La popolazione dei lupi italiani è arrivata circa 2.000 esemplari e ha raggiunto in pratica ogni reale possibilità di diffusione nell’Italia peninsulare
Hanno manifestato una sorprendente capacità di recupero e dalle poche decine che erano sopravvissute alla caccia negli anni ‘70, ora la popolazione dei lupi italiani è arrivata circa 2.000 esemplari e ha raggiunto in pratica ogni reale possibilità di diffusione nell’Italia peninsulare (dall’Appennino Tosco-Emiliano fino all’Aspromonte) insediandosi anche in aree dove apparentemente non sembra esserci una copertura boscosa che favorisce l’attività della specie, come appunto il Salento e fino alle Alpi dove si stima vivano almeno 200 esemplari.
Il caso del lupo di Otranto
che è stato catturato questa mattina dopo che nei giorni scorsi aveva morso una turista, racconta però che questa espansione porta con sé nuovi pericoli per la sopravvivenza della specie e anche nuove sfide.
I lupi non attaccano l’uomo
“Prima di tutto – ha spiegato Piero Genovesi responsabile della fauna selvatica per l’Ispra – va chiarito che siamo di fronte a un caso eccezionale. Sono almeno 150 anni che non si registra un caso di questo genere. I lupi sono animali molto elusivi che non aggrediscono l’uomo e anzi sono riusciti a sopravvivere proprio per questo perché quando vedono un uomo si tengono alla larga”, ma questo aumento della popolazione e questa espansione dei territori che vengono occupati dai lupi, cominciano a creare problemi in questa direzione.
Negli ultimi anni infatti sono sempre più frequenti segnalazioni di lupi un pò troppo confidenti che si avvicinano sempre di più ad aree abitate. “I lupi – ha spiegato Genovesi – ormai vivono stabilmente in territori prossimi anche alle grandi città come per esempio Roma, dove gruppi di lupi sono presenti a Fiumicino, Castel di Guido. Ma sono presenti un pò ovunque in Italia e si stanno moltiplicando le segnalazioni di lupi che si avvicinano alle abitazioni e in qualche caso che predano animali come i cani domestici. Si tratta di un fenomeno che non va sottovalutato e che va tenuto sotto controllo”.
Il rischio ibridazione
Così come non va sottovaluato il rischio legato all’ibridazione. “Si tratta di un fenomeno molto frequente con il quale lupi si accoppiano con cani inselvatichiti e perdono così gran parte delle loro caratteristiche genetiche e della loro indole. In alcune aree, come la Toscana, abbiamo un tasso di ibridazione del 30 per cento”. Fino agli anni ‘70 i pochi lupi che vivevano in Italia erano confinati nelle regioni più interne del Parco Nazionale d’Abruzzo, della Maiella e “in alcune aree del Casentino”, spiega Genovesi.
Si trattava di pochi gruppi molto sporadici che arrivavano a stento a circa un centinaio di esemplari di Lupo Italico, una sottospecie ben distinta dalle altre che vivono in Europa.
“Fino a quel periodo il lupo – racconta l’esperto dell’Ispra – in Italia era oggetto di una caccia spietata che ha portato la specie sull’orlo dell’estinzione. Ricordo ancora che si mettevano taglie per chi riusciva a catturare un lupo. A metà degli Anni ‘70 con l’’Operazione San Francesco’, la campagna del WWF intesa a salvaguardare la specie, sono cominciate a cambiare le condizioni sociali e anche legislative per una migliore tutela e conservazione della specie”.
“Ora il lupo – ha spiegato Genovesi – non solo è tutelato sotto il profilo normativo, ma può contare su un habitat più tutelato perché sono stati realizzati numerosi parchi naturali nei quali le sue prede elettive – caprioli e cinghiali – proliferano in abbondanza”. Oltre a questo aspetto ecosistemico anche da un punto di vista sociale il lupo è ora visto con maggiore benevolenza dalla popolazione anche se non mancano casi di frizione.
Come si spostano i branchi
“Soprattutto in alcune regioni, come la Toscana o sulle Alpi dove la pastorizia non era più abituata alla presenza di predatori, si sono creati molti conflitti innescati dalla presenza del lupo” e dalla conseguente pressione predatoria subita dagli allevatori. Partendo dalle aree originali i lupi hanno dimostrato una grande capacità di resistenza e di adattabilità e sono riusciti, cucciolata dopo cucciolata a riconquistare il loro territorio, seguendo strade e sentieri lungo tutta la dorsale appenninica.
Si muovono in piccoli branchi di solito di tipo familiare (la coppia oltre ai cuccioli di uno o al massimo due anni) costituiti da 2 al massimo 7 individui e ciascuno di questi gruppi occupa un areale che puo’ oscillare tra i 120 e i 200 chilometri quadrati.
“Sono riusciti – ha spiegato Genovesi – anche a superare il collo di bottiglia rappresentato dall’Appennino Ligure che è molto stretto e dall’Appennino sono passati nelle Alpi Marittime e da qui hanno ricolonizzato tutto l’arco alpino. Qualche anno fa fece notizia il caso di una femmina che in provincia di Verona si accoppiò con un maschio che arrivava dalla Slovenia, li chiamarono ‘Romeo e Giuletta’, e che ha dato vita al gruppo che ha poi occupato tutta l’area dei Monti della Lessinia a Nord Est del Lago di Garda”.
Ora i discendenti di quei lupi occupano tutta l’area delle Alpi centrali mentre quelli che sono risaliti dalle Alpi Marittime sono anche scesi sui versanti francesi, svizzeri e poi anche tedeschi delle Alpi. I lupi dell’Europa occidentale parlano in gran parte italiano, mentre altri arrivano dalle foreste dell’Est. In tutto il vecchio continente si stima la presenza di almeno 13-14mila esemplari.
(Agi)