dovendo scommettere, Trump nel 2016 ci ha insegnato a non confidare troppo nei sondaggi.
Biden mostra di aver imparato la lezione. “Ignorate i pronostici – ha twittato mercoledì l’ex vice presidente – nulla si può dare per scontato questo novembre, la posta è semplicemente troppo alta”, cioé a dire “mai sottovalutare Trump”. La “regola” dell’economia raramente è stata smentita: bisognerà vedere chi dei due contendenti saprà sfruttarla al meglio.
(Agi)