20 Luglio, 2024
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Ma la maggioranza avrà bisogno al Senato dei voti di Forza Italia

Gelmini: non ci stiamo senza contropartite sul piano fiscale. Aperture da Gualtieri sulla rateizzazione dei versamenti

Si era partiti, qualche settimana fa, con una decina di miliardi, ma la cifra del nuovo maggior deficit che il governo chiederà al Parlamento è lievitata durante il vertice di maggioranza di ieri sera: circa 25 miliardi, che si aggiungono ai 20 e ai 55 già autorizzati a marzo e aprile. Nel 2020, quindi, il disavanzo di bilancio si gonfierà di un centinaio di miliardi per finanziare gli interventi di contrasto alla crisi. A spingere il governo a premere sull’acceleratore sono stati due fattori: il buon risultato ottenuto a Bruxelles sul Recovery fund, che metterà a disposizione dell’Italia 209 miliardi tra prestiti e sussidi; la necessità di tendere la mano alle opposizioni, in particolare a Forza Italia, in vista della votazione in Parlamento, mercoledì, della richiesta di autorizzazione allo scostamento di bilancio. Autorizzazione che, secondo l’articolo 81 della Costituzione, deve essere approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti le camere. Al Senato significa 161 voti. Una soglia non proprio di tranquillità per il governo, tanto più che, secondo il sito specializzato Openpolis, dopo le defezioni degli ultimi mesi, la maggioranza, intesa come somma di M5S, Pd, Iv, Leu e Maie, può contare su 154 senatori. Il governo ha quindi bisogno di altri sostegni, non solo dai senatori a vita. Magari anche con una geometria variabile e qualche contraccolpo. Forse non è un caso che proprio ieri tre senatori — Paolo Romani, Gaetano Quagliariello e Massimo Berutti — abbiano lasciato il gruppo di Forza Italia per approdare nel misto.

I precedenti

Nei precedenti due scostamenti di bilancio il problema non si era posto perché Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia avevano dato il via libera alla richiesta pressati dall’emergenza. Ma stavolta, nonostante l’appello a collaborare che il premier Giuseppe Conte ha ripetuto ieri in Parlamento, il consenso non è scontato. Ieri, alla Camera, il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri (Pd), dopo le aperture già fatte dalla vice Laura Castelli (M5S) ha confermato che uno dei piatti forti del prossimo decreto legge, sarà una forte rateizzazione (fino al 2021) delle ritenute e dei versamenti fiscali e contributivi di marzo, aprile e maggio per ora solo rinviati al 16 settembre. Un passo al quale ha risposto la capogruppo di Forza Italia, Mariastella Gelmini, giudicandolo insufficiente e minacciando di non votare la nuova richiesta di deficit senza altre contropartite sul piano fiscale per i lavoratori autonomi e le partite Iva. Uno scambio di messaggi che lascia intravedere il terreno sul quale si svolgerà la partita. Il decreto legge, che il governo dovrebbe varare all’inizio di agosto, conterrà inoltre un fondo per soddisfare richieste che verranno dalle forze parlamentari, opposizione compresa. L’ultima volta questa dote era stata di 800 milioni, ora potrebbe essere più alta.

L’anticipo del Recovery fund

Ma è soprattutto l’euforia per i 209 miliardi ottenuti a Bruxelles che ha fatto lievitare la richiesta d’indebitamento. Anche perché, le conclusioni del Consiglio europeo prevedono la possibilità di anticipare il 10%, quasi 21 miliardi, a valere sulle spese effettuate nel 2020 a patto che siano in linea con il piano da presentare per i finanziamenti. Di qui i nuovi sostegni allo studio per automotive e turismo. Tutto risolto, allora? No. Il successo di Bruxelles non ha disinnescato la mina del Mes, il fondo salva Stati dal quale potrebbero arrivare subito 36 miliardi di prestiti per la sanità. Pd, Iv e Leu li vogliono, ma i 5 Stelle, con l’appoggio di Conte, continuano a dire di no. Ieri il pressing del Pd, Nicola Zingaretti in testa, si è intensificato. E Conte non ha nascosto il suo fastidio.

(Corriere della Sera)

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