22 Novembre, 2024
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Didattica a Distanza: opportunità o limitazione?

Pubblichiamo questo interessante articolo dalla Prof.ssa Grazia Mosca

La chiusura delle scuole dovuta alla pandemia da Coronavirus ha imposto cambiamenti bruschi ed inaspettati ad alunni, insegnanti, genitori e dirigenti. Al termine di questo singolare anno scolastico è doveroso fare alcune riflessioni, anche in vista delle prospettive future.

Fin dall’inizio dell’emergenza, è apparsa chiara la necessità di trovare una risposta alternativa alle lezioni in classe, considerando il disorientamento che ognuno di noi ha provato di fronte a una situazione del tutto nuova: restare chiusi in casa ed evitare ogni tipo di contatto fisico, per arginare il contagio il più possibile. Misure necessarie ad alleviare il carico gravante sul nostro sistema sanitario, già portato allo stremo nei giorni del picco della curva epidemiologica.

La prospettiva della Didattica a Distanza, anche indicata con l’acronimo DaD, si delineava in quel momento come l’unica soluzione possibile all’interruzione delle attività didattiche in presenza.

La nuova emergenza ha colto in buona parte impreparato un sistema scolastico solo in parte abituato all’utilizzo delle tecnologie di supporto. Sono inoltre mancate direttive dettagliate ed univoche. Nonostante le difficoltà, gli insegnanti in primis hanno accettato questa sfida con abnegazione e massimo impegno.

Secondo le stime, 8 milioni e mezzo di studenti e 800.000 insegnanti si sono trovati ad affrontare per la prima volta modalità di studio ed insegnamento interamente basate sugli strumenti informatici.

Fonti del Miur informano che gli istituti alle prime esperienze di lezioni on line sono stati l’82%, gli studenti interessati 9 su 10, e 7 su 10 sono stati i genitori impegnati come tutor a sostegno dello studio dei figli, soprattutto dei più piccoli.

Abbiamo assistito ad una vera e propria mobilitazione di risorse umane, mezzi, intenti e competenze, che se da un lato ha stravolto le più semplici abitudini della vita di tutti i giorni, dall’altro ci ha permesso di sentirci più “comunità sociale”.

Abbiamo scoperto un nuovo modo di “fare scuola”? Quali i punti di forza e quali le criticità’?

Lungi dal ridursi a mera assegnazione di compiti, la didattica a distanza ha richiesto un sovraccarico di lavoro, sia per gli insegnanti che per i ragazzi, impegnati nelle videolezioni. Le lezioni interattive con video conferenza, attraverso strumenti più evoluti (Microsoft Teams, G Suite, Zoom, Google meet, Edmodo, ecc.), si sono affiancate ai già collaudati registro elettronico, email e chat.

Non si può negare che la modalità di didattica a distanza non sempre ha coinciso con un percorso di insegnamento ed apprendimento assimilabile – per qualità, completezza ed efficacia – a quello classico. Si è osservato un andamento a “macchia di leopardo”, con aree geografiche e singoli alunni in difficoltà, dovuto a variabili quali la dotazione digitale delle famiglie, la diffusione e la velocità della Rete sul territorio, le iniziative delle singole scuole e dei singoli insegnanti, la possibilità dei genitori di seguire i figli.
Alcune difficoltà sono derivate anche dalla mancanza di uniformità nella gestione della didattica da remoto da parte dei diversi insegnanti. Non pochi alunni riferiscono un’esperienza problematica, sia per la comprensione delle dinamiche, sia per la dotazione, in alcuni casi non adeguata, degli strumenti necessari (connessione, pc, ecc.). Inoltre si è patita la mancanza di attività pratiche ed esperienze di laboratorio, essenziali nello stimolare la curiosità e la motivazione degli studenti. A questo si è aggiunta la necessità, per gli insegnanti, di acquisire nell’immediato adeguate competenze pedagogiche e tecnologiche, sviluppando e arricchendo la propria professionalità. L’età media dei docenti italiani è la più alta tra i 36 Paesi membri dell’OCSE, e il 59% di essi ha superato i 50 anni; si può ben immaginare che molti di essi abbiano incontrato difficoltà nell’adattarsi al cambiamento.

