Stati Generali.
Il sindacalista Usb si incatena a Villa Pamphilj, poi è ricevuto e illustra il suo piano: filiera agricola, lavoro regolare, migrazione. «Per il premier la “patente del cibo” è una bella idea, ora rilanciamo: riuniremo a Roma tutti gli esclusi»
Una lunga giornata di lotta e di attesa. Finita con un incontro insperato con il presidente del Consiglio e con l’annuncio della «convocazione degli Stati polari» per dare voce a tutti coloro che sono «invisibili». Aboubakar Soumohoro, il sindacalista dell’Usb che con il suo impegno per migranti e bracciati è diventato un simbolo riconosciuto in tutto il paese, ha portato la sua lotta a Villa Pamphilj, incatenandosi a pochi metri dalla sede degli Stati generali convocati dal governo nel grande parco romano. Accompagnato da alcuni altri attivisti dell’Usb e poi da un numero di persone sempre più numeroso, Abou ha iniziato uno sciopero della fame e della sete, chiedendo al presidente Conte di essere ascoltato.
LA SVOLTA ALLE 16:
da villa Pamphilj l’entourage del governo chiama e organizza l’incontro. Una mezz’ora di dialogo schietto e diretto, in pieno stile Abou. «Siamo stati ricevuti dal presidente del Consiglio, dalla ministra Catalfo e dal ministro Gualtieri. Abbiamo rappresentato le ragioni di questo sciopero della fame e della sete partito questa (ieri, ndr) mattina. Ma le ragioni partono da molto lontano, dalla morte di tanti invisibili nelle campagne, africani e italiani, da Paola Clemente fino a Mohamed Ben Ali qualche giorno fa a Borgo Mezzanone, dal grido di dolore di migliaia di lavoratori che i vari governi che si sono succeduti in questi anni non hanno mai ascoltato», spiega Abou.
GIÀ DA QUALCHE GIORNO,
Abou e l’Usb avevano definito la loro piattaforma rivendicativa. «Abbiamo portato le nostre tre proposte: la riforma della filiera agricola liberata dal giogo della grande distribuzione che porta al caporalato e allo sfruttamento nelle campagne con la “patente del cibo”; un piano nazionale di emergenza per il lavoro che tuteli tutti coloro che rischiano di perderlo, giovani, precari, lavoratori dell’ex Ilva e della Whirlpool di Napoli e di tutte le altre crisi; sulle politiche migratorie chiediamo che la regolarizzazione non sia legata alla raccolta della frutta – che non marcirà mai perché di lavoratori nelle campagne ce ne sono – ma va legata alla crisi sanitaria – in quanto il lavoro agricolo ad inizio pandemia è stato considerato essenziale – convertibile poi per attività lavorativa. A questo si lega il tema della razzializzazione: in tanti in Italia si sono indignati per le violenze della polizia contro gli afroamericani ma anche nel nostro paese la situazione è la stessa per via della legge Bossi-Fini e dei decreti sicurezza di Salvini che vietano alle persone il diritto di cittadinanza. Per questo chiediamo al governo di ridare a tutte queste persone il diritto di esistere, a partire dai bambini che sono nati in Italia».
Agli indignati per le violenze contro gli afroamericani diciamo che qui la situazione è la stessa: la legge Bossi-Fini e i decreti sicurezza di Salvini vietano alle persone il diritto di cittadinanza
L’IDEA DELLA «PATENTE del cibo»
– che «garantisca ai cittadini di sapere dove è stato prodotto quello che mangiano e che sia stato prodotto senza sfruttamento» – ha trovato grande riscontro nel governo: «il presidente Conte ha detto che è un’idea bellissima, un’idea geniale e che si attiverà per metterla in pratica», riporta Abou.
SUL «PIANO NAZIONALE
di emergenza del lavoro» e sulle questioni migratorie invece le risposte sono più interlocutorie e meno soddisfacenti. «Il presidente Conte sul piano del lavoro ci ha chiesto “proposte articolate in merito” che noi gli presenteremo al più presto», mentre «sulla regolarizzazione ha detto che l’articolo 103 del decreto Rilancio prevede già il permesso di soggiorno ma che interesserà il governo per approfondire il tema». La risposta più deludente è stata sicuramente sui decreti Sicurezza: «ci ha detto che il programma di governo prevede di riformarli, non ha mai parlato di cancellarli come noi chiediamo», commenta il sindacalista dell’Usb.
Anche per questo arriva l’annuncio di una nuova sfida al governo. «Prima di salutarci l’ho informato che lavoriamo alla convocazione degli Stati popolari. Loro hanno fatto gli Stati generali, noi faremo gli Stati popolari nelle prossime settimane a Roma: chiameremo a parlare giovani, precari, disoccupati. Uno spazio aperto nel rispetto di principi e di valori. Tutti coloro che non si riconoscono in uno stato che non rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale, come prevede la nostra Costituzione, che impediscono alle persone di poter condurre un’esistenza dignitosa», conclude Abou.
(Il Manifesto)