Nel Foggiano “uno sparuto gruppo di facinorosi”, tra i quali molti militanti del sindacato Usb, ha più volte impedito agli operatori umanitari di raggiungere la baraccopoli
Niente scuola di italiano oggi al “gran ghetto” di Torretta Antonacci, nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico. Lo hanno deciso prudentemente la Caritas diocesana, la Flai Cgil di Foggia e il centroculturale Baobab, dopo che “uno sparuto gruppo di facinorosi“, tra i quali molti militanti del sindacato Usb, ha più volte contestato la presenza di queste realtà, provando a impedire l’accesso all’insediamento. Una gran brutta vicenda. Si interrompe così, dopo appena due lezioni, una bellissima iniziativa di integrazione, la prima nei ghetti foggiani, luoghi di degrado, emarginazione e sfruttamento. Un’iniziativa che è stata molto gradita dagli immigrati.
Più di cinquanta si erano già iscritti al corso
e quando hanno saputo della sospensione molti si sono messi a piangere dicendo “non è giusto, tornate”. Altri addirittura si sono fatti chilometri di strada per raggiungere la sede della Caritas di San Severo. E anche qui lacrime e la richiesta di tornare. Per la scuola e per il prezioso servizio di informazione, particolarmente importante in questi giorni dopo l’avvio delle procedure di regolarizzazione.
Dopo il lockdown l’iniziativa era iniziata due settimane fa, fissandola per ora per ogni giovedì. “Ma ogni volta – scrivono le tre organizzazioni inuna lettera/appello -, uno sparuto gruppo di facinorosi, ha tentato di bloccare tale attività in tutti i modi, minacciando non solo gli operatori delle associazioni, e sindacali, ma anche i ragazzi che liberamente volevano partecipare alla formazione o che chiedevano informazioni”.
Il culmine è avvenuto lo scorso giovedì “quando lo stesso gruppo habloccato l’accesso
impedendo alle associazioni di entrare nello spazio dedicato ai Container, solo l’interessamento delle forze dell’ordine ha permesso alle associazioni di entrare in modo libero nello spazio, ma appena avviate le attività attraverso minacce e azioni persecutorie, i ragazzi sono stati fatti tutti allontanare, anche con gravi minacce agli operatori”.
Ma facciamo un passo indietro.
Nella notte del 4 dicembre 2019 undrammatico incendio distrugge quasi metà delle baracche, lasciando senza un tetto più di 400 immigrati. Al loro fianco c’è da subito la Caritas che porta coperte e viveri. Una presenza che va avanti da anni e che il 27 settembre dello scorso anno aveva portato nel “gran ghetto” il cardinaleKonrad Krajewski, Elemosiniere di Papa Francesco, accompagnato dal vescovo di San Severo, don Gianni Checchinato, che nell’insediamento è stato più volte. Ma la Chiesa non basta. Dopo l’incendio si sono finalmente mosse le istituzioni. Così in un terreno confinante, di proprietà della Regione Puglia, la Prefettura di Foggia ha fatto realizzare un insediamentoprima di tende e poi di container, un primo passo verso la creazione diuna “foresteria” per superare finalmente il ghetto. Anche se questo ancora esiste. Contemporaneamente, come aveva chiesto proprio l’Elemosiniere nel corso della sua visita, sono stati finalmente portati via i rifiuti e portata l’acqua potabile.
Intanto la gestione del campo container viene affidata alle Misericordie.
LaRegione comunica alla Caritas l’affidamento di uno dei container per svolgere la propria attività a favore dei braccianti. Bene. Ma quando il direttore don Andrea Pupilla e i volontari e agli operatori della Flai e di Baobab, si recano per iniziare, non si trovano le chiavi e successivamente
si scopre che le hanno i militanti dell’Usb, così come quelle di altri container. Anzi in quello destinato alla Caritas, e alle altre organizzazioni che fanno parte della Rete di prossimità della Capitanata, proprio l’Usb svolge attività sindacale, ma senza nessun atto formale con la Regione.
C’è davvero una gran brutta aria.
Dopo essere stata contestata, ancheIntersos, che fa parte della Rete, rinuncia alla presenza del proprioambulatorio mobile, malgrado la Regione le abbia affidato la preziosissima attività di prevenzione per l’emergenza Covid-19. C’è aria di gestione monopolistica dell’insediamento, con l’esclusione di tutti gli altri. Si arriva così a giovedì 11 giugno, quando dovrebbero iniziare la scuola e lo sportello informativo. E la scuola comincia. Ci sono i banchi, la lavagna, i libri e i quaderni. Ma iniziano anche le pesanti contestazioni. Gli immigrati che partecipano al corso vengono invitati ad andare via, a rinunciare. Ma non lo fanno. La presenza di un’auto della Polizia comunque evita il peggio. E le lezioni vanno avanti e finiscono, le contestazioni invece proseguono, anche se altri immigrati chiedono insistentemente di tornare. E si arriva a giovedì scorso. Seconda lezione econtestazioni ancora più pesanti. Con accuse assurde. C’è chi dice che non sono arrivati i soldi promessi (???) dal Papa, chi accusa la diocesi di non aver fatto funzionare il protocollo per le residenze firmato col comune. Falso. Malgrado il lockdown sta funzionando e ne scriveremo presto.
Ma il clima è davvero pesante. Lo sa bene il prefetto, Raffaele Grassi
che ha chiesto alla Regione di procedere rapidamente col nuovo bando per la gestione della “foresteria”, con linee guida molto chiare, perchè non è possibile un’autogestione. Mentre la polizia sta indagando su questigravi episodi per individuare le responsabilità. Pur non essendo mai citata nella lettera/appello, l’Usb fa uscire una propria nota, firmata da Antonio Di Gemma e Aboubakar Soumahoro, che se la prendono soprattutto con la lettera/appello. “Una narrazione che riduce il tutto a quattro scapestrati che un bel giorno decidono di vietare l’ingresso ad alcuni soggetti, in una sorta di non luogo privo di identità e chiedere interventi securitari, in particolare da parte di una organizzazione sindacale, francamente ci sorprende”. Accusando di voler “sovvertire il sacrosanto principio all’autodeterminazione singola e collettiva che si è sviluppata attraverso un processo di emancipazione dei lavoratori che va avanti da un pò di anni, e bisogna dirlo, grazie all’azione della Usb”. E concludono affermando che “il lavoratore avrà pure il diritto di scegliere da chi farsi rappresentare, interloquire ed eventualmente aderire all’organizzazione sindacale che ritiene più vicina alle sue istanze”.
Cosa c’entri questo con impedire la scuola e altre attività di integrazione a favore degli immigrati, appare molto difficile da capire. Infatti nellalettera/appello si ribadisce che “la libertà delle persone, degli uomininon deve essere in alcun modo strumentalizzata e manovrataattraverso minacce e persecuzioni“. E proprio per questo si fanno treprecise richieste: l’area dei container deve essere accessibil e a tutte le associazioni, sindacati o volontari che vogliono contribuire a dare una mano per l’integrazione degli abitanti; gli spazi comuni devono essere accessibili a tutti senza esclusione di nessuna associazione; “ripudiamo lo strumento della violenza e della minaccia e della persecuzione verso tutti gli abitanti dell’insediamento”; gli spazi devono essere coordinati esclusivamente dalla Regione Puglia e dalla Prefettura. Resta la manotesa al dialogo e alla collaborazione con tutti. E anche la temporaneasospensione delle attività va in questo senso.
(Avvenire)