Il presidente della Repubblica al cimitero monumentale, per la Messa di Requiem di Gaetano Donizetti. Con lui il sindaco Gori, 243 sindaci della provincia e il presidente della regione Lombardia Fontana. Polemico con la presenza del governatore il vice presidente del comitato dei parenti delle vittime, Fusco: “Sono irritato”
Un grande, commuovente funerale collettivo per tutte quelle persone che un funerale non hanno potuto averlo. A poco più di tre mesi dall’immagine del corteo dei camion militari che trasportavano altrove i morti da Covid 19 perché i forni crematori erano pieni zeppi. Un omaggio intenso con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, in prima fila. A Bergamo oggi è stato il giorno dell’ultima preghiera. Una celebrazione per le seimila vittime del Covid che in quattro mesi hanno cambiato per sempre il volto della città e di tutta la Bergamasca, una delle zone dove la pandemia ha colpito più duramente che altrove.
Mattarella è stato accolto al cimitero monumentale dal presidente della Regione Attilio Fontana e dal sindaco Giorgio Gori,
tutto a distanza di sicurezza. Ha deposto una corona di fiori ai piedi della lapide in memoria delle vittime dell’infezione nella chiesa di Ognissanti all’interno del cimitero. Poi ha ricevuto il saluto dell’orchestra e del direttore che ha lanciato l’esecuzione dell’Inno di Mameli. Infine il presidente della Repubblica ha preso la parola per quelle che ha definito “riflessioni essenziali”. “Qui a Bergamo c’è l’Italia che ha sofferto, il cuore dell’Italia ferita”, ha detto. “Oggi ci ritroviamo per ricordare. Per fare memoria dei tanti che non ci sono più”. Ma non solo: “Ricordare significa riflettere, seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato, sulle carenze di sistema, sugli errori da evitare di ripetere”.
L’epidemia ha cambiato le nostre vite, lasciando cicatrici indelebili che hanno cambiato le nostre priorità, ha detto ancora Mattarella.
“Il destino di tante persone e delle loro famiglie è cambiato all’improvviso. Vite e affetti strappati, spesso senza un ultimo abbraccio, senza l’ultimo saluto, senza poter stringere la mano di un familiare. Tutti conserviamo nel pensiero immagini che sarà impossibile dimenticare – ha fatto notare il Capo dello Stato -. Cronache di un dolore che hanno toccato la coscienza e la sensibilità di tutto il Paese, ma che, per chi le ha vissute personalmente, rappresentano cicatrici indelebili”.
“Questi mesi, contrassegnati da tanta, intensa, tristezza, ci hanno certamente cambiato. Hanno in larga misura modulato diversamente le nostre esistenze, le nostre relazioni, le nostre abitudini. Dire che, d’ora in poi, la nostra vita non sarà come prima non è la ripetizione di un luogo comune”, ha detto ancora Mattarella. “Non sarà come prima perché ci mancheranno persone care, amici, colleghi. Non sarà come prima perché la sofferenza collettiva, che all’improvviso abbiamo attraversato ha certamente inciso, nella vita di ciascuno, sul modo in cui si guarda alla realtà. Sulle priorità, sull’ordine di valore attribuito alle cose, sull’importanza di sentirsi responsabili gli uni degli altri”.
La ricostruzione richiede impegno.
“Da quanto avvenuto dobbiamo uscire guardando avanti. Con la volontà di cambiare e di ricostruire che hanno avuto altre generazioni prima della nostra”, ha detto Mattarella. “La strada della ripartenza – ha fatto notare il Presidente della Repubblica – è stretta e in salita. Va percorsa con coraggio e determinazione. Con tenacia, con ostinazione, con spirito di sacrificio”. Ma per il Capo dello Stato, che ha più volte sollecitato a fare memoria di quanto successo in questi mesi, queste “sono le doti di questa terra, che oggi parlano a tutta l’Italia per dire che insieme possiamo guardare con fiducia al nostro futuro”.
“Rammentiamoci delle energie morali – ha continuato – emerse quando, chiusi nelle nostre case, stretti tra angoscia e speranza, abbiamo cominciato a chiederci come sarebbe stato il nostro futuro. Il futuro della nostra Italia. La memoria ci carica di responsabilità. Senza coltivarla rischieremmo di restare prigionieri di inerzie, di pigrizie, di vecchi vizi da superare”.
Dopo il suo discorso, il presidente della Repubblica si è seduto per assistere all’esecuzione della Messa di Requiem di Gaetano Donizetti. Una preghiera iniziata dal compositore nell’ottobre 1835 per commemorare la morte dell’amico e rivale di Vincenzo Bellini, a Napoli. La Messa di Requiem, organizzata dal Comune di Bergamo e dalla Fondazione Teatro Donizetti, è stata eseguita dall’orchestra e dal coro del Donizetti Opera Festival. Sul podio dell’Orchestra e del Coro Donizetti Opera.