Stiamo assistendo al fenomeno per cui le nuove generazioni sono portate a un livello ancora più elevato di simbiosi con gli schermi digitali, a discapito delle relazioni umane in presenza. Appare evidente che urge sviluppare una visione alternativa del ruolo del digitale nell’esperienza educativa. Prima ancora che fare didattica con le tecnologie è necessario educare studenti, docenti e famiglie all’uso consapevole dei media, in piena collaborazione.

I docenti, ben consapevoli dell’unicità di ogni alunno, dotato di proprie potenzialità, attitudini, limiti, non possono prescindere dalla modalità di insegnamento in presenza, in quanto consente maggiori immediatezza e incisività all’azione di “insegnare”, letteralmente lasciare un segno. Il rischio è quello di lasciare indietro i più deboli, già di per sé penalizzati da una didattica sempre meno personalizzata e sempre più tesa a standard di competitività. Si profila nel nostro Paese il rischio concreto di favorire ulteriormente la demotivazione e l’isolamento di troppi alunni, con un conseguente pericoloso aumento della dispersione scolastica.

Come può la scuola trovare un equilibrio nel rapporto tra la sua tradizione e questa nuova condizione di “connessione permanente”?

Cosa è cambiato nella scuola quando il luogo reale è stato sostituito dallo “schermo”?

Il computer può sostituire la presenza fisica dell’insegnante?

Sicuramente può integrarne le possibilità, ma non si può sostituire a un passaggio immediato di conoscenze, esperienze, abilità, in un luogo dove si impara il ragionamento critico, etico, empatico, in una molteplicità di sguardi e gesti.

Non si può sostituire all’esperienza di relazione di una comunità di persone che, condividendo regole e intenti, cresce e si forma.

Non si può sostituire a uno spazio comune, dove le persone sperimentano uno stile di rispetto reciproco, di comportamenti, di ruoli, dove ci si educa allo stare insieme.

Appare necessario sviluppare una visione alternativa del ruolo del digitale nell’esperienza educativa.

Senza cedere a falsi pregiudizi nei confronti dei mezzi digitali a scuola, il giusto approccio può essere quello di considerare tali mezzi come strumento complementare nella formazione dei ragazzi, una integrazione delle potenzialità pedagogiche degli insegnanti e non un loro surrogato.

Il Ministero di viale Trastevere, chiamato a dare risposte concrete alle nuove esigenze che si stanno profilando, ha annunciato uno stanziamento di 5 milioni di euro per la formazione degli insegnanti e di 10.000 euro per scuola da destinare alla dotazione tecnologica (in comodato d’uso gratuito) degli studenti in condizioni economiche sfavorevoli. Si è dovuto far fronte all’inadeguatezza delle scuole italiane in quanto a dotazione di strumenti digitali ed informatici: connessioni Wi-Fi insoddisfacenti; parco Pc e tablet insufficiente e spesso vetusto; laboratori informatici poco organizzati o addirittura assenti. L’utilizzo di queste tecnologie, soprattutto in alcune aree territoriali, è ancora sporadico, così come la collocazione delle postazioni informatiche nelle classi risulta poco frequente.

Da segnalare, inoltre, che in questi giorni si sono concretizzate iniziative di solidarietà a supporto dell’e-learning. Alcune Case Editrici di testi scolastici hanno messo a disposizione tutti i propri contenuti digitali e le risorse multimediali sono state organizzate per agevolare il lavoro dei docenti, già suddivise per ordini scolastici e per materia, rendendoli consultabili on line anche dagli studenti.

Oggi, nel corso di una emergenza che richiede nuove forme di organizzazione ed adattamento, così come domani, quando bisognerà fare un bilancio e trarne insegnamento, la formazione delle nuove generazioni continua ad essere una delle sfide più importanti per il nostro Paese. La scuola rimane uno dei pochi baluardi contro la disparità sociale, l’ignoranza, la decadenza culturale e civile: diventa perciò improrogabile l’esigenza di prevedere più investimenti e risorse. Come scrisse qualcuno, “se pensate che l’istruzione sia costosa, provate l’ignoranza”.

Grazia Mosca, dott.ssa in scienze biologiche, docente di scuola secondaria di primo grado

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