Il rifinanziamento di Cassa integrazione, Regioni e Comuni assorbirà metà dei 20 miliardi di deficit che saranno chiesti al Parlamento
Ci sarà anche il miliardo aggiuntivo annunciato sabato 27 giugno da Giuseppe Conte per la ripartenza della scuola fra i capitoli destinati a battagliare per farsi largo nella manovra d’estate che il governo dovrà mettere in pista subito dopo la nuova richiesta di deficit al Parlamento.
Numeri a rischio al Senato
Richiesta che non potrà superare i 20 miliardi, come chiarito dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nel vertice di giovedì 25 giugno di fronte alle pressioni dei partiti. E che quindi dovrà faticare non poco a comporre un menù in grado di accontentare tutte le principali richieste e di venire incontro anche a parti dell’opposizione: perché in uno scenario di scontro frontale come quello che si è delineato negli ultimi giorni intorno al complicato passaggio parlamentare del decreto 34, il rischio di non raggranellare la maggioranza assoluta dei componenti necessaria al via libera al nuovo disavanzo si fa concreto. Soprattutto al Senato. Ma un inciampo del genere è da evitare a tutti i costi perché rischierebbe di rivelarsi ingestibile per la sopravvivenza del governo.
Le attese di comuni e regioni
Ma prima ancora degli equilibri politici, sono i numeri a misurare il grado di difficoltà della nuova prova che attende il governo. La lista delle richieste si sta ancora componendo in questi giorni ma già è lunghissima. I Comuni, che ancora attendono il 10 luglio per capire come saranno distribuiti gli oltre 2,5 miliardi che ancora rimangono nel “fondone” preparato con il decreto 34, chiedono almeno altri tre miliardi. Alla fine il loro capitolo potrebbe in realtà assestarsi intorno ai 2 miliardi. Ma a fianco a loro ci sono le Regioni: il buco calcolato dai tecnici dei governatori viaggia intorno ai 4 miliardi, ma è stato lo stesso presidente della Conferenza delle Regioni, l’emiliano-romagnolo Stefano Bonaccini, a indicare il possibile punto di incontro: 2 miliardi, sotto non si può andare.
Cassa integrazione e fisco
Per le risorse che muove, ancora più pesante è la questione del rifinanziamento della Cassa integrazione. La formula attuale, generalizzata, avrebbe bisogno di 5 miliardi al mese, un ritmo di spesa in grado di annientare in un soffio tutte le ambizioni degli altri settori. Anche per questo Pd ed M5S concordano sul fatto che la spesa va ridotta. Ma l’intesa finisce qui, perché sulla via per raggiungere questo obiettivo le ricette continuano a divergere.
E poi c’è il capitolo fisco. Lo stesso Gualtieri ha annunciato nell’audizione di mercoledì 24 giugno alla Camera l’intenzione del governo di far slittare al prossimo anno una parte delle rate dei pagamenti sospesi fino al 16 settembre. Mossa di fatto inevitabile, perché lo stop riguarda versamenti per quasi 21 miliardi da parte delle imprese più colpite dalla crisi, che quindi in molti casi non riuscirebbero comunque a chiudere tutti i conti negli ultimi 4 mesi dell’anno. Ma una cifra del genere indica anche che lo slittamento ulteriore avrebbe bisogno di 5 miliardi solo per spostare un quarto dei pagamenti.
In questo scenario, alle prime misure di rilancio dei settori in crisi resterebbe solo l’ultima fetta della torta: si tratterebbe di almeno 5 miliardi, da distribuire fra l’automotive, il turismo e le altre filiere produttive schiacciate dal crollo congiunturale. E i numeri pubblicati venerdì dall’Istat indicano che una cifra del genere basterebbe solo ad avviare una parte degli aiuti necessari, a patto di riuscire poi ad attendere il decollo dei nuovi fondi Ue. Il calendario non aiuta. Ma le maglie restano strette, anche a prescindere completamente dal tema del taglio Iva su cui Palazzo Chigi sembra insistere nonostante le resistenze degli alleati.
Scostamenti di deficit
In ogni caso, lo scostamento in arrivo non sarà l’ultimo. Sabato 27 il premier, dopo aver incassato il via libera Ue a misure di aiuto ai lavoratori autonomi per 7,6 miliardi contenute nel Dl 34, ha ribadito l’intenzione del governo di utilizzare i prestiti del Sure, indispensabili per sostenere costi altrimenti ingestibili degli ammortizzatori sociali, e nell’agenda restano i 36 miliardi del Mes che hanno animato il confronto anche al vertice di giovedì sera. Ed entrambi i fondi impongono l’autorizzazione ad altro deficit.
(Il Sole24Ore)