22 Novembre, 2024
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Beirut, cosa è successo: le esplosioni alla vigilia del verdetto sulla morte dell’ex premier Hariri

Beirut, l’enorme doppia esplosione che ha scosso la capitale del Libano avviene ad appena tre giorni dal verdetto del tribunale speciale incaricato dall’Onu di condurre le indagini sul micidiale attentato in cui quindici anni fa, sul lungomare di Beirut, venne assassinato l’ex premier Rafik Hariri, e 21 altre persone.

Sotto processo, in contumacia, ci sono quattro membri di Hezbollah, il potente movimento sciita filo-iraniano alleato di Damasco, e il 7 agosto la Corte, con sede all’Aja, annuncerà se sono innocenti o colpevoli. Si tratta di un verdetto, a lungo atteso, ma anche temuto perché potenzialmente potrebbe scuotere di nuovo alle fondamenta il Libano, già alle prese con la peggiore crisi economica degli ultimi decenni, che ha lasciato quasi la metà della popolazione in povertà, aggravata inoltre dall«epidemia di Covid-19.

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In questo quadro, inoltre, negli ultimi giorni c’è stata anche una nuova fiammata di tensione con Israele, che ha affermato di aver sventato un tentativo di infiltrazione da parte di un commando armato formato da cinque guerriglieri di Hezbollah.

L’assassinio di Hariri, il 14 febbraio 2005, noto come l’attentato di San Valentino, fu realizzato con una enorme carica di 3.000 chilogrammi di esplosivo caricata su un camion-bomba. L’attentato innescò da subito violente e ripetute proteste di massa a Beirut e in tutto il resto del Paese. E anche una forte ondata di pressioni internazionali che costrinsero infine la Siria a porre fine, dopo 29 anni, alla sua presenza militare nel Paese, dopo che l’indagine delle Nazioni Unite la collegò con l’attentato.

Nel giro di poche settimane, Damasco, il 26 aprile dello stesso anno, riportò a casa il suo contingente di 40.000 soldati. Il vuoto che lasciato dalle forze siriane venne poi di fatto colmato da Hezbollah, da allora diventato ancora più potente, sia come movimento politico che fa parte del governo libanese, sia come organizzazione militare, superiore anche all’esercito libanese. Il suo leader, lo sheick Hassan Nasrallah, ha sempre negato qualsiasi ruolo del movimento nell’attentato, respingendo allo stesso tempo il tribunale, che sprezzantemente definisce politicizzato. Anche per questo, è molto improbabile che, in caso di verdetto di colpevolezza, gli imputati verranno consegnati alla giustizia. Ma al contrario, con ogni probabilità, una eventuale condanna potrebbe rappresentare un ulteriore grave problema per il governo del premier Hassan Diab.

(IL Mattino)

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