Torna a parlare ancora una volta del coronavirus, il Papa, in attesa della lettera enciclica dedicata a fratellanza e amicizia sociale in tempo di pandemia in uscita il 3 ottobre.
“La crisi che stiamo vivendo a causa della pandemia colpisce tutti – dice questa mattina nel corso dell’udienza generale che ha luogo nel cortile di San Damaso in Vaticano – ; possiamo uscirne migliori se cerchiamo tutti insieme il bene comune”.
Tuttavia, continua Bergoglio durante il secondo appuntamento dal lockdown del marzo scorso che prevede la presenza di fedeli, “purtroppo, assistiamo all’emergere di interessi di parte. Per esempio, c’è chi vorrebbe appropriarsi di possibili soluzioni, come nel caso dei vaccini, per poi vendergli gli altri. Alcuni approfittano della situazione per fomentare divisioni: per cercare vantaggi economici o politici, generando o aumentando conflitti. Altri semplicemente non si interessano della sofferenza altrui, passano oltre e vanno per la loro strada. Sono i devoti di Ponzio Pilato: se ne lavano le mani”.
Fino a oggi Francesco era stato molto cauto sui vaccini e sul rischio che vi sia chi voglia splecularvi sopra.
Qualche settimana fa aveva semplicemente detto che si augurava che i vaccini venissero distribuiti a tutti, specialmente ai poveri. Oggi, invece, lancia un allarme diverso, ricordano anche come la buona politica deve avere come obiettivo il “bene comune”.
“La politica spesso non gode di buona fama – spiega – , e sappiamo il perché. Questo non vuol dire che tutti i politici siano cattivi”, “nella storia dell’umanità” ci sono “tanti politici santi”; “non bisogna rassegnarsi a questa visione negativa, bensì reagire dimostrando con i fatti che è possibile, anzi, doverosa una buona politica, quella che mette al centro la persona umana e il bene comune”. “I cristiani, in modo particolare i fedeli laici, sono chiamati a dare buona testimonianza di questo e possono farlo grazie alla virtù della carità, coltivandone l’intrinseca dimensione sociale”, aggiunge. E ancora: “Gli avversari politici, a nostro parere, sembrano essere disabili politici e sociali” ma “solo Dio sa se lo sono o no, e noi dobbiamo amarli”.
Nel libro da poco pubblicato con Carlo Petrini, TerraFutura (Giunti),
Francesco condanna una globalizzazione che non sia poliedrica e uno sviluppo economico che scarti i più deboli. Così oggi torna sul tema della salute ricordando che, “oltre che individuale, è anche un bene pubblico”. “Una società sana – dice – è quella che si prende cura della salute di tutti. Un virus che non conosce barriere, frontiere o distinzioni culturali e politiche deve essere affrontato con un amore senza barriere, frontiere o distinzioni”.
Per questo chiede “strutture sociali che ci incoraggiano a condividere piuttosto che a competere, che ci permettono di includere i più vulnerabili e non di scartarli, e che ci aiutano ad esprimere il meglio della nostra natura umana e non il peggio”. “Il vero amore – continua – non conosce la cultura dello scarto”.
(La Repubblica)