25 Novembre, 2024
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“Possibile dimezzare le vittime di Covid in terapia intensiva”

Lo studio del Sant’Orsola di Bologna

Il segreto è scovare in tempo i pazienti che hanno un “doppio danno” ai polmoni: il virus ha danneggiato sia i loro alveoli sia i capillari e il 60% degli ammalati ricoverato in terapia intensiva in queste condizioni muore. Ma se questa doppia ferita viene scoperta in tempo, attraverso due semplici esami, la diagnosi precoce e le cure dei medici possono salvare molte più vite: “un calo della mortalità fino al 50%”. Questo dice un importante studio coordinato dal professor Marco Ranieri, direttore della Terapia intensiva al policlinico Sant’Orsola di Bologna, che ha coinvolto 301 pazienti di numerosi ospedali italiani e ha visto la collaborazione di Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità e membro del Cts. I risultati dello studio sono stati pubblicati su “Lancet Respiratory Medicine” (qui il link allo studio completo) lo scorso 27 agosto e aprono importanti scenari nella lotta al Covid-19.

Cos’è il “doppio danno”

Lo studio dimostra che il Covid può danneggiare entrambe le componenti del polmone: gli alveoli (che prendono l’ossigeno e cedono l’anidride carbonica) e i capillari (i vasi sanguigni dove avviene lo scambio tra anidride carbonica e ossigeno). Quando il virus danneggia soltanto una delle due parti, la mortalità è del 20%. Quando colpisce entrambe, schizza al 60%. Eppure, spiegano gli studiosi, l’identikit (il “fenotipo”) dei pazienti col doppio danno è facilmente identificabile in tempo utile grazie alla misurazione di due parametri che dicono come funzionano i nostri polmoni.

Caccia al fenotipo

“Questi risultati – spiegano dal Sant’Orsola – hanno importanti implicazioni sia per le cure attualmente disponibili che per i futuri studi su nuovi interventi terapeutici. Oggi il riconoscimento rapido del fenotipo col “doppio danno” consentirà una precisione diagnostica molto più elevata e un utilizzo delle terapie ancora più efficace, riservando a questi malati le misure terapeutiche più aggressive”, e curando invece con la ventilazione non invasiva col casco e il ricovero in terapia sub-intensiva i pazienti con “danno singolo”.  “Nel futuro questi risultati consentiranno di identificare rapidamente i pazienti in cui testare trattamenti sperimentali con anti-coagulanti per prevenire il danno ai capillari polmonari”.

Il prof del doppio ventilatore

Marco Ranieri, professore dell’Università di Bologna, direttore della terapia intensiva polivalente del policlinico, durante l’emergenza Coronavirus è stato protagonista dell’invenzione del doppio ventilatore: un sistema per collegare due pazienti contemporaneamente allo stesso macchinario invece di uno, escogitato durante i giorni drammatici in cui posti letto e attrezzature rischiavano di non bastare per tutti. Questo nuovo studio, invece, é stato condotto su 301 pazienti ricoverati in diversi ospedali italiani: Sant’Orsola di Bologna, Policlinico di Modena, Ospedale Maggiore, il Niguarda e l’Istituto Clinico Humanitas di Milano, l’Ospedale San Gerardo di Monza e il Policlinico Gemelli di Roma. Lo studio ha visto anche il coinvolgimento del professor Franco Locatelli dell’Ospedale Bambino Gesù, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e membro del CTS. Ampia la collaborazione tra diverse discipline (anestesia e rianimazione, pneumologia, radiologia, onco-ematologia, statistica medica) e diverse Università italiane (Università di Bologna, Università di Modena e Reggio Emilia, Università di Milano, Università di Milano-Bicocca, Università di Torino, Università Humanitas, Università Cattolica del Sacro Cuore) ed estere (Université Libre de Bruxelles, University of Ireland Galway e University of Toronto).

Bonaccini e Donini: “Risvolti incredibili”

“Un altro esempio dell’eccellenza della sanità pubblica dell’Emilia-Romagna e della qualità professionale di chi vi lavora. Non solo nei mesi più difficili della pandemia il sistema sanitario regionale ha contribuito in maniera decisiva a gestire un’emergenza senza precedenti, ma allo stesso tempo ha gettato le basi per segnare un significativo passo in avanti nella lotta al virus, che potrebbe portare a raddoppiare il tasso di sopravvivenza nei pazienti più gravi nell’attesa del vaccino, speriamo tutti la più breve possibile”, il commento del presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini e dell’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini. “Gli incredibili risvolti che questa scoperta potrebbe avere sono a disposizione di tutta la comunità scientifica internazionale grazie alla pubblicazione su una rivista autorevole come Lancet, ma è importante sottolineare anche il valore simbolico dello studio. A tutti i medici, ai ricercatori e gli accademici coinvolti va il nostro grazie e quello dell’intera comunità regionale, per darci una nuova speranza di evitare ulteriori vittime in un momento in cui il virus non è ancora sconfitto e nel quale le regole devono continuare a essere rispettate”.

(La Repubblica)

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