Ogni mattina posta una sua riflessione. “Attraverso i social sto trovando persone che ormai sono diventate parte di me”
Un pensiero sui social al giorno toglie il medico di torno. Vale per Mario Antolini, classe 1920, il buon maestro che non avverte gli acciacchi della vecchiaia e trova la sua medicina nelle gocce di sapienza distillate ogni mattina su Facebook. Anche ieri, giorno del centesimo compleanno, non ha fatto mancare agli affezionati lettori “il pensiero del giorno”. Antolini è infatti decano dei giornalisti trentini, zelante corrispondente da 50 anni del settimanale “Vita Trentina” nonché lo storico delle Giudicarie, docente nella sua borgata di Tione all’Università del Tempo Libero, penna graffiante di una fede esigente: «Lasciamo le cronache laiche ai quotidiani – così Mario pochi anni fa spronava la stampa cattolica – perché seguendo papa Francesco la gente ha bisogno di cristianesimo fondamentalmente conosciuto e fortemente vissuto, non superficialmente parlato o scritto».
Tantissimi gli auguri piovuti sul cronista secolare dai frequentatori della sua pagina Facebook:
«come continue carezze che non so ricambiare come vorrei » dice lui, che nell’ultimo post si dichiara anche «commosso ed emozionato per i tanti amici di FB» e di conseguenza commenta – con dovizia di citazioni setacciate nel web come uno “smanettone” – la parola “contentezza”: «La si sente e la si vive dentro, ma al di fuori si riscontra sul viso disteso, nel sorriso».
Una vita da inchiostro e pennino a tastiera e mouse, un’avventura “firmata” (nell’agosto 1945 in un’isola del Giappone il giovane Antolini fu testimone a distanza ravvicinata della tragedia atomica) e ora anche nel digitale: «Dobbiamo aggrapparci a quello che la Provvidenza ci manda, o no? Nostro compito è saper usare bene la tecnologia». Del resto Mario in un post recente così lega i social alla parola “Incantesimo”: «Mi scuso se torno a parlare ancora della telematica che per me rimane il fascino della mia vecchiaia, un vero incantesimo che non mi so spiegare ma che dà modo di trovarmi con amiche ed amici sparsi in ogni dove, perfino oltreoceano».
E continua: «Ogni giorno di più mi rendo conto dell’eccezionalità di questo strumento, reso possibile da un computer e da una tastiera.
Attraverso i social sto trovando persone che ormai sono diventate parte di me, poiché con i vicendevoli messaggi quasi giornalieri si è riusciti a tessere una rete che ormai nessuno riuscirà a strappare, ma nella quale ci si sente “un insieme” che tutti i giorni si consolida con vicendevole gratificazione. Anche se, in confronto all’umanità – conclude – si tratta di un’infinitesima goccia che riesce a dissetare un gruppetto di poche persone».
Guarda avanti, Mario, ai prossimi post e ai prossimi articoli, con il rammarico di «non poter vivere più in mezzo alla gente, capire cosa vive il pubblico dei lettori. Ma, grazie alla Provvidenza, ci sono i social». Grazie ai quali il buon decano “incontra” ancora il pubblico: non per niente, infatti, sono in molti a riempire il suo profilo di “like”.
(Avvenire)