26 Dicembre, 2024
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Il disastro ignorato. Rapporto Ispra sul consumo di suolo in Italia

Il rapporto ISPRA 2019 ci dice che quest’anno abbiamo divorato 50 chilometri quadrati, con la conseguente distruzione dei nostri ecosistemi.

Manca una direttiva europea in materia, mentre la proposta di legge presentata dal Movimento 5 Stelle nel 2017 è ferma da mesi in Senato

Come ogni anno l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha presentato il suo rapporto sul consumo di suolo. L’edizione 2019  fornisce il quadro drammatico delle trasformazioni del nostro paese,

dove il consumo e il degrado del territorio, con la conseguente distruzione dei nostri ecosistemi, continuano a un ritmo non sostenibile arrivando a divorare oltre 50 chilometri quadrati ogni anno, senza che alcun argine sia stato posto da interventi normativi efficaci. Si continuano a costruire edifici, strade, ferrovie, piste di aeroporti, banchine di porti, discariche e depositi permanenti, anche se continuano a dire che i cantieri sono fermi e bisogna far ripartire le grandi opere. Si coprono anche terreni agricoli di impianti fotovoltaici a terra, negando la possibilità di coltivarli.

 

 

Nelle zone periurbane e urbane aumentano le superfici artificiali e la densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali.

La stessa cosa avviene nelle aree limitrofe al sistema infrastrutturale, che per la loro maggiore accessibilità risultano oggetto di interventi massicci di artificializzazione.  Contemporaneamente alla diffusione, alla dispersione e alla decentralizzazione urbana si assiste anche alla densificazione di aree urbane, con la conseguente perdita di superfici naturali all’interno delle nostre città che rappresentano superfici preziose per assicurare l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto. Le trasformazioni maggiori si sono avute soprattutto nelle aree costiere e in quelle di pianura, mentre nelle aree interne si assiste all’abbandono delle terre e alla frammentazione delle aree naturali.

Scorrendo i dati del rapporto vediamo che si conferma la tendenza all’alto consumo in Veneto, in Lombardia e nelle pianure del nord. Non sono da meno però le coste siciliane e quelle adriatiche, fino alla Puglia meridionale. L’area metropolitana di Roma detiene, come sempre, la posizione di capolista in questa triste classifica.

 

In Italia risultano consumati 2.140.000 ettari di suolo, pari al 7,10% del totale. Nel comune di Roma 30.113 ettari, pari al 23,42% del suo territorio, con un incremento di superficie artificiale di 108 ettari nel 2019. Dal 2012 a oggi, oltre 500 ettari sono stati artificializzati.

 

Questa corsa a occupare suolo non si ferma neanche di fronte alle aree protette o vincolate per la tutela paesaggistica e, cosa ancora più grave, in aree a pericolosità idraulica, da frana e sismica. Visto il contesto di fragilità del nostro territorio tutto questo avrà importanti conseguenze per la sicurezza. L’11,9% del suolo consumato ricade in zone a pericolosità da frana, l’11,6% a pericolosità idraulica e il 37,7% a pericolosità sismica.

Le aree consumate non erano inutili o abbandonate. Negli ultimi sette anni hanno garantito la fornitura di 3 milioni e 700mila quintali di prodotti agricoli e 25mila quintali di prodotti legnosi, lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio, l’infiltrazione di oltre 300 milioni di metri cubi di acqua di pioggia.

Sorprende vedere che è secondo per consumo di suolo un piccolo comune della Sardegna. Uta appartiene all’area metropolitana di Cagliari, ha 7.800 abitanti e ha consumato nel 2019 ben 58 ettari. Non è l’unico comune sardo a essere interessato da questo fenomeno, abbiamo anche Assemini che vede 34 ettari del suo territorio non più disponibile alla coltivazione. Si scopre che questo abnorme consumo di suolo dipende dall’ampliamento delle superfici destinate all’installazione di pannelli fotovoltaici a terra, su aree precedentemente agricole. La stessa cosa succede nella Tuscia viterbese dove a Civita Castellana l’installazione degli impianti ha determinato una crescita del consumo di suolo di 44 ettari. Tutta la provincia di Viterbo è interessata da progetti di impianti fotovoltaici, sono 14 quelli all’esame del parere della Regione Lazio. Le associazioni ecologiste, insieme a molti sindaci, si sono attivate per contrastarli. Sono allo studio anche regolamenti comunali che stabiliscano una percentuale massima di territorio da destinare a questa funzione.

 

La Commissione Europea ha stilato delle linee guida per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo, ponendosi l’obiettivo di arrivare a consumo zero entro il 2050. Tuttavia, non è presente una direttiva vincolante né una legge a livello nazionale che indirizzi in modo univoco la gestione del problema.

 

Da anni si parla di una legge nazionale per contrastare il consumo di suolo. L’iniziativa è stata promossa nel 2012 dall’allora Ministro alle Politiche Agricole Mario Catania, con la presentazione di un disegno di legge incentrato sul contenimento del consumo di suolo agricolo. La proposta si è progressivamente svuotata di contenuti in grado di fronteggiare l’emergenza e non è mai arrivata a vedere la fine dell’iter legislativo. Nel 2017 il Forum Salviamo il Paesaggio, una rete civica nazionale alla quale aderiscono più di mille associazioni, ha elaborato un testo normativo  che esplicita chiaramente cosa occorre fare per tutelare i suoli ancora liberi. La proposta è stata ripresa integralmente dalla senatrice Paola Nugnes, prima firmataria del DDL “Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati” presentato nel marzo 2018 dal Movimento 5 Stelle. Nonostante l’impegno del Ministro Sergio Costa e le molte audizioni di soggetti che hanno offerto valutazioni tecniche, scientifiche, sociali, economiche la proposta è da mesi ferma al Senato. Intanto lo scempio continua: ogni secondo vengono consumati 2 metri quadri.

(Dynamopress)

 

 

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