I cittadini bergamaschi, che hanno potuto assistere alla commemorazione per via delle regole sul contenimento del coronavirus, sono stati rappresentati dai 243 sindaci della provincia, invitati all’iniziativa. Con loro anche il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori e il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.
I parenti delle vittime, polemiche e striscioni
Ma ai rappresentanti dei parenti delle vittime raccolti prima nella pagina Facebook, arrivata a 60 mila adesioni, e poi nel Comitato Noi Denunceremo, la formula scelta non è piaciuta per varie ragioni, tra cui quella che avrebbero voluto essere di più numerosi. Ma non solo. Il vicepresidente Luca Fusco ha sottolineato di non gradire la presenza del presidente della Regione Fontana, cui negli esposti presentati alla magistratura si attribuiscono possibili responsabilità per la mancata istituzione della zona rossa nei Comuni di Nembro e Alzano, quelli più piegati dal coronavirus. “Quale portavoce dei parenti delle vittime – ha detto Fusco, che stasera ha partecipato alla cerimonia, unico del Comitato – vorrei solo essere capace di nascondere la mia irritazione. Non siamo avvezzi a questo tipo di cerimonie istituzionali ma ho chiarito in modo inconfutabile agli organizzatori di questo evento che non avrei in nessun modo condiviso alcuno spazio fisico con il presidente della Regione, considerato quello che io e il Comitato incarniamo come principi e fini istituzionali”.
Da parte sua il presidente della Lombardia, Attilio Fontana ha scritto su Facebook: “L’unico assassino è questo maledetto virus, non si troverà pace fomentando sterili vendette, non si supereranno le difficoltà di oggi senza guardare insieme al domani”. “Come ho detto più volte il tempo è galantuomo, è tutto scritto in documenti e atti ufficiali, oggi non supereremo il dolore con l’odio, abbiamo bisogno di pace e lo dobbiamo prima di tutto verso chi non c’è più”, ha aggiunto Fontana. “Questi ultimi mesi sono stati densi di dolore, a causa del Covid-19 ho perso amici, ho perso il sorriso, ma non ho perso il senso della ragione”.
Circa duecento persone si sono radunate dietro lo sbarramento presidiato dalle forze dell’ordine che delimita l’area vicina al cimitero.
Tre gli striscioni mostrati da alcune di loro. In uno, il più grande, si leggeva ‘Ci avete lasciati soli a piangere e lavorare quando erano altre le cose da fare: Bergamo non dimentica’, in un secondo la scritta ‘Vergogna, Bergamo non dimentica’ e in un terzo le parole ‘Verita’ e giustizià. I partecipanti al presidio spontaneo non rappresentano un gruppo coeso, ciascuno sembra avere le proprie ragioni anche se in diversi manifestano il desiderio di poter partecipare alla cerimonia. “Quella di stasera è una vetrina – ha detto Edoardo – dovevano far partecipare noi cittadini e farci pregare i nostri morti”. “Sono qui perché non ho più una lacrima – spiega Arturo – ho perso 5 familiari da dicembre a oggi. Avrei tanto voluto entrare”. “Siamo qui perchè siamo bergamaschi – dicono marito e moglie – e siamo stati tutti colpiti dal virus”.
Un evento – l’omaggio collettivo alle vittime di Bergamo e provincia – che rappresenta anche un segnale forte di ripartenza. “Sentiamo la responsabilita’ di dare un segno di ripartenza alla comunita’”, ha detto prima di salire sul palco Enrico Pertile, tenore vicentino, parte dei 48 coristi dell’orchestra di 100 elementi che stasera cantato nella Messa da Requiem al Cimitero monumentale di Bergamo per ricordare i seimila morti di Bergamo e provincia. “Siamo qui per chi non ha avuto un funerale, per chi e’ stato portato via, morto senza una carezza dei familiari, dai mezzi militari”, ha detto. Tra i musicisti Ezio Rovetta, bergamasco, ha perso la sorella e il padre per il coronavirus. Davanti al capo dello Stato Sergio Mattarella e ai sindaci della provincia della città più colpita ha suonato il corno nell’orchestra. “Una serata particolare per tutti i bergamaschi e gli italiani, per me ancora di più’ perché ho avuto due lutti familiari a marzo, uno dei quali, la morte di mia sorella di 59 anni, un anno piu’ di me, mi ha particolarmente segnato”.
(La Repubblica)