Tutti le attendevano, ma ora che sono arrivate (seppur non ancora ufficiali) son tutti delusi.
Le linee guida scritte dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, per la ripartenza dell’anno scolastico, sono un boccone amaro per i dirigenti scolastici. Il presidente dell’associazione nazionale presidi le definisce “generiche”.
Intanto i capi d’istituto in queste ore stanno facendo i conti con l’incongruità tra le classi pollaio e il distanziamento che dovrà essere assicurato: anche quest’anno, infatti, le prime classi dovranno avere almeno 27 alunni e nel passaggio dal primo al secondo biennio se una sezione ha meno di 22 ragazzi va smembrata.
Il tutto senza avere un solo insegnante in più.
Numeri che non aiutano i presidi a caccia di spazi. Le linee guida parlano dell’uso di cinema, teatri, biblioteche, ma in una città non c’è un solo istituto ad aver bisogno di luoghi alternativi alla scuola.
“Hanno dato la patata bollente a noi presidi. Nel documento – spiega Giannelli – si parla molto dell’autonomia scolastica ma tutto ciò non è accompagnato da risorse e noi dirigenti abbiamo sempre più le mani legate. Si dice di individuare nuovi spazi ma ve lo immaginate il dirigente che gira per la città ad elemosinare nuove aule? Le linee guida sono delle belle idee che possiamo anche condividere ma avevamo bisogno di strumenti”.
A proposito delle turnazioni il presidente ricorda tra l’altro che la ministra le aveva escluse e definisce i “patti di comunità” solo “belle parole che non si possono concretizzare”. D’altro canto l’Anp ha lanciato proprio in queste ore un Sos: “Il 40% delle aule in Italia non può garantire il distanziamento”. E’ quanto emerge da una rilevazione a campione fatta dall’organizzazione sindacale.
E sulle classi pollaio Giannelli è molto pragmatico:
“Posso anche avere 27 alunni, ma mi servono i metri quadrati necessari per rispettare le norme igieniche. Qualcuno sta pensando di usare le palestre per fare lezione, ma devono essere usate per educazione motoria. E chi ipotizza di mettere i banchi nei corridoi dovrà fare i conti con le norme sulla sicurezza”.
A bocciare il documento della Azzolina è anche Ludovico Arte, preside del “Marco Polo” di Firenze: “Il distanziamento di un metro non è praticabile nella realtà.
L’orario sfalsato proposto nelle linee guida non fa i conti con il problema dei trasporti pubblici. Se finiremo la scuola alle 15 ipotizzando degli ingressi più tardi dovremo garantire la mensa”. Arte, di contro, ha un’altra proposta: “Si riparta in maniera normale facendo dei test sierologici a tutti”. E sulle classi pollaio aggiunge: “Nella mia scuola ho classi anche da 30 alunni. Da qui a settembre non si possono abolire queste situazioni, ma va fatta una riflessione seria. E’ ora di pensare ad un maggiore organico e ad una ripresa con tutto il personale in classe dal 1 settembre”.
Non si sono parlati, ma sembra che si conoscano Ludovico Arte e Roberta Mozzi, dirigente del “Torriani” di Cremona: “Nel mio istituto l’80% dei ragazzi è pendolare. Se parliamo di arrivi a scuola scaglionati dobbiamo metterci d’accordo con le aziende di trasporto. A questo punto serve al più presto un tavolo di coordinamento con gli enti locali. Di fronte alle classi che abbiamo, con numeri che arrivano a 30 alunni, la didattica mista è l’unica soluzione per assicurare il distanziamento. Io avrò comunque problemi di spazi: non posso usare la palestra perché ho un liceo sportivo e non posso pensare di usare le officine perché fa freddo. Così come si può pensare di fare lezione all’aperto a novembre a Cremona?”. E sulle classi pollaio la preside dice: “Questa era l’occasione per rivedere la normativa e incrementare l’organico ma non è stato fatto”.
Più cauto Salvatore Angius, capo del liceo “Pitagora” di Solargius: “Le indicazioni che ci arrivano sono cambiate più volte. Aspetto di vedere quelle ufficiali. Probabilmente dovremo riprendere la didattica a distanza almeno nel triennio”. E su questo punto Angius si sofferma: “Dovremo formare i docenti”. Intanto il preside del liceo sardo si è attrezzato per gli spazi: “Dovrò sloggiare la sala professori, e poi se serve attrezzare l’aula magna trasformandola in classi”.
In difficoltà anche gli istituti comprensivi come quello diretto da Daniela Turci a San Lazzaro di Savena: “Se il distanziamento in classe resterà di un metro io potrò avere 16-17 alunni per aula. E gli altri dove li metto visto che ho sezioni da 25 bambini? All’inizio pensavano di usare anche la mensa come aula ma poi ci hanno detto che dovrà essere mantenuta. Non so come faremo. Nella nostra città ci sono due istituti comprensivi e due scuole superiori e tutti hanno bisogno di spazi”.
A dire la sua sulle classi pollaio è anche uno studente di Bagheria, Andrea Arnone che ha scritto una lettera aperta: “Sono uno studente del liceo Scientifico “D’Alessandro” di Bagheria. Frequento l’attuale seconda H e ho quindici anni. Esattamente due settimane fa, l’ultimo giorno di scuola con la Dad, ho scoperto, insieme alla mia classe, che la terza H non si sarebbe formata e che, sia noi che l’attuale seconda I, saremmo stati smistati nelle rimanenti terze dell’Istituto, entro settembre”. Parole che fanno seguito ad alcuni interrogativi provocatori: “Mi sono posto molte domande sul perché di questa scelta affrettata; anzitutto, come sarebbe possibile smistare trentacinque ragazzi in altre sette sezioni arrivando a una media di ventiquattro studenti per classe in un periodo di distanziamento sociale? Piuttosto non sarebbe più idoneo creare gruppi classe più ristretti? Perché si continua imperterriti con questa scelta nonostante la consapevolezza che la creazione di “classi pollaio” intralcerà del tutto le normative anti-Covid che dovrebbero essere adottate a settembre nelle strutture scolastiche?”.
(Il Fatto Quotidiano)