Il prefetto: «Il reato si sta evolvendo ed è ormai funzionale a quello di estorsione e di intimidazione ambientale. Il livello di attenzione da parte delle istituzioni? È massimo»
«Il Covid ha generato una grande offerta di denaro di fronte a un’evidente necessità. Ed è chiaro che, dove non arriva lo Stato, arriva qualcun altro ». Il prefetto Annapaola Porzio, commissario straordinario del governo per il coordinamento delle iniziative Antiracket e Antiusura, è consapevole del rischio legato alla ‘pandemia sociale’ generata dal coronavirus. Ma al di là dell’emergenza in corso, ritiene che la legge antiusura, la 108 del 1996, vada «manutenuta » in virtu dell’evoluzione del reato.
Prefetto, il Covid rischia di favorire l’offerta di denaro da parte della criminalità organizzata?
Il rischio è evidente, anche in virtù della grande disponibilità di denaro da parte della criminalità organizzata. Che poi usa una strategia estremamente efficace. Spesso, almeno all’inizio, non chiede nulla in cambio. Poi arrivano le richieste, che possono essere interessi usurari, assunzioni di determinate persone, indicazioni di specifici fornitori. Per questo ritengo che, pur trattandosi di reati specifici, estorsione, intimidazione ambientale e usura si stiano fondendo l’uno con l’altro, sono funzionali tra loro. Certamente da parte dello Stato il livello di attenzione è massimo, ma l’unica soluzione resta comunque la denuncia.
Ma la legge, secondo lei, è efficace?
Si tratta di una legge del ’96 ed è chiaro che appare un po’ desueta, anche in virtù dell’evoluzione di questi reati cui accennavo prima. Il rischio è anche quello del recupero di una dimensione di reputazione da parte della criminalità, che si propone come un ‘buon padre di famiglia’, in grado di far fron- te alle esigenze dei cittadini. Per questo è importante parlare ancora di piu di questo problema: è necessario risvegliare le coscienze.
Il commissario straordinario Porzio: grande disponibilità di denaro, senza lo Stato arrivano le mafie Alle imprese servono contributi a fondo perduto, non mutui. E dalle persone aspetto più segnalazioni
La Consulta Antiusura ritiene la legge discriminatoria, perché consente l’accesso al Fondo di solidarietà solo a chi possiede un’attività commerciale. Cosa ne pensa?
Mi attengo alla norma. La legge ha affrontato, ritengo giustamente, il tema del reinserimento delle aziende nell’economia legale. Questo perché sono il motore economico del Paese. Se sono soggette alla criminalità organizzata, tutta l’economia legale rischia di soccombere. Questo è lo scopo della norma, che per altro fa da pendant con la norma sull’estorsione. Molto spesso l’usura a cui soggiacciono le famiglie non ha niente a che vedere con la criminalità organizzata, ma è legata a problemi di carattere diverso, certamente seri, come l’azzardopatia, ad esempio.
Il problema delle famiglie rimane, però.
Il nostro intervento è vincolato a una segnalazione, per questo ritengo fondamentale che arrivino sempre più denunce. E le denunce fatte dalle famiglie restano poche. Si tratta di un momento di grande difficoltà per chiunque, sia per le aziende sia per le famiglie. Quanto alla richiesta di inserire anche le famiglie tra i beneficiari del Fondo di solidarietà, è sbagliato pensare che ciò significhi per loro un sostegno economico. Ciò detto ne stiamo parlando, ma alla fine si tratterà di una scelta che spetterà al legislatore.
L’articolo 14 della legge prevede l’attivazione del Fondo di solidarietà tramite un mutuo e non contributi a fondo perduto: cosa ne pensa?
Ho un’opinione molto chiara. Ho anche scritto un pezzo di riforma della norma. In alcune situazioni, il mutuo non è stato un istituto fortunato. Perché ovviamente va restituito e questo, per aziende in gravi difficoltà, è molto complicato. Ciò comporta un duplice danno: l’usurato si trova un ulteriore debito e lo Stato non riceve indietro i soldi prestati. Quindi dal mio punto di vista sarebbe molto più utile un contributo a fondo perduto, unito però a un sostegno di una struttura di accompagnamento che aiuti l’imprenditore a reinserirsi nell’economia legale e a compiere scelte strategiche per la sua azienda.
L’INCHIESTA
1 Figli in pegno: la denuncia Il 9 luglio scorso Avvenire ha denunciato il caso di alcune famiglie di Caserta alle quali gli usurai avevano chiesto in pegno i figli, anche minori, a garanzia dei debiti contratti. Gli strozzini li avrebbero poi impiegati come forza lavoro nelle aziende di loro prestanome.
2 Mafie, le mani sugli aiuti La settimana scorsa un’indagine della Dda di Milano ha messo in luce l’interesse delle ’ndrine sui fondi Covid. Otto le persone arrestate, 27 gli indagati. Secondo gli inquirenti, almeno tre società affidate a prestanome sarebbero riuscite ad ottenere 60mila euro di contributi a fondo perduto e ne avrebbero richiesti altri 250mila.
3 Prima le famiglie: la richiesta La Consulta nazionale Antiusura Giovanni Paolo II chiede che anche le famiglie abbiano accesso al Fondo di solidarietà previsto dalla legge Antiusura e disponibile, stando alla norma, soltanto a soggetti titolari di imprese commerciali. Per le Fondazioni, che hanno raccolto il parere di numerosi costituzionalisti, si tratta di una misura discriminatoria.
(Avvenire)