L’assenza di test, rende però impossibile avere un quadro preciso dell’emergenza. Il Sudafrica resta l’epicentro. L’Oms «preoccupata» per Tanzania e Burundi accusati di censurare i dati
Il Continente africano ha superato ieri la soglia di un milione di contagi. Ad essere sinceri, però, nessuno ha un’idea precisa di ciò che sta accadendo in Africa rispetto al Covid-19. La pandemia, in assenza di cifre credibili, continua a espandersi a macchia d’olio nei cinquantaquattro Stati. Le autorità locali parlano quindi di un «cammino ancora lungo» per superare questa crisi. «Dobbiamo agire in maniera aggressiva e coraggiosa», ha dichiarato ieri il centro dell’Unione africana per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc-Africa). «Ci è difficile comprendere la reale estensione della pandemia a causa dei pochi tamponi effettuati. Per il momento – riferiva ieri il Cdc-Africa –, sono circa 22mila i decessi e 690mila le persone guarite dal Covid-19».
Il milione di contagiati in Africa rappresenta quindi una cifra alquanto fittizia. La metà di essi è stata registrata in Sudafrica dove il ministero della Salute ha comunicato domenica scorsa il raggiungimento di «8.153 morti e oltre 11mila contagi in un solo giorno». Nonostante le differenti restrizioni, il Paese sembra ancora lontano dall’arrivare al picco della pandemia. «I ritmi del Covid-19 sono sempre più serrati con una concentrazione maggiore nella capitale, Pretoria – ha recentemente affermato Zweli Mkhize, ministro della Salute sudafricano –. I nostri specialisti affermano che ci vorrà almeno un altro mese prima di eventualmente vedere il picco». In cinque mesi, il Sudafrica ha eseguito circa 3,5 milioni di tamponi.
L’epicentro della pandemia si trova nella piccola provincia del Gauteng, dove un terzo dei contagiati concentrato tra Pretoria e la capitale commerciale, Johannesburg.
Dopo quella meridionale, la seconda regione africana più colpita è quella settentrionale, Egitto in testa. Dei circa 170mila casi nordafricani, il Cairo ne ha registrati 95mila.
«L’Africa occidentale conta invece 137mila malati, di cui 45mila in Nigeria – secondo dati governativi –, mentre l’Africa orientale ha 86mila contagi e la regione centrale ne ha 50mila». Molti Paesi – soprattutto quelli in guerra come Sud Sudan, Centrafrica, Somalia, Repubblica democratica del Congo e Burkina Faso – mancano comunque di materiale e personale medico in grado di analizzare al meglio la situazione. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sta esercitando pressione affinché la comunità internazionale intervenga con aiuti di vario genere per il Continente.
«In numerosi Stati abbiamo notato negli ultimi giorni una riduzione dei casi quotidiani del 20 per cento – ha dichiarato l’etiope Tedros Ghebreyesus, a capo dell’Oms –. Ci insospettisce questa tendenza poiché sappiamo che la mancanza di materiale per fare i test è una sfida costante».
L’organo sanitario dell’Onu ha, inoltre, espresso una forte preoccupazione per la Tanzania e il Burundi.
Da mesi le autorità di entrambi i Paesi stanno celando le cifre reali e conducendo una campagna di intimidazione contro chiunque parli pubblicamente della pandemia. Ci sono invece Stati come il Madagascar dove sono in corso terapie «tradizionali» giudicate pericolose dagli esperti. «Stiamo iniettando alla popolazione due tipi di farmaci – ha dichiarato il presidente malgascio, Andry Rajoelina, criticato in passato per aver promosso una presunta tisana in grado di prevenire il contagio del virus –. Per ora non possiamo comunque rivelare la natura di questi medicinali».
Secondo alcune fonti, i due farmaci sarebbero a base di artesunato, utilizzato contro la malaria, e di vitamina C. Nonostante un numero inizialmente basso di contagi e l’assenza di decessi per alcuni mesi, da luglio il Madagascar ha subito un’impennata di casi raggiungendo gli «oltre 12mila malati e 135 morti».
La rapida adozione di misure restrittive, la giovane età media di 19 anni, e il fattore climatico, sono alcune delle ragioni per cui il Continente africano sta evitando «l’ecatombe» preannunciata erroneamente mesi fa dall’Oms. Ma il numero limitato di tamponi e la fragilità dei sistemi sanitari locali spingono l’Africa a non abbassare la guardia.
(Avvenire)