Vietate le foto e gli ingressi non autorizzati della prefettura.
E ora, e dopo il lockdown, le proteste sono continue: più che a un centro per migranti in attesa di essere riportati in patria o regolarizzati, il Centro per i rimpatri di Ponte Galeria è sempre più simile a un carcere, un “no man’s land” in perenne stato di conflitto. In realtà di solito a Ponte Galeria i momenti di tensione non mancano ma col lockdown le acque si erano calmate. Nell’ultimo mese, invece, ci sono stati almeno tre tentativi di fuga con un incendio. L’ultimo 4 giorni fa: in sei si sono introdotti nei condotti dell’aria climatizzata, sono arrivati sul tetto, con un salto hanno raggiunto il muro della prima recinzione, hanno scalato il muro di cinta e sono usciti. Tutti con precedenti penali: cinque sono stati ripresi, uno no. Un ispettore di polizia ha riportato ferite al volto. Il 20 luglio un altro tentativo di fuga, il 17 un incendio nel quale un altro agente è rimasto intossicato.
“È diventato un contesto molto difficile per agenti e civili”, spiega Antonio Patitucci segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil Roma e Lazio.
Il problema del Cpr, ex centro di identificazione ed espulsione, è a monte: i suoi “ospiti” non sono formalmente detenuti ma non possono uscire dalla struttura, se non per le pratiche burocratiche e accompagnati dagli agenti. Sono persone in stand by, in genere dall’Est Europa o Africa: alcune con precedenti penali, altre con alle spalle storie drammatiche di violenze e sfruttamento. Chiusi nel Cpr non hanno possibilità di reinserirsi, in attesa per mesi di un timbro che li riporti in patria tra ricorsi e ritardi.
” È un vulnus legale e dei diritti umani: ci sono persone trattenute oltre i giorni previsti per legge – spiega Gabriella Stramaccioni garante del Campidoglio per i diritti delle persone private della libertà – ma anche per le condizioni sanitarie: il centro presenta gravi criticità ” .
La struttura si trova in via Chiodi di fronte la nuova Fiera di Roma e dipende dalla prefettura. Al momento ospita 43 uomini e 9 donne ma ne può ospitare, rispettivamente, fino a 120 e 60. Molti i drammi personali: prostitute fermate per strada, rom sorpresi col foglio di via e altri casi limite.
” Lo scorso anno una badante ucraina è stata fermata per strada e portata nel centro ed è morta per problemi cardiaci: le figlie non ne sapevano nulla – spiega la Stramaccioni – in carcere posso accedere anche per visite a sorpresa, a Ponte Galeria no. Questo modello deve chiudere ” . L’allarme arriva anche dal Silp. “Se questi centri devono esistere – spiega Patitucci – devono essere gestiti al meglio per la sicurezza degli agenti e la dignità degli ospiti “. Ma a Roma la carenza di personale in polizia è strutturale: ” L’immigrazione è affrontata sempre in modo demagogico – conclude Patitucci – l’ufficio di Roma, di cui Ponte Galeria è solo uno delle strutture, conta 300 agenti me ne servirebbe il 20% in più”.
(La Repubblica)