28 Dicembre, 2024
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Giornata mondiale del cane: i loro occhi sanno leggere nella nostra anima, noi dovremmo imparare a conoscerli meglio

«Che cosa stai pensando? Dai parla, non puoi essere così intelligente e non parlare». Chi ha un cane quasi certamente si è trovato a pensare di fargli questa domanda. Lui ti guarda intensamente con quegli occhi dolcemente liquorosi. E tu lo osservi aspettandoti che da un momento all’altro inizi a parlare come nel film “Dr Dolittle”. «Gli manca solo la parola», si sente dire quando si vuol spiegare agli altri quanto sia perfetto quell’essere scodinzolante.

Quando ho avuto il mio primo cane, Lella, l’espressione del suo sguardo era talmente dolce, talmente profonda che non me ne capacitavo. Passavo molto tempo a guardarla negli occhi. Con il passare degli anni ho poi capito che lei non aveva bisogno della parola per comunicare. Quando la guardavo negli occhi spesso avevo la sensazione che mentre io cercavo di capire che cosa stesse provando, lei non avesse alcun problema nel leggere dentro la mia anima. E per farmelo capire non aveva bisogno della parola, perché aveva occhi, coda, zampe  e tutto quello che la natura le aveva donato per comunicarmi dalla sua felicità al suoi momenti di stress, alla sua incredibile sensibilità nel comprendere i miei momenti più bui e quelli di gioia. Anni dopo, in un corso per diventare coadiuatore del cane in pet therapy, ho poi avuto la conferma di questa meravigliosa loro qualità: mentre noi ci fermiamo all’aspetto fisico del malato, alle difficoltà di esprimersi o di muoversi, loro riescono ad arrivare all’anima della persona. Riescono a superare la barriera della malattia dove la persona è ingabbiata e arrivano in profondità. Riescono ad arrivare dove spesso la medicina da sola non arriva. Riescono a essere un ponte comunicativo fra il medico e il paziente, superando barriere e rompendo blocchi che sembrano indistruttibili.

Lella è sempre stata l’amica perfetta. Che ti lasciava sfogare. A cui potevi raccontare per ore le tue preoccupazioni. E lei non si stufava mai. Già perché la meravigliosa qualità di un cane è il suo desiderio di condividere qualcosa con noi. I loro occhi sono sempre intenti a percepire anche il nostro più piccolo stimolo, quasi fosse il “segnale”: ok, ora io e lui partiamo in un’altra avventura. Non importa poi che cosa fai, l’importante è fare qualcosa “insieme”. Perché il cane ha bisogno di vivere la vita con noi: migliaia di anni fa siamo stati noi ad addomesticarlo, a renderlo parte della nostra vita. E per lui è normale voler vivere ogni istante con noi.

Da 13 anni LaZampa.it racconta quotidianamente storie di animali, e spesso quelle dei cani sono le più significative perché sottolineano quel rapporto incredibilmente forte fra uomo e quattrozampe.

In questi 13 anni il rapporto che le persone hanno maturato con i cani è molto cambiato e, sotto molti aspetti, migliorato: il numero di cani presenti nelle case è significativamente cresciuto e con loro, per fortuna, il numero di adozioni; spesso quei genitori che dicono “no, in questa casa non entrerà mai un cane” sono poi i primi a tenerseli ben stretti; anche il modo di viaggiare è cambiato con una sempre maggiore richiesta di alberghi, ristoranti, spiagge e altro che prevedano la possibilità di portarsi anche il cane.

Oggi è la Giornata mondiale del cane e  il modo migliore di celebrarla sarebbe quello di iniziare un nuovo percorso: quello di conoscere realmente il proprio animale. Spesso si sente dire che “per me il mio cane è uno dei miei figli”. Dimenticando però che, come i figli, quelli “veri”, anche i cani maturano e sarebbero ben contenti di vivere nuove esperienze: sarebbe più corretto dire che i cani sono nostri “amici”, “compagni di viaggio”. Un modo per darne il giusto rispetto in un rapporto più equilibrato.

Una delle cose che Lella mi ha insegnato è osservare le persone: per cercare di capirne le sue emozioni, i suoi comportamenti (quando ero ancora digiuno di quanto conosco oggi), la osservavo. E questo desiderio di capire anche ciò che le persone non dicono mi è rimasto: dai loro stati d’animo alle verità/bugie che possono raccontare. Un qualcosa che mi ha fatto molto riflettere in questo periodo di Covid: abbiamo vissuto in un mondo che per molto tempo è stato iperaccelerato. Ora il Covid ci ha costretti a rallentare e a riflettere: durante il lock down siamo stati confinati nelle nostre abitazioni e, ora che siamo tornati “liberi”, abbiamo dovuto imparare il senso della pazienza, dell’attendere.

In tutto questo, i cani sono diventati i nostri “eroi”: ci hanno permesso di uscire di casa per fare la passeggiata.

E allora in molti Stati, soprattutto negli Stati Uniti, c’è stata quasi una corsa a procurarsi quel “pass a quattrozampe” che permetteva di uscire dal confinamento. Una grande opportunità per rallentare i ritmi e imparare a conoscerli: quando qualcuno mi incontrava a passeggio con Lella e mi chiedeva “allora, è l’ora di portarla a passeggio?”, io rispondevo “si, ma non sono io che la porto a passeggio, è lei che porta a passeggio me”. E questa era la verità: perché se faceva troppo caldo o freddo era lei che decideva di cambiare percorso; se era in vena di abbaiare andava nelle vie dove c’erano i cani dietro ai portoni e, ancora, evitava accuratamente la via dove c’era lo studio del veterinario con cui non ha mai avuto un buon feeling.  Passeggiare con il proprio cane diventa un arricchimento, l’opportunità di vedere un mondo da un altro punto di vista (spesso a pochi centimetri da terra).

Per celebrare al meglio questa giornata mondiale del cane bisognerebbe dedicare loro del tempo “speciale”, facendo con loro qualcosa che non si è mai fatto e prima di andare a dormire guardarsi negli occhi lasciando che loro leggano la felicità che hanno regalato alla nostra giornata “insieme”. Il primo passo, a sei zampe, per conoscerli meglio.

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(La Stampa)

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