Solo una promessa i 3 milioni di visti offerti dal governo britannico. Avanza negli Usa la proposta di legge che sanziona le banche
Un centro finanziario mondiale ma anche una città che quasi da sola si oppone al colosso cinese. Hong Kong ha risposto alla legge liberticida cinese da poco entrata in vigore – formalmente una nuova legge di sicurezza nazionale contro secessione, terrorismo, sovversione, collusione con forze straniere. Legge che non rispetta gli accordi sull’autonomia della regione amministrativa speciale presi con la Gran Bretagna davanti alle Nazioni Unite ventitré anni fa, nel 1997, e in teoria validi 50 anni quindi fino al 2037. In teoria, perché la Cina non sta rispettando gli accordi, sta violando “chiaramente e seriamente il trattato firmato tra il governo cinese e quello britannico nel 1984” ha denunciato il premier britannico Johnson. La legge non colpisce soltanto la libertà di espressione ma preoccupa tutte quelle aziende che lavorano con la sicurezza del dati, mira a rendere difficile la vita agli stranieri a Hong Kong, punisce tutti coloro che per in qualche modo possono minacciare i segreti di stato. C’è molta paura anche tra le istituzioni finanziarie, riporta il Financial Times. La legge altera le regole della concorrenza perché rafforza le aziende che si sono già schierate con Pechino (la Camera di Commercio di Hong Kong ha affermato che la legge sulla sicurezza “riporta stabilità”) e ci sono pure istituzioni straniere come la banca inglese HSBC che si è già detta favorevole alla famigerata legge.
La Cina ferma e arresta circa 370 persone il 1° luglio, giorno del 23esimo anniversario del passaggio dei territori da Londra a Pechino nell’impotenza se non indifferenza generale. La colpa degli arrestati, tra cui pare alcuni quindicenni, è stato violare la nuova legge cioè partecipare a una manifestazione non autorizzata. La reazione cinese contro ogni tipo di obiezione è una pronta minaccia di contromisure.
La promessa britannica di un passaporto
Con un malcelato senso di colpa, il governo britannico ha offerto ai cittadini di Hong Kong una via di fuga promettendo 3 milioni di nuovi visti e la prospettiva di un passaporto britannico. Promessa su cui contano gli attivisti interpellati da Reuters che assicurano “ci saranno centinaia e centinaia di richieste”. Promessa a cui la Cina ha prontamente risposto con minacce “prenderemo analoghe misure contro la Gran Bretagna” ma promessa vana, ammette lo stesso ministro degli esteri britannico, Dominic Raab. Perché il Regno Unito – ha detto il capo della diplomazia del governo Johnson – non potrebbe fare nulla se il regime cinese decidesse di fermare i fuggitivi.
Certo questo costa la fine della “golden era”, quella particolare sintonia almeno formale fra il presidente cinese Xi e l’ex premier britannico Cameron, travolto dalla malagestione di Brexit, ma il presidente Xi oggi non si può permettere di coltivare sogni di gloria globale con la pandemia da coronavirus tutt’altro che debellata (il focolaio di Pechino sembra per ora più un danno di immagine che una emergenza sanitaria come quella vissuta a Wuhan), le critiche occidentali sull’iniziale poca trasparenza riguardo le “polmoniti d’orgine sconosciuta”, e la piazza di Hong Kong tutt’altro che domata.
La cautela di Taiwan
Che tiri una brutta aria in Cina e nelle immediate vicinanze e che il regime guidato da Xi non abbia in questo momento alcuna esitazione a reprimere il dissenso è comprovato dall’avvertimento del governo di Taiwan ai suoi cittadini di evitare i viaggi non necessari a Hong Kong, Macau e naturalmente in Cina perché nessuno come un piccolo nemico vicino conosce l’umore del gigante un po’ in affanno rispetto al passato. Chiu Chui-Cheng, vice capo del Mainland Affairs Council, agenzia governativa taiwanese che si occupa di mantenere e sviluppare i rapporti con la Cina, ha detto ai giornalisti che la nuova legge cinese sulla sicurezza è la “più vergognosa della storia”. Taiwan ha un governo democraticamente eletto e sostiene i dissidenti di Hong Kong, l’avviso ai suoi cittadini è un modo chiaro per evitare probabile ritorsioni.
Le sanzioni americane alle banche
Caratteristica del regime cinese è quello di contrattaccare subito. Raramente, soprattutto nelle relazioni politiche diplomatiche, ricorre a tattiche attendiste. Il 2 luglio si legge che la Cina “deplora e si oppone con forza” alla proposta di legge approvata dalla Camera americana, che torna al Senato per gli aggiustamenti tecnici, e autorizza tra l’altro sanzioni contro le banche che fanno affari con i funzionari cinesi coinvolti nella legge sulla sicurezza nazionale ora in vigore a Hong Kong. “Sollecitiamo gli Usa a capire la realtà della situazione, fermando le interferenze negli affari di Hong Kong e le leggi negative, altrimenti prenderemo forti contromisure”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian.
(Il Sole24Ore)