L’azione plateale al termine di una serie di minacce. Il dinamismo della sorella del leader, Kim Yo-jong. Paura per il 70esimo anniversario dell’inizio della guerra
I tempi in cui Kim Jong-un e Moon Jae-in camminavano “teneramente” fianco a fianco, attraversavano la sottile striscia di cemento che divide la Corea del Nord e la Corea del Sud, sembra già un ricordo sbiadito. Il pendolo che da sempre agita la politica nordcoreana – un misto sapiente di atti di forza e successivi riavvicinamenti – ora è posizionato sull’estremo della minaccia. Che paradossalmente smaschera le difficoltà in cui annaspa il regime di Kim Jong-un, stretto tra carestia, Covid e la guerra di voci e insinuazioni sulle sparizioni e riapparizioni del leader.
Congelata anche l’“amicizia” con Trump, il regime torna ai “gesti” plateali.
Pyongyang ha fatto saltare in aria un ufficio di collegamento intercoreano con Seul, a Kaesong, ancora in territorio nordcoreano ma vicino al confine.
Le immagini diffuse dall’agenzia di stampa Yonhaphanno mostrato fumo proveniente da quello che sembrava essere un complesso di edifici. L’agenzia ha dichiarato che l’area faceva parte di un parco industriale ora chiuso dove si trovava l’ufficio di collegamento. La Corea del Nord aveva già minacciato di voler demolire l’ufficio come rappresaglia per l’incapacità di Seul di impedire agli attivisti di far volare volantini di propaganda oltre il confine.
La rappresaglia è frutto del dinamismo di Kim Yo-jong, l’influente sorella di Kim che ha invocato «azioni concrete» contro Seul.
Da ultimo, sabato sera, era stata formulata la minaccia che ora si è concretizzata: «Entro breve si assisterà ad una scena tragica riguardante l’inutile ufficio di collegamento Nord-Sud ormai al collasso». L’esplosione è avvenuta alle 14.49 ora locale.
L’ufficio di collegamento era stato aperto nel settembre del 2018 per facilitare gli scambi e la cooperazione intercoreana favorita dagli incontri al vertice tra Pyongyang e Seul. Contatti rallentati negli ultimi mesi, anche a causa dell’emergenza coronavirus. Poi una vera e propria escalation. La settimana scorsa la Corea del Nord aveva definito la Corea del sud un nemico. Ma non basta.
Pyongyang ha anche minacciato di fare entrare le proprie truppe nelle aree smilitarizzate.
Con tanto di «piano d’azione per fare avanzare l’esercito di nuovo nelle zone che sono state demilitarizzate in base all’accordo Nord-Sud, al fine di fare della prima linea una fortezza e innalzare ulteriormente la vigilanza militare contro il Sud», si legge in un comunicato del personale militare dell’esercito nord-coreano diffuso dall’agenzia di stampa del regime di Kim Jong-un, Korean Central News Agency (Kcna). L’esercito, si legge nella nota, «attuerà rapidamente e pienamente ogni decisione o ordine del partito e del governo».
In risposta all’ultima minaccia di Pyongyang il ministero della Difesa sud-coreano ha richiamato il Nord al rispetto degli accordi raggiunti nei summit tra Kim e il presidente sud-coreano Moon Jae-in nel 2018 di cessare tutti gli atti ostili verso la controparte. «Prendiamo seriamente la situazione», ha detto il portavoce Chok Hyun-soo, e l’esercito è pienamente pronto «per ogni circostanza».
Con l’avvicinarsi della data simbolica del 25 – quando ricorrono i settanta anni dall’inizio della guerra tra le due Coree – c’è da temere l’arrivo di altri “gesti” plateali.
(Avvenire)