22 Dicembre, 2024
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Pandemia sociale. Nel deserto di Venezia che ora lotta per sopravvivere

La Serenissima, già messa in ginocchio dall’alluvione di novembre, ha vissuto il Covid come uno tsunami: sbriciolati gli arrivi, via le navi, le calli vuote. E la povertà cresce a dismisura

Da una settimana è partito il viaggio di “Avvenire” nella «pandemia sociale»: l’inchiesta che racconta l’emergenza economica causata dal coronavirus. Città per città, territorio per territorio, il nostro impegno porterà ai lettori la fotografia di un’Italia piegata dal Covid-19. Famiglie in difficoltà, imprese a rischio usura, vecchi e nuovi poveri aggrappati alla solidarietà dello Stato e delle molte associazioni cattoliche in prima linea.

«Finalmente. Sono emozionato, come fosse la prima volta. È stato complicato, in questi mesi. Ci si è messo anche il Covid, la chiusura delle fabbriche… Riaprire non è stato facile». Gli occhi lucidi, il sorriso stanco: bisognava vederlo Walter Mutti, quando in fondamenta delle Zattere gli hanno recuperato, nei giorni scorsi, l’edicola trascinata via dall’acqua granda del 12 novembre 2019 ed inabissatasi nel canale della Giudecca. In questi mesi Walter ha ripreso l’attività ospite di don Andrea, il parroco, e grazie ad una raccolta spontanea di aiuti. È il simbolo di Venezia che lotta, che vuol rinascere, che non ci sta alla crisi senza fine in cui sprofonda ormai da mesi.

Fino all’anno scorso scoppiava di turisti, la Serenissima: 30 milioni l’anno, tanto da immaginare i cancelli per il numero chiuso.

Ed ora è vuota. Il 15% degli alberghi aprirà solo a fine estate. Un altro 15% non aprirà affatto. Solo 7 hotel su 10 sono attivi. «Si tratta di una scommessa, un atto di fede, perché in realtà turisti in questo momento non ce ne sono – ammette il direttore dell’Associazione Veneziana Albergatori (Ava) Claudio Scarpa –. Infatti i tassi di occupazione delle camere sono al 15%; erano saliti al 40% solo nella notte del Redentore». In autunno il tasso dovrebbe salire al 40%, ma è comunque insufficiente a reggere i costi aziendali. Federalberghi Veneto ha ipotizzato che il turismo ritornerà ai livelli pre-Covid solo nel 2023. «Dal decreto Agosto mi aspetto la decontribuzione per gli imprenditori, ormai in crisi di liquidità, che decidono di riassumere – anticipa il presidente Marco Michielli –. Ma anche aiuti concreti per i dipendenti, fortemente provati da questa situazione di costante incertezza».

La crisi da pandemia eredita quella provocata dall’acqua alta di metà novembre.

Nel primo semestre di quest’anno le ore autorizzate di cassa integrazione sono state più di 31 milioni, tre volte tanto dei 10 milioni nello stesso periodo del 2012, quando si erano fatti sentire gli effetti della crisi del 2008; solo un milione e mezzo nel primo semestre 2019. Sono state liquidate circa 47mila richieste di integrazione salariale. E non sono tutte. A dimostrazione di un disagio davvero profondo. Si diceva dei danni da acqua alta. È arrivato in queste ore l’annunciato decreto del sindaco/commissario sul ristoro: fino ad oggi più di 14 milioni. Finora – cioè a 7 mesi di distanza – sono stati liquidati 1.168 privati e 1.329 tra aziende, enti e associazioni. E la lista è ancora lunga.
Ma Venezia, come Walter Mutti, vuol risorgere. Il porto di Marghera ha registrato, nel primo semestre, un calo del 12,4% nella movimentazione delle merci, ma sta recuperando. Il settore petrolifero ed energetico ha segnato il passo, ma quello siderurgico ha tenuto. E le crociere turistiche? «Fintanto che i ministeri vigilanti non avranno un’uniformità di visione che ci consentirà di fare le crociere in sicurezza, non credo che ripartiranno – risponde il presidente dell’Autorità portuale, Pino Musolino – L’idea è di farlo con tutte le cautele del caso». A settembre, probabilmente. Deve arrivare il via libera del governo, ma anche delle Regioni. Intanto i Comitati “Stop Grandi Navi” scaldano i motori.

 

«Siamo in presenza di una crisi che colpisce di più gli ultimi, ma anche i penultimi, e finanche il ceto medio, gli operatori del terziario – sottolinea Gianfranco Bettin, sociologo, scrittore, presidente della Municipalità di Marghera –.

Una crisi improvvisa e drammatica che divide le persone: tra chi ha più garanzie e chi ne ha meno, tra chi è precario e chi ha un lavoro stabile. E la ripartenza sta discriminando ancora di più: tra chi ha un settore, un lavoro, a cui tornare, e chi non sa più dove andare perché la sua attività si è prosciugata, è fallita, non ce la fa. Da qui la necessità di far ripartire soprattutto il lavoro, quindi il reddito». La società e la Chiesa veneziane si preparano al peggio. A Carpenedo è stata posta, l’altro ieri, la prima pietra dell’Emporio solidale della Fondazione Carpinetum e dell’associazione Il Prossimo, che termineranno nel settembre del 2021. «Sognavo questa pietra da tanto tempo – sottolinea con commozione don Armando Trevisiol, presidente onorario della Fondazione –, chiedo al Signore di concedermi il tempo di vedere l’opera funzionante». «Con questa pietra – spiega don Gianni Antoniazzi, presidente della Fondazione – l’opera è iniziata, ultimo tassello di un mosaico avviato con la bottega solidale, poi la distribuzione di cibo e la cura della buona terra, e ancora vestiti, l’arredo della casa. Il Covid ha aumentato il disagio».

L’architetto Marco Zordan che dirige il cantiere a “Le Muneghette”, a Venezia, sestiere di Castello, assicura che entro l’autunno sarà pronta anche la nuova mensa che sostituirà la “Tana” e “Betania”, le due realtà che offrivano pranzi e cene ai poveri a cura del Patriarcato.

C’è anche chi ha fame a Venezia, e non ha da mangiare. La struttura metterà a disposizione anche un alloggio per donne in difficoltà o persone senza casa, e una foresteria per gruppi parrocchiali impegnati nei relativi servizi. Le Caritas di Treviso e di Venezia sono impegnate su una serie di interventi di supporto e stanno costituendo un fondo di solidarietà necessario per attivare misure di sostegno al reddito per chi non beneficia di ammortizzatori sociali.

Accanto al progetto, fra i tanti, CentroMarca Banca, attraverso la sua Fondazione Cmb. «In queste settimane – fanno sapere don Davide Schiavon ed il diacono Stefano Enzo, responsabili rispettivamente di Caritas Treviso e di Caritas Venezia – il numero delle persone che chiede aiuto è notevolmente aumentato rispetto a prima dell’emergenza coronavirus. Quello che noi possiamo fare è garantire loro il minimo necessario: una borsa della spesa settimanale e in alcuni casi un contributo economico per pagare le bollette di luce, acqua e gas, servizi indispensabili per garantire la vivibilità e l’igiene in famiglia». Il disagio si percepisce soprattutto in quelle aree cittadine che già prima del Covid erano “occupate” da malavita, spaccio, prostituzione, come intorno alla stazione di Mestre. «Il fenomeno con la fine del lockdown sta riprendendo – osserva il parroco di Santa Maria di Lourdes, don Marco Scaggiante – e ne sono preoccupati soprattutto i tanti anziani che abitano nel quartiere».

(Avvenire)

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