Da Greenwich Village a Central Park, fuori del ghetto per l’orgoglio gay
Il 28 giugno del 1970 la città di New York fu testimone del suo primo gay pride.
“Migliaia di giovani omosessuali uomini e donne da tutto il nord-est marciarono da Greenwich Village a Sheep Meadow e Central Park proclamando ‘la nuova forza e orgoglio delle persone gay” scrisse il New York Times mezzo secolo fa. La marcia fu organizzata dalla Christopher Street Liberation Day Committee e avvenne esattamente un anno dopo i moti dello Stonewall. Un evento liberatorio e il primo grande risultato nella lotta alla repressione nei confronti della comunità gay. Da allora ne è stata fatta di strada, gli Lgbtq+ ora possono sposarsi, sono apertamente in politica, hanno avuto persino un aspirante candidato presidenziale (Pete Buttigieg, ndr), nella finanza, nelle Forze Armate, nel mondo dello spettacolo, ai vertici di aziende e in qualsiasi altro settore della società senza più il bisogno di nascondersi.
Contrariamente a quanto si pensa, New York City Pride March non fu il primo gay pride negli Stati Uniti, fu preceduto da Chicago il giorno prima, tuttavia fu sicuramente il più importante. “Siamo probabilmente la minoranza più tormentata, più perseguitata della storia – disse durante la marcia Michael Brown, attivista e fondatore del Gay Liberation Front – ma non avremo mai la libertà e i diritti civili che meritiamo come essere umani a meno che non la finiamo di nasconderci e di rimanere nell’anonimato. Dobbiamo uscire allo scoperto e smetterla di vergognarci”.
“Il primo NYC Pride – ha spiegato all’ANSA Eric Marcus, giornalista, produttore, scrittore e autore del podcast ‘Making Gay History ‘ – fu un successo oltre ogni tipo di immaginazione, assieme al gay-in’ (da sit-in, ndr) a Central Park, fu il più grande raduno di omosessuali al mondo.
Mandò un potente messaggio sia ai gay che agli eterosessuali, ossia che c’era un movimento di massa col quale avere a che fare”. Secondo Marcus la marcia di New York, ad un anno dai moti dello Stonewall, in certo senso mise un marchio sugli stessi moti e fissò quell’occasione sul calendario ogni anno negli anni successivi.
Era l’inizio di una grande festa ora celebrata in tutto il mondo. “Il gay pride – ha detto all’ANSA Mark Segal, uno dei Grand Marshal alla marcia del 1970 – è una questione di visibilità.
All’epoca marciammo da Christopher Street a Central Park, lasciavamo il ghetto e dal quel giorno ci sono gay pride in tutto il mondo”.
Cinquant’anni dopo a New York non ci sarà la festa per l’importante anniversario. La pandemia di Covid-19 impedirà che milioni di persone siano in strada a marciare per le strade della Grande Mela come l’anno scorso per i 50 anni dei moti dello Stonewall. Tuttavia il movimento non rinuncia alle celebrazioni anche se saranno in modo virtuale e con un sguardo particolare ad un’altra delle battaglie per i diritti civili che oggi si combatte negli Stati Uniti, la causa di Black Lives Matter, che vuole la fine delle ingiustizie legale al razzismo e una riforma della polizia che metta fine alla violenza soprattutto nei confronti degli afro-americani.
“Quest’anno, il 27 giugno, ci sarà il primo Global Pride completamente virtuale – ha spiegato all’ANSA Cathy Renna, attivista e tra le organizzatrici degli eventi Global Pride – ci saranno conferenze, dibattiti e performance ma su piattaforme streaming. Sarà una celebrazione di tipo diverso e in quest’anno particolare NYC Pride si impegna anche a rendere onore agli operatori del settore sanitario e al movimento Black Lives Matter”.
(Ansa)