La vicenda nasce da due ricorsi ex art.700 c.p.c., patrocinati dagli Avv.ti Franco Laugeni e Matteo Moscioni in collaborazione con lo studio associato di consulenza del lavoro D’Angelo-Corinti di Viterbo, proposti avanti al Tribunale lavoro di Viterbo su istanza di due aziende artigiane locali, le quali hanno convenuto in giudizio l’INPS a seguito dell’ingiustificato rifiuto da parte dell’Istituto di erogare la cassa integrazione in deroga Covid-19 a favore dei propri dipendenti, ciò nonostante fosse stata legittimamente autorizzata dalla regione Lazio ai sensi dell’art. 22, comma 4 del D.L. 17 marzo 2020, n.18, dell’art. 5 dell’Accordo Quadro tra la Regione Lazio e le Parti sociali regionali. Il Tribunale di Viterbo, nella persona del Giudice Dott.ssa Parolari, in accoglimento dei ricorsi, con ordinanze del 01.07.2020 hanno dichiarato l’INPS tenuta al pagamento della CIG in deroga per emergenza epidemiologica Covid 19 in favore dei dipendenti delle due aziende artigiane, così come autorizzate dalla regione Lazio. A tali pronunce è seguita in data 06.07.2020 analoga ordinanza resa dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Latina Dott.ssa Angela Orecchio. Con incredibile tempestività, la Regione Lazio, in concomitanza con la decisione del Giudice del Lavoro di Viterbo, inopinatamente, con propria determinazione n. G07675 del 1^ luglio 2020, al solo fine di giustificare la posizione di rifiuto assunta dall’INPS, ha revocato oltre 3.000 decreti di autorizzazione al pagamento della cassa integrazione in deroga a favore di altrettante aziende artigiane, così negando, di fatto, il sostegno al reddito ad oltre 12.000 famiglie.
La questione oltre a manifestare l’illegittimità delle suddette revoche, che rinnegano l’Accordo Quadro regionale stipulato in data 24.03.2020 tra la Regione Lazio e le Parti Sociali regionali, disattendendo e ponendo nel nulla i tre provvedimenti di condanna emessi dai Tribunali di Viterbo e Latina, vìola palesemente l’art. 97 della Costituzione che obbliga ad assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione in favore di tutti i cittadini. Imparzialità e buona fede puntualmente traditi dal suddetto atteggiamento palesemente di parte, insensibile alle necessità del tessuto economico-produttivo del nostro Paese costituito in prevalenza da piccole e piccolissime aziende.
Il rimpallo delle responsabilità da parte dei burocrati della pubblica amministrazione gioca sulla pelle dei lavoratori e delle proprie famiglie, incuranti delle inevitabili conseguenze economico-sociali. Basterebbe rimuovere i soliti balzelli burocratici ai quali oramai siamo abituati ad assistere per dare ossigeno ai lavoratori ed alle imprese, molte delle quali sicuramente saranno costrette a chiudere con inevitabile perdita di ulteriori posti di lavoro.
(Il Messaggero)