Sentiamo quotidianamente parlare di scuola dalle istituzioni, da esperti e da insegnanti, eppure fin ora l’unica voce che è rimasta in silenzio è proprio quella di noi studenti. Abbiamo tutti gioito di fronte alla notizia della chiusura della scuola, immaginando momenti di relax e puro divertimento. L’elemento che è stato trascurato però, è che oltre a mietere vittime, il Covid-19 ha sciolto tutte quelle che sono le interazioni e le relazioni cardini, soprattutto per noi adolescenti. Non è venuta a mancare l’interrogazione del giovedì o il calendario delle verifiche, ma lo scambio di sorrisi di intesa all’entrata in classe o il suono della campanella della ricreazione.
La scuola non ha perso solo ore di lezione, bensì quel legame invisibile con la bellezza della cultura. L’edificio scolastico non è soltanto un’angusta prigione, ma è luogo di incontro e confronto, pista di atterraggio di idee e opinioni, ricettacolo di input per crescere e maturare e soprattutto contenitore di insegnamenti. Nelle otto ore in cui siamo in classe non impariamo soltanto nozioni, ma a vivere e a diventare delle donne e degli uomini pronti alla vita e alle sue numerose vicissitudini. Trovo assurdo e aberrante pensare di fare tutto questo di fronte allo schermo di un computer o di un telefono, sottintendere emozioni vere e sincere con delle banali emoticon e sostituire il volto allegro dei miei compagni e insegnanti con un display nero e impenetrabile. Potremmo mai parlare di legami umani e rapporti sociali, rimanendo comodamente chiusi nella nostra cameretta, interfacciandoci con un mondo artificioso e finto come quello della rete?
In tutto questo, la cosa che io trovo più preoccupante non è la situazione di precaria stabilità con cui si riaprirà la scuola, ma il comportamento di noi studenti. Di fronte alla privazione dei nostri anni più belli e fiorenti, abbiamo preferito andare in letargo, assopirci silenziosamente e adagiarci comodamente nelle nostre tane, confidando nel tempo e nella speranza di vedere presto sconfitto questo nemico tanto incontrollabile quanto invisibile e imprevedibile.
Oltre alla parte relazionale, altro elemento da analizzare è quanto a livello di cultura è stato perso durante la DAD. Le ore di lezione sono state drasticamente ridotte, a causa di problemi tecnici reali o appositamente orditi; alunni con gravi insufficienze sono riusciti a recuperare l’anno scolastico assistendo semplicemente alle lezioni online; gli insegnanti hanno perso il controllo sugli studenti, che affetti più da immaturità che da un virus, talvolta preferivano dormire che assistere alle spiegazioni; molti programmi non sono stati completati e non è stato più possibile valutare le reali competenze assunte. Il danno più ingente è stato inflitto proprio da noi studenti però, che abbiamo preferito approfittarci di questa situazione recuperando il sonno perso, essendo consapevoli che al nostro risveglio avremmo avuto una promozione assicurata, ma una prospettiva del domani poco rassicurante.
Ludovica Di Pietrantonio